RIAPERTO L'ANTICO SANTUARIO
Intronizzata l’icona della
Vergine nell’originaria
chiesa
Nell’VIII secolo, in contrada Sterpeto, nell’agro di Barletta,
sorgeva un Casale e un convento di monaci basiliani, in gran parte
profughi da Costantinopoli, rifugiatisi nei territori dominati dai
Bizantini. Presso il convento c’era un’icona della Vergine,
che, in seguito ad una nuova fuga dei monaci, fu nascosta in un luogo
tanto sicuro che di essa si perse ogni traccia. Nel luglio del 1656,
durante la tragica pestilenza, dei contadini lavorando la terra, scoprirono
il quadro ancora intatto. Istintivamente si gridò al miracolo
e i pochi scampati alla terribile epidemia presero a venerare la Madonna “dello
Sterpeto”. L’autorità ecclesiastica, preso atto
della devozione popolare, istituì la festa religiosa, fissata
per la seconda domenica di maggio, vicina all’11, giorno in cui
in Oriente si celebrava la fondazione di Costantinopoli e si omaggiava
un’icona simile a quella ritrovata. Nella primavera del 1732,
dopo numerose scosse di terremoto, la città decise di proclamare
Maria Protettrice di Barletta, affiancandola a S. Ruggiero. A quest’epoca
risale la chiesetta rurale denominata “Cappella”, arricchita
da devoti benestanti come don Francesco Saverio Caggiani, regio portulano
di Bari e Capitanata, che aveva venduto alcuni immobili, per abbellire
a sue spese la chiesa. Nel 1757, il gentiluomo fondò una “Deputazione
di cittadini barlettani per il culto della Madonna dello Sterpeto”,
un’associazione privata di “nobili e civili” che
aveva cura anche delle necessità economiche del Santuario. La
stessa devozione che aveva spinto cantinieri e muratori, nella metà dell’800,
a donare una cornice d’argento entro la quale collocare, in occasione
delle processioni, la sacra icona della Vergine, patrona della città.
E proprio in questo secolo la chiesa venne ingrandita.
Sulla pala marmorea dell’altare maggiore del primitivo santuario,
fu scritto: “Protegam civitatem istam et ero vobis in Praesidium”,
e la chiesa, col tempo, si andò arricchendo di ex voto di ogni
genere: oggetti preziosi in oro o argento, quadretti, abiti, trecce
di capelli. In caso di pericolo, oltre che nei giorni delle feste,
l’icona veniva trasportata in città, come estremo tentativo
di difesa da parte dei cittadini inermi contro pestilenze, terremoti
e guerre.
Molto lega i barlettani al loro antico Santuario, ferma restando l’esigenza,
di avere un luogo di culto moderno e spazioso, come quello consacrato
nel 1977. Resi necessari soprattutto dalle infiltrazioni di acqua,
in questi anni sono stati avviati degli imponenti lavori di restauro
che, ancora una volta, hanno registrato la collaborazione di numerosi
benefattori. “Rimuovendo il pavimento per gli opportuni lavori
- sottolinea padre Gennaro Citera parroco del Santuario - abbiamo fatto
una scoperta molto interessante e simbolicamente importante. Il Santuario
vecchio è stato costruito su di uno strato di roccia uniforme.
Se da una parte siamo rimasti delusi per non aver trovato resti antichi,
o una eventuale cripta, dall’altra vi è stata la constatazione
della fatica di chi ha eretto la chiesa sulla dura roccia”. Il
legame con il passato è comunque testimoniato dalle quattro
monofore del XIV secolo e dall’affresco del Cristo Pantocratore
del secolo successivo, rinvenuti nel corso dei restauri. Spiega padre
Gennaro: “Il problema dell’umidità è stato
eliminato creando un’intercapedine sotto il piano di calpestio
che tra l’altro ha consentito l’inserimento di tutta l’impiantistica
sotto traccia. Sono stati recuperati gli altari in marmo policromo
e le edicole in finto marmo, le tele sono ritornate al loro posto dopo
un accurato restauro ed è stato rifatto l’intonaco”.
Il 2 giugno scorso la Sacra icona della Vergine ha fatto nuovamente
il suo ingresso nell’antica dimora accompagnata dai devoti, dal
clero e dall’Arcivescovo mons. Giovan Battista Pichierri che
ha benedetto lo storico Santuario.
Marina Ruggiero (Luglio 2003)
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