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La sesta provincia della valle dell’Ofanto
ma qual è il toponimo che diede origine al nome del fiume?


La scelta dell’Ofanto e del suo bacino idrografico come perno di confluenza identitaria della recente istituzione geopolitica non è un artificio forzato, ma la prosecuzione, consapevole e documentabile, di una realtà governata dalla “necessitas rerum”. L’oggettività delle cose. Cose che sono gli uomini e lo scenario in cui essi per millenni hanno iscritto i loro momenti decisionali e di intervento sia per organizzare i loro insediamenti produttivi, sia per gestire i loro interessi economici e politici.
Il cosiddetto “territorio”, cioè l’ambiente - fuori dal quale non si dà storia, ossia l’interpretazione della vita umana - è la risultante delle interrelazioni tra le forze dell’uomo e quelle della natura. La “siticulosa”, cioè sitibonda, Puglia di Orazio (Ep. 3, 16), regione anche geograficamente paradossale, bagnata per 784 Km da due mari, non solo è individuata da due fiumi, il Fortore a nord e il Bradano a sud, ma inaugura la sua peninsularità con un terzo, l’Ofanto.
“Aúphidos” nel greco di Strabone, Tolomeo, Appiano, Polibio (che in 3, 110 ne descrive addirittura il bacino), è l’“Àufidus” latino di Plinio, Livio, Appiano, Orazio. Probabilmente voce osco-sannitica, lascia rare tracce in “Aufidena” (Alfedena d’Abruzzo) e nel gentilizio “Aufidius”. Foneticamente diventò “Ofanto” allorché, per la tendenza popolare a chiudere in “o” il dittongo “au”, parole come “aut, paucum, laudem, cauda, aurum, taurus” originarono “o, poco, lode, coda, oro, toro”.
Tra i maggiori fiumi adriatici a sud del Reno, sia per lunghezza (circa 165 km) che per ampiezza del bacino (2764 kmq), nasce in Irpinia dalle falde collinari di Nusco a 715 m di quota; di qui passa in Basilicata dove col suo solco vallivo aggira da nord l’edificio vulcanico del Vulture e divagando con sinuosità, ampi meandri e isole fluviali - a cui forse allude l’oraziano “tauriformis” (Odi, 4: 14, 25) -, scende in Puglia per sfociare, dopo un corso più regolare, poco a nord di Barletta. Non è caso che dall’antichità più remota gli insediamenti umani si dispongano esclusivamente sulle alture di destra, giacché qui sono distribuiti i più grossi affluenti fra loro gerarchizzati (dalla fiumara di Atella a quelle di Venosa e del Locone), dunque la sponda sinistra era investita dalle piene tipiche del regime torrentizio. E sulla destra si è definita, sul percorso Venosa-Canosa-Canne-Barletta, insistendo su una pista preistorica, la cosiddetta “via dell’Ofanto”, che fu utilizzata dai superstiti romani della disfatta cannese per riparare a Venosa.
Siamo infatti in quel “polo” eccellente di coagulazione e di irradiamento della vita politica, economica e sociale che fu l’“ager Canusinus”. Di cui le fonti marcano la precisa corrispondenza con le odierne circoscrizioni comunali di Andria, Barletta, Canosa, Minervino, Trani, Cerignola, San Ferdinando e Lavello. Un’area di circa 2000 kmq, aperta all’Adriatico, posta a cavallo fra il 61% della Terra di Bari, il 32% della Capitanata e il 7% della Basilicata settentrionale. Con un assetto plastico che è per il 55% collinare rientrante nelle Murge nordoccidentali e per il 45% pianeggiante, quest’area trova l’elemento di mediazione fra le sue terre nel corso medio-inferiore dell’Ofanto, che le attraversa centralmente in senso SO-NE. E che nell’antichità rivestiva un ruolo eccezionale, costituendo (secondo la famosa segnalazione di Strabone 6, 283, nel I sec. a. C.) un’importante via d’acqua, che dalla foce portava, dopo circa 16 km, al capolinea di un “emporio canosino”. Scalo da ubicarsi presso Canne, giacché di là proviene una (poco nota) pergamena di marzo 1030 che non solo attesta l’agibilità del fiume ma ne rivela la pescosità ricordando addirittura la stagione delle “kyppe” cioè le grosse e saporite alose.
L’ultima conferma scientifica dell’unitarietà geomorfologica dell’area, simmetricamente dispiegata intorno al solco ofantino, viene dalle immagini dei satelliti Landsat 5 americani, Spot francesi e Soyuz Karte sovietici. Dunque l’identità dell’area ofantina non è, scientificamente e storicamente, un espediente gratuito.
Politicamente, un altro discorso. Che non ci compete.

Raffaele Iorio (Giugno 2004)

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