INTERVISTA A FRANCESCO  SALERNO UN  RITORNO PENSANDO ALLA NUOVA PROVINCIA 
              Nel gennaio 2006 ha lasciato l’incarico di Sindaco della città di  Barletta; cosa è successo in questo lasso di tempo? 
                  Credo sia opportuno ricordare che nel 2006 sono stato  praticamente costretto a dimettermi da una legge elettorale profondamente  iniqua, la quale dava, ai sindaci che volevano candidarsi al Parlamento, una  settimana di tempo per dimettersi. Dato che ritenevo la candidatura al  Parlamento una cosa conquistata sul campo e visto che ero alla fine del mio  mandato, mi sono dimesso.
                  Purtroppo poi le liste sono state stilate  successivamente dai partiti che hanno deciso il posizionamento dei candidati,  offrendomi, a mio giudizio immeritatamente, un posto che sicuramente non  avrebbe portato alla mia elezione, ragion per cui ho deciso di rifiutare e  tornare a fare il mio lavoro. 
          Alla luce di quest’esperienza c’è qualcosa che si  rimprovera? Qualcosa che non ha fatto e che avrebbe voluto fare?
                  Mi rimprovero di aver dato fiducia ad alcuni soggetti  che poi hanno dimostrato di non meritarla, sia come qualità di lavoro, sia dal  punto di vista del rapporto umano; certe scelte le rifarei adesso con più  attenzione.
                  Sulle iniziative lasciate in sospeso, ho il  rammarico, di non aver accelerato alcune cose che si sono poi fermate, come ad  esempio, un progetto che mi stava profondamente a cuore ossia quello della  rimozione dei passaggi a livello, dove avevamo raggiunto un accordo  complessivo  con le Ferrovie dello Stato  per cominciare il lavoro a marzo 2006. Rimpiango inoltre di non aver  sottoscritto un accordo sulla nuova Provincia che da allora non si è ancora  chiuso. 
          E adesso, invece, cosa si profila di nuovo  sull’orizzonte del suo futuro?
                  Adesso, un po’ perché mi sono riposato, un po’ perché  sollecitato da tanti elettori, e anche perché arrivano dei momenti estremamente  delicati quando bisogna fare delle scelte importanti, mosso da questo spirito  di servizio, ho deciso di tornare alla politica attiva.
                  Lo spirito di servizio è rivolto in primis al partito  cui appartengo, ossia i DS, che sono impegnati oggi in una grande sfida che è  quella della costituzione del Partito Democratico, e poi alla città e a tutto  il territorio che si avvia ad un appuntamento importante, ovvero quello della  realizzazione della nuova Provincia. 
          Cosa pensa della nascita del Partito Democratico?
                  Io dico sempre che la costruzione del Partito  Democratico per quell’area di sinistra variamente intesa, ossia come sinistra  che viene dall’esperienza comunista, socialista e democratico-cristiana, è  l’ultima chiamata; è veramente un appuntamento grande, un’occasione  irripetibile per cercare di dare all’Italia uno strumento democratico  riformista adeguato a quello che è il terzo millennio.
                  È veramente un’occasione storica importante, una  scommessa per il futuro del nostro Paese, un’opportunità da non perdere. 
          E per quanto riguarda la nostra realtà regionale,  cosa crede possa offrire questa nuova esperienza?
                  Devo dire sinceramente: ritengo che la Regione Puglia  in questi due anni abbia attraversato una fase di governo in cui sono state  impostate delle cose, ma altre, non meno importanti, devono ancora essere  portate a compimento.
                  Ritengo che una grande forza riformatrice e  democratica come il Partito Democratico, possa e debba essere la spinta  propulsiva e definitiva per far decollare l’Amministrazione regionale. 
          Ama ripetere che è stato “un sindaco che con la gente  ha vissuto e lavorato”: intende mantenere quest’impostazione all’interno del  suo partito e in che maniera pensa di farlo?
                  Credo che il PD, quando è nato, sia stato concepito  non solo come unione di due partiti, ma come una forza propulsiva in grado di  mettere insieme le sezioni con i “gazebo”, ossia le persone, gli elettori.
                  Io sono stato antesignano di questa sintesi: non  dimentichiamo che la prima esperienza in Puglia di movimento cittadino, l’ho  fatta io con la lista civica di “Vivi Barletta”; poi è venuta tutta la  primavera pugliese, cioè Emiliano, Divella, Stallone, ed altri.
                  Per cui ritengo, anche per il mio DNA  genetico-politico, di essere una persona estremamente indicata per realizzare  questa sintesi tra i gazebo e le sezioni. 
          Come conta di recepire le esigenze e le aspettative  dei cittadini?
                  Credo che uno strumento importante di dialogo ce lo  fornisca l’informatica. Ho attivato una linea telefonica (0883.954173) ed  aperto un sito internet, nella fattispecie un blog (www.labuonapolitica.it),  attraverso il quale sarà possibile mantenere un dialogo costante con le  persone; è chiaro che non sarà sufficiente. Pur non rivestendo oggi alcuna  veste istituzionale, penso di utilizzare un po’ quel percorso di confronto con  la città attraverso una serie di forum cui possano intervenire tutti i cittadini.
          Walter Veltroni dice che “la politica è un  meraviglioso viaggio collettivo”. Lei parla di “buona politica”: vuole  spiegarci meglio cosa intende?
                  Della politica sappiamo bene che fanno parte i consiglieri,  gli amministratori, i dirigenti; ma tutto questo sistema di potere deve essere  lo strumento per realizzare i progetti, per dare le risposte ai bisogni  dei cittadini e disegnare il futuro di una  città o di un territorio.
                  Quando invece tutto questo non diventa il mezzo ma il  fine, quando l’occupazione del potere diventa fine a se stessa, allora  parliamo, come diceva Sartori, di “politica di basso profilo”. La parola  “potere” significa capacità di realizzare i fatti e la “buona politica” è  quella capace di confrontarsi con le persone sui fatti e sulle cose che riesce  a fare e non sulle promesse; quindi una politica in grado di ridare valore alle  persone e fiducia alle loro aspettative. 
          E nella strategia del PD come intende collocarsi?
                  Diciamo intanto che il primo appuntamento importante  per la costituzione del PD è quello delle primarie, perché si deve andare a  selezionare una classe dirigente che deve impegnarsi nel territorio della BAT  su questo progetto.
                  È la gente che deve scegliere. Bisogna mettere  insieme la volontà dei partiti con quella dei cittadini. I cittadini devono  essere chiamati a giudicare gli eventuali candidati, ma anche le eventuali  strategie, perché devono essere coinvolti in itinere e non dopo. Il voto non può  essere soltanto un momento delegato, ma deve essere anche un momento di  valutazione delle cose fatte. Premesso che sarà quindi la gente a decidere  nelle primarie, mi rimetto al voto della collettività; per ciò che concerne  credo di averle già espresse.
          Quale apporto crede possa dare alla Provincia,  l’esperienza maturata nei due mandati di Sindaco?
                  Oltre alla capacità di interpretare una politica  fondata sui fatti e sulle risposte concrete alle aspettative della gente, credo  di aver sviluppato e dimostrato una significativa esperienza gestionale e  organizzativa, importante quando si tratta di costruire cose nuove, come la  nuova Provincia.
                  In tutti questi anni mi sono confrontato con una  serie di problemi che non riguardavano solo la città, ma anche altre città  della Provincia; dal Parco Letterario al PRUSST, al Piano Strategico di  Barletta e dell’Area Vasta, al Patto Territoriale (di cui sono stato per alcuni  anni presidente) sino alla Rete della pianificazione strategica (di cui sono  stato vice presidente nazionale) e ai progetti legati allo sviluppo locale.
                  Non dimentichiamo che sono stato uno degli artefici  della costruzione della Provincia pensando al territorio e cercando di superare  i campanilismi e mettendo in evidenza le cose che ci uniscono. Per tutte queste  caratteristiche credo di poter dare un grosso contributo. 
          Ha parlato di progetto unitario riguardante il  territorio della provincia: cosa intende dire con questo? Quali dovrebbero  essere i punti di forza e quali gli obiettivi e le priorità?
                  Io penso a quattro obiettivi. Il primo è la ricerca  delle cose che ci uniscono; invece mi pare che sino ad ora ci siamo esercitati  molto sulle cose che ci dividono. La seconda è che la questione degli uffici è  importante, ma è secondaria rispetto al progetto di crescita dell’intero  territorio.
                  Preliminarmente allora la prima cosa che la Provincia  deve fare è un piano territoriale urbano dell’intero territorio, prendendo in  considerazione la viabilità, le infrastrutture e l’ambiente; l’ambiente diventa  essenziale se vogliamo immaginare una diversificazione dell’economia del  territorio maggiormente legata al turismo, al tempo libero, alla cultura. Per  fare un esempio, credo che nessun lancio turistico del territorio possa essere  possibile senza il risanamento dell’Ofanto. 
          E gli altri tre obiettivi?
                  Il secondo obiettivo da raggiungere, imprescindibile  dalle infrastrutture e dalla viabilità, è quello dello sviluppo attraverso i  distretti produttivi dell’agro-alimentare e del  tessile-calzaturiero-abbigliamento. Questo territorio si è battuto molto per  avere i distretti produttivi; adesso finalmente la Regione ha approvato la  legge costitutiva dei distretti produttivi, per cui dobbiamo metterci a  lavorare per fare questo. Allora dobbiamo costruire reti della comunicazione,  della progettualità comune, dei servizi gestiti in rete. Per fare un esempio,  si potrebbe creare una multiservizi mettendo insieme varie società e dividendo  i ruoli d’azienda, facendo gestire il gas a Trinitapoli, i trasporti a Trani,  le manutenzioni ad Andria e la nettezza urbana Barletta; ciò porterebbe ad un  aumento della professionalità e ad un’economia distribuita.
                  Terzo obiettivo importante è quello della costruzione  di reti immateriali della conoscenza (dell’e-democracy, dell’e-learning, dell’e-governament).
                  Il quarto obiettivo è strategico-strutturale, cioè la  creazione di uno statuto inteso non come coacervo di regole astratte, ma un  patto tra i cittadini di questo territorio e fra chi questo territorio deve  amministrare, dove si definisca l’identità del territorio e ciò che vuole  diventare. 
          C’è un modello di “governance” che ha in mente?
                  Se dobbiamo amministrare una comunità e dall’altra  realizzare un progetto nuovo, credo ci voglia una leadership in grado di  trasmettere emozioni, di far vedere il futuro, di far credere, per far sì che  queste diano contributi superiori a ciò che credono di poter dare.
                  Sono convinto che la grande maggioranza di persone  abbia potenzialità inespresse; se viene data loro l’occasione per dimostrarlo o  un progetto in cui credere fermamente, vengono fuori energie positive e capacità.
                  Il primo che deve crederci deve essere il leader,  altrimenti non è in grado di trasmettere questo messaggio; un leader deve  trasmettere fiducia e deve fidarsi degli altri, deve essere capace di  responsabilizzare e delegare, di motivare, di valutare, di premiare e di  punire; insomma si deve assumere tutte le responsabilità.
                  Questo è un obiettivo sicuramente difficile, però ci  dobbiamo impegnare per avvicinarci il più possibile a questo modello di  governo. 
          Quali possono essere o saranno gli assi portanti di  questo percorso di cambiamento?
                  Prima di tutto dobbiamo partire da una vision, cioè dobbiamo capire  cosa vogliamo essere e diventare, capire come andare a costruire quello che ci  prefiggiamo e stabilire le strategie per attuarlo; per fare questo bisogna  passare attraverso quattro fasi:
                  1.  il progetto: il modello non può essere  costruito solo nella logica dei quaranta consiglieri comunali o provinciali  perché alla fine assistiamo all’allontanamento della gente da qualsivoglia  progetto; invece bisogna coinvolgere quanta più gente possibile;
                  2.  la pianificazione; prima strategica, quindi  operativa;
                  3.  la leadership, di cui ho già detto;
                  4.  la classe dirigente, che deve condividere i  primi due punti del percorso, ma anche il linguaggio, le conoscenze, le  competenze; una classe dirigente “diffusa”, intendendo con questa locuzione non  solo quella dell’amministrazione della politica in senso stretto, ma anche  delle altre istituzioni, delle scuole, delle camere di commercio, di enti vari,  dei commercianti, degli artigiani, delle associazioni; cioè di tutti quei nodi  e snodi dove si gestiscono risorse economiche e umane e si prendono decisioni.  Questa è la rete della classe dirigente “diffusa”, che poi si collega al  discorso delle reti materiali e immateriali, procedimento già avviato, ma  momentaneamente in stand by.
          Barletta città arcobaleno affonda le sue radici nel  suo mandato di Sindaco: vogliamo spiegare meglio perché questa immagine di  “arcobaleno”?
                  Sono molto legato a questa immagine, perché ritengo  possa raffigurare molto bene quella che è la nostra realtà territoriale,  variegata, complessa, con grandi possibilità. L’arcobaleno è un’entità che  riesce a mettere insieme colori diversi, sensibilità diverse, storie diverse,  come sono quelle di una città e di una provincia. Nonostante ciò l’arcobaleno è  un insieme, è un colore, un processo di sintesi che riesce a rendere armoniose  le diversità.
                  Oggi l’arcobaleno è un processo di pace e io credo  che abbiamo bisogno di un processo di pacificazione fra territori, fra le  persone, proprio per cercare di costruire il futuro luminoso e questo progetto  di sviluppo collettivo.
                  Non dimentichiamo poi che l’arcobaleno spunta dopo le  tempeste: dato che probabilmente anche questa fase difficile di gestazione è  stata e sarà una fase tempestosa, credo che noi abbiamo bisogno di questo  arcobaleno, indice della tempesta passata e del ritrovato colore unitario. 
          Lei ha ribadito il concetto di “pianificazione  strategica”; perché è importante?
                  Progettazione strategica, perché deve essere in grado  di guardare all’oggi, ma anche di immaginare il futuro; ecco perché dobbiamo  pensare a ciò che vogliamo essere domani, la visione, l’arcobaleno.
                  Progettazione pianificata, perché ritengo sia  fondamentale progettare gli steps, le fasi, e far sì che le singole azioni di  tutti gli attori privati e non, non si muovano in questo ambito; a patto che  sia collettiva, cioè decisa a più voci con la guida della Pubblica  Amministrazione che deve avere il ruolo di guida. Ritengo che sia un percorso  diverso da quello della volta scorsa.
                  Oggi io non rivesto più ruoli ufficiali, non sono più  rappresentante di un’istituzione, ma sono un cittadino qualunque, che mette a  disposizione per questo progetto la sua esperienza, la sua volontà, le sue  capacità, per far sì che questo progetto riesca a beneficio della città ma  anche di tutto il territorio. Per tale motivo ho bisogno della collaborazione  di tutte le persone che vorranno condividere questo disegno di cui chiaramente  ho suggerito una traccia, ma è chiaro che l’idea va attuata.
                  Per questo mi appello a tutte le persone che vogliano  dare una mano a realizzarlo, per permettere la sua attuazione nella maniera più  partecipata, a iniziare dal sostegno alle primarie del 14 ottobre alla lista  che mi vede candidato dei Democratici per Veltroni
          Stefania Patella (ottobre 2007)