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ALLA RICERCA… DI STORIE PERDUTE
a proposito dei fatti del settembre del 1943

Un cerchio di sedie, sguardi incredibilmente accesi e una voglia irrefrenabile ed impaziente di raccontare!
Così cominciò una serata in un’aula della scuola elementare “R. Musti” con una classe un po’ particolare: un gruppo di donne, piuttosto in là con gli anni, ma giovanissime dentro, che frequentavano e frequentano ancora la scuola EDA (Educazione Degli Adulti).
Dovevo raccogliere testimonianze degli avvenimenti del settembre ‘43 accaduti a Barletta durante l’occupazione tedesca, storie da rappresentare per uno spettacolo teatrale della compagnia del Teatro Curci “Gli Argonauti”. Invitai le signore a disporsi in cerchio per raccontare e mi sembrò di tornare bambina, quando a casa di mia nonna (sembra trascorso un secolo!) ci mettevamo intorno “a vrasciar” (il braciere) a sgranocchiare “summint” (semi di zucca) e pane abbrustolito, alla luce fioca di una lampadina da 15 watt: il nonno ci teneva molto al risparmio della “luce”!
Invariabilmente i fatti della guerra erano i più gettonati, tempestavamo di domande i nonni e iniziava così il fascinoso e terribile racconto della guerra, fino a quando la brace si ricopriva di una grigia e tiepida cenere che il nonno con una “paletta” di ferro apriva, riaccendendo il rosso dei carboni. Con quello spirito mi accinsi ad ascoltare e la magia del racconto si realizzò al centro di quel cerchio di sedie: fatti lontani eppure così veri, raccontati con un tenerissimo dialetto d’altri tempi che le signore si affrettavano a tradurre temendo di non essere comprese. Racconti pieni di emozioni, fragili ricordi, tessuti con parole antiche, labbra tremanti, occhi lucidi e molti sorrisi!
Così sono nati i testi teatrali che ho scritto e che ho intitolato con i nomi delle simpatiche alunne della scuola EDA, ispirati quindi a fatti realmente accaduti e che sono stati rappresentati da me e dai ragazzi del laboratorio teatrale il 20 aprile 2004, in occasione dell’inaugurazione della mostra documentaria, nella galleria del teatro Curci. Un ringraziamento particolare e doveroso a tutte le signore alunne e ai loro insegnanti!
Tra i testi rappresentati uno, a cui tengo particolarmente, è stato scritto in dialetto ed è l’unico testo frutto della fantasia: una lettera alla moglie di uno dei tredici trucidati, che ho immaginato scritta dopo la morte. Avevo già scritto testi teatrali in dialetto, tutti in chiave comica, mai un testo drammatico. È stata per me, una sfida e una sorpresa, non so quanto efficace, ma sicuramente rivelatrice: il nostro dialetto, quello antico, parlato cinquant’anni fa è una vera e propria lingua nata dall’incontro-scontro di popoli diversi che hanno lasciato nella nostra città segni indelebili.
Purtroppo, sta ormai scomparendo e con il dialetto scompaiono anche i ricordi di una Barletta che fu, scompare la nostra storia, si perdono le nostre radici… un patrimonio prezioso che andrebbe preservato e soprattutto trasmesso ai nostri giovani.

(giugno 2004)

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