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Sono gli uomini e non i campanili a determinare le sorti di un territorio
Intanto la BAT stenta a prendere corpo. La questione della Camera di Commercio

La lettera di P.S., pubblicata sul Fieramosca di giugno scorso, non so se interpretarla come un elogio o un rimprovero, se pur amichevole, nei confronti dell’ex sindaco Francesco Salerno.
“Tenere un atteggiamento drastico ed indipendente” non vuol dire non rispettare le regole della convivenza politica, ma volere che gli altri “estabilishment”, io direi in parole più chiare, le Segreterie nazionali e giù di li, le rispettino e non le stravolgano.
Cosa chiedeva Salerno due legislature fa? Che nonostante l’improvviso stravolgimento del sistema elettorale, fosse stata valorizzata la sua esperienza e popolarità, indubbiamente acquisita, di Sindaco di una città che si avviava a divenire co-capoluogo di un’area, la Nord barese Ofantina, che lui stesso, durante il suo sindacato, aveva contribuito a far emergere unitaria negli obiettivi e negli interessi da perseguire.
E questo dopo le sciagurate lacerazioni post Comprensorio. Non è stata forse la stagione dei Sindaci la stagione migliore della politica locale? Essa trovava la sua essenza nella valorizzazione, attraverso i collegi uninominali, proprio di quei Sindaci che meglio avevano interpretato l’interesse del proprio territorio.
Finita quell’epoca, introdotta la lista bloccata, è sopravvenuto il prepotere delle segreterie politiche a tutti i livelli, liete del “porcellum” che attribuisce loro tutti i poteri. I risultati si vedono. La corsa all’omologazione è sempre più evidente.
Non solo i singoli attori della vita pubblica, ma anche le aggregazioni minori, se vogliono sopravvivere, devono omologarsi.
Pensare di emergere in tale mare di conformismo è sempre più problematico, salvo che non si voglia ripetere l’esperienza della lista civica come, del resto, aveva fatto Salerno per la sua elezione a Sindaco. Ma veniamo al nostro territorio, alla nostra BAT.
È un acronimo che sa di moderno che non a tutti piace, per accettarlo bisogna saperlo interpretare. Non rappresenta, come per le altre provincia, una singola città, ma l’insieme. È questo concetto che bisogna diffondere, capire che non sono i campanili, o più modernamente le sedi, ma le persone che rappresenteranno il territorio a livello provinciale prima, regionale e nazionale poi, a dare valore allo stesso e alle singole realtà.
Mi ha fatto molto piacere sentire la dichiarazione del Sindaco di Canosa, Ventola, che, a proposito della restituzione alla città del crocifisso medioevale, ha dichiarato che esso non solo è patrimonio di Canosa ma dell’intera BAT.
Il nostro secolare retaggio di comuni indipendenti, le Universitates medioevali, come Barletta e Trani o signorie ben radicate come Bisceglie ed Andria o a forte feudalità, certo non sempre riescono a far esprimere i nostri primi concittadini come si è espresso Ventola, ma restano forti le rivalità e i risentimenti. Intanto lo studio, sempre puntuale, di Emmanuele Daluiso, sul Fieramosca di luglio scorso, è molto chiaro: Barletta con il suo interland sta perdendo colpi mentre il triangolo Trani Andria Bisceglie, con un territorio con economie storicamente più diversificate, anche nell’agro-alimentare, stanno progredendo.
Nel decennio 1995-2005 la crescita della popolazione è stata del 5,9% per Andria, del 5,25% per Bisceglie e Trani, di solo il 3,4% per Barletta.
Tutte le altre città della BAT presentano il diagramma di accrescimento piatto e l’occupazione in declino.
Per quanto riguarda quest’ultimo dato, Barletta denuncia un declino, nel decennio, di ben 3,1 punti, mentre Andria solo dello 0,1, praticamente zero, rispetto alla popolazione residente. In valori assoluti a fronte di un calo di occupati di ben 1872 unità per Barletta, c’è un accrescimento, in valore assoluto, di 1340 occupati per Andria.
Non credo che occorrano altri dati per invocare una seria rivisitazione del nostro futuro.
Non solo stenta a configurarsi l’assetto istituzionale della BAT, ma non prendono corpo nemmeno quegli enti che danno sostanza e motivazioni al nuovo ente. Uno fra tutti, la Camera di Commercio.
Eppure negli anni cinquanta Luciano De Martino-Norante, componente della giunta camerale barese, riuscì, proprio in previsione della provincia, a far istituire a Barletta una sezione autonoma della stessa, con autonomia di iniziative, come il mercato settimanale del vino. Essa aveva sede in via Coletta, ex palazzina Violante. Con il passar degli anni il tutto è regredito a uno dei tanti sportelli burocratici sparsi nella provincia.
Intanto la Camera di Commercio di Monza e Brianza è una realtà operante con sede a Monza. Anche Fermo ha la sua Camera di Commercio. Noi no!
Non vorrei che, stante la ritornata litigiosità tra i sindaci, non si crei per la nostra BAT una situazione “libanese” con tanto di protettorato barese, con rinvio sine die di quegli enti che sostanziarono la tanto agognata autonomia provinciale.
Attenti, quindi, a non mettere ostacoli, di qualsiasi genere, alla realizzazione della BAT.
È l’unico strumento che abbiamo per invertire il trend e guardare i nostri problemi con occhi propri; in questi ultimi decenni molti fattori di sviluppo si sono vanificati o per la nostra inerzia o per disattenzione altrui.
Tramontata “la fabbrica”, di cui Barletta era un polo nel meridione, soppresso lo scalo merci, fortemente ridimensionato lo sviluppo concentrato su un solo settore, il calzaturiero, finita l’agricoltura specializzata, per eccesso di razionamento dell’agro, bisogna trovare nuove vie, cercando di far diventare ciascuna produzione un marchio, una etichetta.
Questa strada sembra essere stata imboccata con un certo successo, se pur tardivamente, dal manifatturiero. Anche la tanto auspicata offerta turistica ha bisogno di concretezza e investimenti. Ma chi coaugula e indirizza le iniziative? Non dovrebbe forse essere compito, piuttosto che della Provincia, della Camera di Commercio?

Biagio Cavaliere (settembre 2008)

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