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ABOLIAMO LE PROVINCE?
A cinque mesi dalle votazioni nella Provincia di Barletta-Andria-Trani.
Quando anche la storia muore.

Ho partecipato a un incontro con un gruppo di giovani, impegnati a livello politico ed ecclesiale, per gli auguri natalizi. Si faceva una sintetica panoramica sugli appuntamenti politici che aspettano la nostra città, prima di tutto le prime elezioni del Presidente e dei Consiglieri provinciali.
Ebbene, tra i presenti, laureati ed operai di buon livello, ci fu chi espresse un esplicito invito a farsi promotore della abolizione della provincia, considerata un inutile e costoso orpello, piuttosto che rendersi partecipi del processo di formazione degli organi provinciali.
Non penso che questa sia stata una voce nel deserto.
È il frutto di una impostazione errata, tutta basata su un’assurda lotta di spartizione di sedi che rende poco comprensibile un’istituzione che ha in altre aspettative il suo valido motivo di essere.
Ebbi modo di farlo notare in un altro intervento (Il Fieramosca 9/2008), la coeva provincia di Monza e Brianza ha già, operativa, la sua Camera di Commercio. La sua istituzione, infatti dipende dalla iniziativa degli enti pubblici territoriali, soci costitutori assieme alle associazioni di categoria. L’autorità governativa ne prende atto con decreto, è avvenuto già anche per Fermo. È quindi un Ente che sarebbe dovuto già sorgere, non fosse altro che con scopi fondanti degli interessi che ci accomunano, che sono tanti, dal turismo, all’agrindustria (cooperative di trasformazione comprese), al manifatturiero, tutte attività che, nella provincia di Barletta Andria e Trani, hanno presenze significative e suscettibili di sviluppo, se coordinate.
Anche l’agricoltura, altra partecipante alla Camera di Commercio, ha nel territorio della BAT una sua omogenea zona agraria, con caratteristiche ben spiccate, vedi le colture ortofrutticole ofantine, i vigneti autoctoni che danno origine alle varie DOC e l’oliveto così differente, per portamento dalla pianta e caratteristiche merceologiche dell’olio, che è impossibile confonderlo con gli oliveti che vanno da Molfetta in giù e da San Severo in su.
È un’area, questa, che fino a tutto il 1700 è stata un tutto omogeneo. Francesco Paolo De Leon (1734-1809) nella sua “Istoria…” ne traccia i confini, ma non è il solo, anche i cartografi dell’epoca, per lo più i veneziani, suddividono la nostra regione in quattro aree, Capitanata-Apulia-Terra di Bari-Terra d’Otranto, intendendo l’Apulia o Puglia piana, quell’area che noi indichiamo come Nord barese-sud foggiano.

Fino al 1700 non esisteva ancora ben distinta la suddivisione amministrativa, tutto si basava sulle residenze delle varie autorità, a volte ereditarie, che governavano il territorio con i vari privilegi, alcune insediate proprio a Barletta.
Solo con l’abolizione della feudalità e dei relativi privilegi, siamo alla metà del 1700, cominciò a farsi sentire la necessità di una suddivisione amministrativa. Per  il nostro territorio, pur lasciando a Barletta la centralità economica, con il porto riservatario per il carico del grano, fu Trani ad assurgere a capoluogo amministrativo e giudiziario. Successivamente e siamo a fine 1700, con la Repubblica napoletana, il nostro territorio fu smembrato, facendo dell’Ofanto, come mai era stato, confine amministrativo e amputando così Barletta di gran parte del suo territorio con i casali di Santa Maria a mare, San Cassiano e Casal Trinità.
Tutte le aspettative, per i contrasti tra barlettani e tranesi, crollarono. Il dipartimento dell’Ofanto ebbe come capoluogo Bari.
Il Loffredo commenta così questi avvenimenti: “e Bari, cui lo sdegno de’ patrioti contro Trani e la sonnolenza de’ Barlettani arrecò fortuna, ne divenne Capoluogo la prima volta”. Ci vogliamo, di nuovo, rimettere  a dormire? Facciamolo pure.
In effetti, per tornare alla provocatoria proposta del giovane interlocutore, c’è in giro, un’aria sonnolenta che contagia sempre più l’elettorato. Si fa leva su un falso obbiettivo di riduzione delle spese e quindi delle tasse, come se i compiti, se pur limitati, dall’Ente provinciale, potessero essere soppressi e non, giocoforza, trasferiti ad altri e, si badi bene, non solo i compiti ma anche i costi!
In tanto scetticismo e silenzio, posso essermi distratto e di questa mia distrazione chiedo scusa, solo gli ex sindaci Salerno e Caldarone hanno fatto sentire le loro proposte nello spirito unitario che contraddistinse il loro sindacato, a cui va ad aggiungersi Ventola, sindaco in carica. Non basta. Occorre che, a meno di cinque mesi dalla costituzione degli organismi provinciali, tutti, in primo luogo i partiti, grandi assenti fino ad oggi, facciano sentire le loro proposte su questa creatura che rischia di nascere senza … storia.
Fa male sentire, anche i primi cittadini, parlare di sesta provincia e non di Provincia di Barletta Andria Trani, la Bat per l’appunto. Come per la Provincia di Foggia spesso si preferisce indicarla come Provincia di Capitanata, perché non riadottiamo la deleoniana suddivisione e chiamiamo la nostra provincia: Provincia della Puglia centrale?
Ricordando, con orgoglio, che questi territori sono stati, non solo geograficamente, davvero il centro della Puglia.

Biagio Cavaliere (gennaio 2009)

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