MARIANO SANTO E LA CITTA' DI
BARLETTA
Mariano Santo, grande chirurgo-urologo del ‘500,
ha conquistato la massima fama europea e un posto di prestigio nel
Rinascimento Medico per aver ideato ed eseguito per primo l’intervento
chirurgico che da lui ha preso il nome: l’“Intervento del
Grande Apparato di Mariano Santo”.
I rapporti tra il Santo e la città di Barletta sono stati sempre
improntati a un grande amore ed attaccamento del medico scienziato
alla sua terra natia.
Nella città pugliese nacque intorno al 1488 proprio nella strada
a lui dedicata, “Via Mariano Sante”, che va però corretta
in “Via Mariano Santo”.
A Barletta ebbe gli affetti più cari, i suoi genitori, ma anche
i parenti diretti e qui trascorse tutta l’infanzia e parte dell’adolescenza
per poi recarsi a studiare a Napoli, affollata di studenti concittadini
e pugliesi in genere.
Si dice che durante gli studi superiori e universitari condotti presso
Napoli e ultimati presso l’Università di Roma in occasione
delle feste di fine anno e pasquali o durante le vacanze estive ritornasse
spesso e volentieri nella sua Barletta per rinfrancarsi dal duro lavoro
di studente prima e di chirurgo-urologo operatore poi.
Posso anche azzardare una ipotesi che il Santo amò senza riserve
il mare e la spiaggia della sua città tanto vicini sia alla
casa natia che al palazzotto acquistato da adulto per sua moglie e
i quattro figli, la cucina e il vino locale.
Ma le testimonianze del grande affetto nutrito verso la sua città vanno
oltre i brevi periodi di soggiorno e i ricordi giovanili. Al Senato
Barlettano, l’attuale Consiglio Comunale, dedicò una lunga
lettera pubblicata nelle pagine introduttive a un suo trattato di Chirurgia.
In essa il Santo manifestò tutto il suo forte legame sentimentale
alla città pugliese.
Inoltre pare che il Barolitano abbia scritto o almeno ideato gran parte
delle sue opere tra le mura del suo paese.
Durante i soggiorni barlettani pare che abbia progettato e iniziato
a scrivere l’opera che doveva essere il coronamento della sua
attività di autore di trattati scientifici, la cosiddetta “Grande
Opera”, forse mai portata a termine o mai data alle stampe, da
me definita “l’Incompiuta”.
Ma anche con i Barlettani suoi contemporanei instaurò rapporti
strettissimi in quanto molti di essi erano studenti o docenti a Napoli
e a Roma. Con essi poteva incontrarsi spesso, scambiare ricordi della
madre patria o prestarsi reciproco aiuto.
A Barletta tornava per la risoluzione di problemi familiari e la cura
dei beni personali. Ma anche in occasione di lutti familiari, come
in occasione della morte del padre. Risulta dagli atti notarili che
acquistò di fronte all’attuale Chiesa di San Ruggero un
palazzotto “pittagio” destinato ad essere il suo rifugio
lontano dalla sua città di residenza del momento, in quanto
lavorò a Roma/Venezia/Dubrovnick e di nuovo a Roma.
Un documento dell’11-7-1548 attesta che Mariano Santo Chirurgo
Barlettano abbia donato a un certo don Francesco di Canosa ben 34 vignali
situati nelle terre dette di Paduano de Galliano.
Non sappiamo se abbia esercitato la sua professione di chirurgo in
Barletta, di certo avrà visitato ed operato qualche suo concittadino
che ne avesse fatto espressa richiesta. È un po’ come
succede oggi ai Barlettani famosi che usano tornare nella città natale
per ritrovare parenti e amici, soprattutto per respirare l’aria
marina e soddisfare le pulsioni della nostalgia, ma non possono sottrarsi
anche durante le vacanze alla propria professione.
Nel preambolo delle sue opere il Santo viene indicato come “Marianus
Sanctus Barolitanus artiun et medicinae doctor” e tale attestazione è stata
riprodotta anche nelle edizioni in lingua inglese, tedesca e spagnola.
Siamo certi dell’affetto di Mariano Santo verso Barletta, ma
non conosciamo i sentimenti dei barlettani contemporanei verso il loro
illustre concittadino.
In città non è rimasta traccia di lui, né della
casa natale, né della sua definitiva abitazione, né di
qualche suo oggetto o libro.
Spero che in futuro si possa allestire una mostra di copie o di originali
di suoi trattati in lingua latina riprodotti in antiche raccolte del ‘500
e ‘600 e creare nel castello uno spazio dedicato alla raccolta
di testimonianze della sua vita e delle sue opere.
Luigi Doronzo (febbraio 2005)
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