PARTÌ DA BARLETTA,
CON VALDEMARO VECCHI LA RINASCITA CULTURALE DELLA PUGLIA
Ricorre quest’anno il centenario della scomparsa di Valdemaro
Vecchi, stampatore, editore, ma anche scrittore e organizzatore di
cultura, che il Croce definì “tipografo-artista”.
Per l’occasione, in libreria, un volume che ne ripercorre la
vita attraverso le due principali tappe: Barletta e Trani.
La storia di Barletta presenta ancora numerose zone d’ombra,
fatti e personaggi poco noti, quando non del tutto sconosciuti. Oggi
da queste zone d’ombra ci disvela un personaggio a tutto tondo,
Valdemaro Vecchi, il primo grande tipografo pugliese, colui che,
nella seconda metà dell’Ottocento, diede una svolta
alla nostra editoria (fu il primo stampatore di Benedetto Croce),
che instaurò una scuola e una tradizione in Puglia.
La figura di Valdemaro Vecchi è molto nota fra gli studiosi,
fin qui particolarmente apprezzata ed esaltata soprattutto nella
città di Trani che gli ha dedicato una scuola, una mostra
e numerosi convegni di studio; per nulla conosciuta invece a Barletta,
dove pure il tipografo-editore, proveniente da Alessandria, scelse
la sua prima sede (nell’antico Convento di San Domenico) e
dove impiantò i suoi torchi e si trattenne per undici anni,
avviando una straordinaria attività.
Quindi si trasferì a Trani non senza prima aver lasciato il
suo stabilimento tipografico barlettano a Gennaro Dellisanti, col
quale peraltro continuò a stampare in società per altri
nove anni.
Quello barlettano è certo il periodo della vita del Vecchi
meno investigato dagli storici. Come mai questa clamorosa dimenticanza?
Eppure i suoi tempi non sono poi così lontani dai nostri,
senza dire che nell’anno centenario della sua morte non sono
mancati a Trani momenti celebrativi ampiamente pubblicizzati dalla
stampa.
Bisogna però anche riconoscere che questa dimenticanza viene
da lontano perché anche i nostri storici locali sia coevi
del Vecchi (il Vista, il Paolillo, il Loffredo), che a lui posteriori
(il Santeramo e il Cassandro), non lo hanno menzionato nei loro studi
e nelle loro ricerche.
Anni fa l’avv. Angelo Pastore, parlando della sua Trani, ebbe
a ricordare che se la città ebbe un momento di grande notorietà culturale
in tutta la Puglia e nell’intero Mezzogiorno, fra la fine dell’Ottocento
e l’inizio del Novecento, lo dovette oltre che alla presenza
della Corte d’Appello delle Puglie, anche all’opera editoriale
del grande tipografo Valdemaro Vecchi, e si mostrò stupito
che Barletta, la città del suo primo approdo, non ne serbasse
alcun ricordo.
E così, se non ci fossero i documenti conservati presso l’Archivio
di Stato, se non ci fossero i numerosi testi preservati dalla Biblioteca
Comunale pubblicati col suo nome e la raccolta completa del “Circondario
di Barletta”; se non fossero giunti sino a noi i suoi scritti
autobiografici a confermarcene la presenza, oppure il monumento funebre
al figlioletto Tommaso all’inizio del viale del cimitero… Insomma
se non ci fossero tutte queste attestazioni del suo passaggio, e
tante altre testimonianze che saranno svelate dalla lettura di questo
libro, potrebbe venirci il sospetto che la sua presenza a Barletta
non fosse stata che una illusoria invenzione della nostra fantasia.
Eppure la dimenticanza del suo passaggio è talmente radicale
da farci pensare ad una sorta di damnatio memoriae esercitata ingenerosamente
da parte degli storici barlettani, quasi una sorta di tardiva ritorsione
dopo che il Vecchi, proprio quando a Barletta cominciava a decollare
nella più eccellente qualità della sua produzione editoriale,
preferì trasferirsi a Trani.
Ma anche lontano da Barletta, il Vecchi non abbandonò del
tutto la sua prima tipografia che aveva lasciato al suo operaio più affidabile,
il proto Gennaro Dellisanti, col quale editò ancora numerose
opere per altri nove anni, cioè fino al 1888. La tipografia
Dellisanti, di generazione in generazione, ricca ancora dei torchi
del Vecchi, continuerà la sua attività per quasi cent’anni;
suo ultimo proto sarà Bebé Chiumeo che non sarà avaro
di consigli, agli esordi della nostra attività editoriale,
negli anni nei quali intraprendemmo prima la stampa della penultima
serie del “Buon Senso” (tra il 1969 e il 1973), e poi
l’inizio della pubblicazione del “Fieramosca”.
Anche se la nostra produzione editoriale si svilupperà, nei
primi anni Settanta, soprattutto presso la tipografia Rizzi-Del Re,
non mancammo di frequentare la tipografia Dellisanti, nell’antica
sede di via Nazareth, il cui indulgente proto, nascosto dietro la
burbera maschera di un’apparente sostenutezza, ci iniziò all’uso
degli antichi caratteri del Vecchi, gelosamente custoditi in stagionate
cassettiere tarlate. Quanto alla nuova serie del “Fieramosca”,
che intraprendemmo a partire dall’aprile del 1974, rappresentava
l’ennesima riedizione di un bollettino cittadino, il primo
in assoluto che il Vecchi, sia pure per poche settimane, aveva stampato
a Barletta nel 1870… appena un secolo prima.
Box
Eppure anche contro la volontà stessa della città,
Valdemaro Vecchi è ancora presente in mezzo a noi. A ricordarcelo
sono i numerosi libri stampati sulla nostra storia e le innumerevoli
riviste pubblicate come palestra di civile confronto democratico.
Ma soprattutto la sia pur tardiva acquisita consapevolezza che -
grazie a lui - fu da Barletta e dalla sua officina tipografica, in
via Cavour, che partì la rinascita culturale della Puglia
post-risorgimentale.
Renato
Russo (dicembre
2006)