VALDEMARO VECCHI AUTOREVOLE PROTAGONISTA DELLA
CRESCITA CULTURALE DELLA PUGLIA POST-UNITARIA
“Il cielo, questo splendido cielo meridionale,
era d’un grigio cupo quella mattina, e ciò mi metteva
di malumore.”
Era il 28 dicembre 1868. Quella mattina “smontava, tutto solo,
alla stazione di Barletta” Valdemaro Vecchi, tipografo emiliano
di 28 anni. Era giunto in Puglia forte del suo bagaglio di speranze
e, come avrebbe scritto Benedetto Croce qualche decennio dopo, di
un “alto concetto dell’arte della stampa in un paese
nel quale la tipografia era goffamente esercitata e dava fuori prodotti
d’incredibile grossolanità e cattivo gusto, infiorata
di ogni sorta di errori.”
Quella mattina per Valdemaro Vecchi iniziava un’avventura che
l’avrebbe portato a divenire uno dei più autorevoli
protagonisti della crescita culturale di un circondario, quello di
Barletta, e di una regione, la Puglia, attraversata da forti fermenti
di sviluppo economico che aveva i suoi punti di forza nell’agricoltura
soprattutto, ma che viveva gli albori di un promettente assetto
industriale.
Renato Russo, fedele alla sua missione di “archeologo” della
memoria di queste contrade, ha riportato a galla l’opera meritoria
del tipografo-editore nel centenario della morte, ponendo così riparo
ad una colpevole dimenticanza di Barletta nei confronti di un uomo
che, venuto da lontano in una città che conosceva solo per
essere stata teatro della celebre Disfida del 1503, seppe interpretarla,
amarla, fino ad averne “sacra memoria” e sentirvisi legato “per
la vita e per la morte”.
L’arrivo a Barletta di Valdemaro Vecchi, così come Russo
racconta, riporta alla memoria quel manipolo di tipografi che, alla
morte di Johann Gutenberg, inventore dei caratteri mobili e quindi
vero padre dell’arte della stampa, con la loro attrezzatura,
attraversarono l’Europa per diffondere, novelli apostoli, l’arte
appresa dal Maestro. E l’Italia fu il primo paese ad offrire
loro ospitalità nel famoso convento dei Benedettini di Subiaco.
A Barletta, Vecchi, trovò ospitalità nell’ex
convento dei Domenicani dove il Comune gli mise a disposizione
alcuni locali in comodato gratuito per cinque anni.
Russo “racconta” Vecchi attraverso una rigorosa lettura
dei documenti, scovati soprattutto nell’Archivio di Stato.
La figura dell’uomo, del tipografo, dell’editore, del
giornalista, (operò a Barletta e, dal 1880 alla morte, nel
1906 a Trani) emerge, oltre che dal suo lavoro, anche dagli avvenimenti
che scandirono la quotidianità della Puglia all’indomani
dell’Unità. L’Autore ne approfitta per “scavare” nella
storia di quegli anni per aggiungere altri preziosi tasselli al grande
mosaico della vicenda di questa terra che egli va componendo da alcuni
anni, libro dopo libro. Affiora così lo spaccato di una società con
i problemi, le ansie, le ambizioni, persino i pettegolezzi e le curiosità,
animata da una galleria di personaggi, piccoli e grandi che hanno
fatto la storia della letteratura, della politica, della pubblicistica,
delle scienze, nel Mezzogiorno e nella Puglia. Personaggi che ebbero
con Valdemaro Vecchi intensi rapporti di collaborazione e di frequentazione
stimolati e alimentati da una sinergia culturale particolarmente
proficua.
Un altro aspetto pregevole di questo lavoro di Renato Russo è la
contestualizzazione dell’opera del Vecchi nella cronologia
dei maggiori avvenimenti di quegli anni: la costruzione a Barletta
del Teatro Curci, i rapporti dell’anarchico Carlo Cafiero con
Marx, Engels e Bakunin, i successi parigini di Giuseppe De Nittis,
l’elezione al Parlamento di autorevoli esponenti della vita
politica e culturale di Puglia (Giovanni Bovio, Orazio Spagnoletti,
Francesco De Sanctis, Matteo Renato Imbriani e tanti altri), la fondazione
del “Corriere delle Puglie” che sarebbe poi diventato “La
Gazzetta del Mezzogiorno”, la nascita della gloriosa Casa Editrice
Laterza che stampava da Vecchi, l’inaugurazione della ferrovia
Barletta-Spinazzola, i tumulti per il rincaro del prezzo del pane
e tanti altri fatti ai quali il tempo ha dato dignità storica.
E poi la nascita di tante testate che hanno fatto la storia del
giornalismo pugliese e che all’epoca furono validissimo strumento di crescita
socio-economica e culturale della gente di Puglia. Tra tutte la “Rassegna
Pugliese” di scienze, lettere e arti, fondata e diretta dallo
stesso Vecchi “per mantenere viva e feconda la fiaccola del
sapere”. Un punto fermo e autorevole riferimento, per decenni,
della società meridionale grazie alla collaborazione delle
migliori intelligenze del Mezzogiorno nel campo dell’economia,
della letteratura, della politica, delle arti e delle scienze: Benedetto
Croce, Giovanni Bovio, Giacomo Boggiano, Francesco Fraccacreta, Ottavio
Serena, Nicola De Nicolò, Giovanni Beltrani, Nicola Bavaro,
Francesco Saverio Vista, per citarne alcuni.
Con questo lavoro Renato Russo rende giustizia alla memoria di
un uomo ingiustamente dimenticato e offre al Lettore una ghiotta
occasione
di arricchimento delle conoscenze del passato di un territorio
e di una comunità che non finirà mai di stupire per
la sua multiforme connotazione.
Renato Russo, ancora una volta si dimostra interprete intelligente
di quel passato e di quella società, indagandone i risvolti
storico-culturali con lo scrupolo del ricercatore e la passione
di uomo del Sud.
Michele Cristallo (gennaio
2007)