MUSICA CONCENTRAZIONARIA A BARLETTA, IN ANTEPRIMA MONDIALE, IL FILM “MAESTRO”
La vita del musicista Francesco Lotoro
Quella andata in scena giovedì 19
gennaio al Cinema Paolillo, la
proiezione del film “Maestro”, tratto dall’omonimo
libro di Thomas Saintourens, film
documentario di Alexandre Valenti co-prodotto
da Francia e Italia, sotto l’Alto Patronato
dell’UNESCO e dell’UCEI, è la storia
del pianista barlettano Francesco Lotoro che da quasi trent’anni rintraccia, archivia
ed esegue la musica composta nei campi di
concentramento della II guerra mondiale.
Un viaggio iniziato a Praga dove Lotoro
ha presentato il libro di Saintourens nella
traduzione in ceco e ha incontrato Ivan,
figlio del compositore Rudolf Karel imprigionato
a Pankràc, torturato, colpito da dissenteria
e infine deportato a Theresienstadt
dove morì di sfinimento; grazie alle autorità penitenziarie di Pankràc, il pianista e la
troupe hanno ispezionato la cella dove Karel
scrisse capolavori quali il Nonet e l’opera I
tre capelli del vecchio saggio su fogli di carta
igienica usando matite o carbone vegetale,
la cella era poco distante dalla sala dove i
detenuti venivano ghigliottinati o impiccati,
le loro urla avevano lo scopo di intimorire i
compagni ancora in vita.
Si è proseguiti a Terezìn per consultare
il materiale musicale (da manoscritti di
Jaroslav Skabrada a frammenti incompiuti
di Gideon Klein), Brno per incontrare Olga
Haasova (figlia di Pavel Haas, gasato a Birkenau
nell’ottobre 1944) e poi in Slovacchia
orientale nei più sperduti insediamenti Romungre
(l’ultimo a circa km. 20 dal confine
con l’Ucraina) per fissare sulla carta gli affascinanti
canti creati dai Roma nei Lager,
infine Bratislava per incontrare la musicologa
Jana Belisova.
Poi è stata la volta di Cracovia per incontrare
Christof, figlio del polacco Aleksander
Kulisiewicz (a Sachsenhausen i medici sperimentarono
tre volte il vaiolo su di lui, sfuggì alla morte grazie a un infermiere che di nascosto
gli iniettava l’antidoto) che ricordava
a memoria 770 canzoni create in 8 lingue
diverse dai suoi compagni di deportazione e
che, non potendole scrivere, immagazzinò nel
cervello ripetendole continuamente sottovoce
tra le labbra per non dimenticarle; sarebbe impazzito
se un infermiere non si fosse messo
al suo fianco durante la convalescenza dopo
la liberazione e non gli avesse letteralmente“svuotato” la memoria
fissando sulla carta musica
e testi.
Ma i momenti più intensi sono stati vissuti
presso Auschwitz
I e Birkenau; ottenuto
il permesso dello Auschwitz
Museum di
entrare sin dalle 5 di
mattino per assicurarsi
le riprese filmate dei
siti prima dell’arrivo
di studenti e turisti, il
pianista barlettano con
la collaborazione di storici del Museo ha letteralmente
ricostruito la geografia musicale
di Auschwitz I e Birkenau, dal Block 5 dove
provava e suonava l’orchestra maschile diretta
da Szymon Laks allo Zigeunerlager
presso il quale si esibivano i Roma sino ai
Block femminili dell’orchestra con dieci
mandolini diretta da Alma Rosè.
Uno dei momenti più coinvolgenti è stato
proprio a Birkenau nell’incontrare Bogdan
Bartnikowski (autore del libro Infanzia
dietro il filo spinato), polacco deportato a
Birkenau con i familiari dopo l’insurrezione
di Varsavia dell’agosto 1944; Bogdan ha
ricostruito gli ultimi mesi di funzionamento
del famigerato Lager e ricordato a memoria
i canti creati nel Block dei bambini di Birkenau.
Giusto il tempo di esplorare gli archivi
musicali dello Auschwitz Museum che si
riprende il viaggio verso la Germania, destinazione
Wuerzburg per incontrare Guido
Fackler, docente di Filologia presso l’Università di Wuerzburg e colonna della storiografia
musicale concentrazionaria (suo
il monumentale libro di 2000 pagine Des
Lagers Stimme, bibbia della musica nei
Lager), a seguire Martin Hummel figlio di
Bertold, compositore tedesco arruolato nella
Wermacht (si era prodigato per salvare
membri della comunità ebraica), arrestato
dagli Alleati e internato a Depot La Troncais,
dove scrisse quartetti d’archi, pezzi
per voce e pianoforte e un maestoso Tantum
Ergo.
Infine il Lager di Buchenwald mimetizzato
in un bosco di faggi (da cui il suo nome)
dove il Reich arrivò a uccidere per strangolamento sino a mille detenuti al giorno, i cadaveri
venivano ammassati nel Krematorium
e sezionati nello Abteilung Patologie; qui
il polacco Jozef Kropinski si intrufolava di
notte indisturbato (le guardie si guardavano
bene dall’entrare in quel posto maleodorante
e a rischio di infezioni) e a lume di candela
scrisse oltre 400 lavori (di essi ne sono rimasti
111).
I viaggi del pianista barlettano sono
proseguiti tra Gran Bretagna, Paesi Bassi,
USA, Brasile, Australia, Thailandia e
Birmania, dove è stata ricostruita l’attività musicale dei prigionieri Alleati nei Campi
giapponesi sulla tratta ferroviaria che ispirò il celebre film Il ponte sul fiume Kwai.
“Maestro” sarà proiettato durante il Los Angeles,
Italia-Film, Fashion and Art Fest, che
si svolgerà dal 19 al 25 febbraio. Un altro
appuntamento importante che vede protagonista
il M° Lotoro nella duplice veste di direttore
artistico e d’Orchestra, è l’8 giugno
a Gerusalemme con l’inaugurazione della
Orchestra Giovanile Israeliana del Jewish
National Fund.
I risultati di questo immane lavoro
confluiranno nel Thesaurus Musicae Concentrationariae
in 12 volumi e 2 DVD, in
quattro lingue che sarà pubblicata nel 2020.
Quanto a una sede adeguata e spaziosa capace
di raccogliere migliaia di partiture e
documenti dovrebbe essere ospitato nella “Cittadella della Musica Concentrazionaria”,
un progetto finanziato dal MiBACT e
recepito dal Comune di Barletta che dovrebbe
sorgere presso l’area dell’ex Distilleria di
Barletta.
Luciana Doronzo
(febbraio 2017)
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