La sesta provincia pugliese,
ormeggiata alla banchina
Sì, di tempo ne trascorre perché il progetto di Barletta provincia
possa vedere la luce, tant’è che si va a cominciare
con l’istituzione del Comitato segreto, avvenuta il 27 settembre
1931, tempi in cui, se è vero che i treni arrivavano in orario, è
anche vero che ogni iniziativa come quella di aspirare a divenire
provincia non poteva essere manifestata liberamente.
Le mode politiche, comunque, passano, tant’è che, il 21 luglio
1947, si costituisce il Comitato Promotore “Provincia di Barletta”,
che si aggiornerà, inevitabilmente nel tempo, per quanto concerne
le risorse umane e si farà carico, in virtù di estenuanti trattative,
del progetto di provincia policentrica perché si arricchirà di Andria
e Trani, quest’ultime, titubanti all’inizio, si convincono poi
della bontà e dell’utilità della provincia allorquando intravedono
l’ultimo chilometro della gara, e il cronometrista che prende, questa
volta, non i tempi ma la data: 16 novembre 2007.
Così trascorrono 76 anni, consumati in riunioni, in trasferte romane,
in una occupazione dei binari della stazione di Barletta, in copiosi
contatti epistolari con i soggetti istituzionali e in lunghe e numerose
trasmissioni, allestite sul tema da una emittente barlettana,
l’unica che insisteva e che insiste tuttora senza concedersi soste.
Il Comitato, col trascorrere del tempo, sostituisce la parola
promotore con quella di lotta, i cui componenti sono di varia estrazione
politica con una forte caratterizzazione popolare, il che non sostiene, compiutamente, i loro tenaci sforzi perché non riescono
ad accaparrarsi il sostegno delle
forze imprenditoriali, alcuni anni
orsono anche forti economicamente,
e quello degli intellettuali non
solo locali, che appaiono entrambi
snobbare tale progetto non rendendosi
conto di perdere o di procrastinare
un’occasione opportuna,
che poteva risultare utile nel momento
in cui il territorio si sarebbe
impoverito per la sopraggiunta
crisi economica, come del resto è accaduto.
Ma non finisce qui, perché, fatta
salva la costanza mai doma dei
componenti del comitato di lotta
Barletta provincia, si registra da
parte delle città, poste a sud di Barletta,
una certa dipendenza dal capoluogo
barese, fucina, da tempo
immemorabile, del gattopardesco “Se vogliamo che tutto rimanga
come è, bisogna che tutto cambi” oppure di mutamento apparente
che reale”, al Consalvo dei “Viceré” di De
Roberto.
Invece a nord di Barletta, le città di Margherita di Savoia, San
Ferdinando di Puglia e Trinitapoli, non avendo forse intessuto
stretti legami con la provincia dauna, sono salite, senza fare tanti
complimenti, sul treno Barletta-Provincia, imitate da Canosa di
Puglia, Minervino e Spinazzola. Ma, purtroppo, il dilagante trasversalismo
della politica ha finito per dilatare i tempi di realizzazione
e quelli della messa in moto degli apparati istituzionali
provinciali.
Si teme che la recente assegnazione, decisa a seguito di votazioni,
della sede legale della provincia alla città di Andria, possa
scatenare un contenzioso amministrativo oppure la richiesta di un
referendum popolare, probabili cause di una pregiudizievole inattività
amministrativa dell’organo provinciale, con la buona pace
di coloro che mal sopportavano la provincia di Barletta e che ora
non tollerano quella policentrica, relegandola, in tal modo, in una
zona di inquietante criticità, che possa, in un futuro prossimo, recare
qualche documento a una delle più giovani province italiane,
inficiandone, in presumibile concomitanza di provvedimenti governativi
restrittivi del numero delle province esistenti, la validità
e l’efficacia del suo atto costitutivo. Allora il rituale dello “scaricabarile”
delle responsabilità suonerà come un’offesa alle intelligenze
degli abitanti della sesta provincia pugliese.
Emanuele Porcelluzzi
(agosto 2010)
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