L’ICONOSTASI
RITORNA IN S. MARIA DEGLI ANGELI. ULTIMATI I LAVORI DI RESTAURO DELLA
STUPENDA ICONOSTASI. RIAPERTA AL PUBBLICO LA CHIESA DI PROPRIETÀ DEL
COMUNE.
Nel marzo del 1995 la chiesa di Santa Maria
degli Angeli, meglio nota come chiesa dei Greci, riaprì i battenti per pochi giorni. I
barlettani così poterono entrare in questo piccolo edificio
di culto carico di storia e di suggestioni, sebbene privo della notissima
iconostasi, smontata dal supporto ligneo e trasferita al castello per
i necessari lavori di restauro.
Ora a poco più di un lustro la pregevolissima opera ritorna
a rioccupare il posto che le compete, dopo l’intervento operato
da un’équipe di giovani restauratori: Elena Alicino, Sara
Fiore, Graziana Galli, Angelica Malizia, Rita Peric, Ruggiero Tanzi
e Sandro Zagaria, diretti da Cinzia Dicorato e, per la Sovrintendenza,
da Fabrizio Vona.
La storia dell’iconostasi è legata alla presenza della
comunità greca in città. Nei documenti la denominazione “grecus” appare
già a partire dall’XI secolo, ma solo nel 1532, con l’installarsi
di un numero cospicuo di abitanti provenienti da Corone (nel Peloponneso
meridionale), i greci vengono riconosciuti come gruppo e celebrano
i loro riti nella chiesa di S. Maria degli Angeli. Dopo il 1660 la
giurisdizione della chiesina passò alla Cattedrale, segno che
la peste aveva colpito anche la colonia greca decimandola. Nel 1789
un altro gruppo di greci riacquistò la chiesa e la risistemò così come
appare oggi, ma nel 1842 l’intendente di Bari la riaffidò a
dei sacerdoti cattolici. Ormai estinta la comunità greco-ortodossa,
nel 1959 i frati conventuali presero possesso di S. Maria degli Angeli
fino al ’64, dopodicché la chiesa venne abbandonata. Così descriveva
l’edificio sacro nel corso di una ricognizione compiuta nel 1974
la compianta Anna Cassandro: “aperta la porta, ci si trova di
fronte, improvviso e inatteso un luccichio come di sole, che t’inchioda
sul limitare: è l’iconostasi con lo splendore del suo
oro rimasto intatto. Quanto sta attorno è in quell’attimo
annullato. Solo dopo, riavuti dalla commozione e dallo stupore si vedono
le scrostature delle pareti, il gocciolio che scende dal soffitto,
la robaccia che ingombra il pavimento… È un tempio ricco
di suggestione e costituisce una tessera unica del patrimonio storico-artistico
locale”.
Negli anni ’80 la signora Antonietta Palieri vedova dell’ultimo
amministratore della comunità greca, Alessandro Giallocosta,
decise di cedere la chiesa, in stato di degrado avanzato, al Comune
che intervenne con la recente opera di ristrutturazione.
Secondo la descrizione della studiosa Clara Gelao, la ricchissima iconostasi, è formata
da una parete (Santuarium) che divide il presbiterio (lo spazio per
la divina liturgia) dal luogo in cui stazionano i fedeli. In questo
divisorio sono incastonate le icone. Al centro si apre la cosiddetta “porta
reale”, le cui ante mancanti, sempre secondo la Gelao, avrebbero
dovuto rappresentare S. Pietro e S. Paolo. Ai due lati le raffigurazioni
del Cristo e della Vergine e nella parte superiore i 12 Apostoli e
le 12 feste principali dell’anno liturgico ortodosso. Molte delle
icone risalgono alla seconda metà del 1500 e in particolare
le opere principali: il “Cristo Pantocratore” e la “Madonna
Odighitria”, possono essere attribuite all’abile artista
cretese Thomàs Bathàs (1554-1599) che operò a
Venezia.
Anche gli arredi e soprattutto i ricchi paramenti della chiesa dei
greci sono stati restaurati in un laboratorio specializzato in tessuti,
a Polignano. Il lavoro, condotto dalla restauratrice Gabriella Bozzi
sotto la direzione di Antonella De Marzo della Sovrintendenza, ha messo
in luce un corredo di paramenti appartenuti alla comunità ortodossa,
costituito da preziosi velluti, broccati e damaschi d’alta qualità.
Finalmente, a restauro ultimato della chiesa e del suo ricco patrimonio,
sarà possibile fornire ai barlettani e ai visitatori uno spaccato
di storia e cultura locale di assoluto interesse e valore.
Marina Ruggiero (Gennaio 2003)
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