IL NOSTRO GRANDE
STORICO SABINO LOFFREDO
SAPEVATE CHE IN REALTÀ SI CHIAMAVA SAVINO?
E a proposito di una biografia su don Ruggero Caputo…
La presa di potere nel Regno delle Due Sicilie ad opera di Giuseppe
Bonaparte, formalizzata con decreto dello stesso Napoleone nel maggio
1806, dette il via alla riforma delle strutture burocratiche dell’amministrazione
ripartendo il governo in Ministeri che spiccavano per centralità politica
ed efficienza tecnica.
In quasi duecento anni la normativa in questione è cambiata
molto poco rispetto ad altre importanti leggi (si pensi a quelle che
regolano la quiescenza o pensione, che dir si voglia) e le ultime modifiche
sono state apportate con il D.P.R. 445 del 2000 che, tra le altre cose,
dà potere al Prefetto di valutare e decidere sulle questioni
di cambiamento di nome o di cognome, snellendo di molto le pratiche
burocratiche che, in precedenza, prevedevano tutto un percorso attraverso
la giustizia civile che portava via anni e risorse finanziarie prima
della positiva o negativa conclusione.
Questa riflessione estemporanea nasce dalla recente presentazione del
libro riguardante il gesuita barlettano Giuseppe Filograssi. La pagina
culturale di un quotidiano se n’è interessata in maniera
completa e puntuale, come al solito, ma qualcosa, non proprio trascurabile, è sfuggita
all’autore del libro e alla redattrice dell’articolo e
cioè che nel Comune di Barletta non risulta essere nato nessun
Filograssi Giuseppe bensì, come si evince dall’atto di
nascita n. 1.341 dello stato civile del Comune di Barletta il giorno
17 novembre dell’anno 1875 alle ore antimeridiane dieci in via
Mulini n. 13 è nato Filograsso Giuseppe, figlio di Michele,
contadino, e Monterisi Angela Michele, donna di casa. Per completezza
d’informazione, il gesuita è morto a Roma il 12 aprile
1962, atto n. 587 parte I.
Già in precedenza e cioè in occasione delle manifestazioni
organizzate per il centenario della morte dello storico barlettano
Sabino Loffredo, al quale oltretutto è intitolata la biblioteca
comunale (!!!), era stata perpetrata la stessa svista.
Conoscendo e avendo seguito la Disfida a colpi di penna nata per affermare
la verità storica che vuole, in quanto tale, il nome del Santo
Vescovo di Canne Ruggero e non Ruggiero e vincendo la mia riluttanza
a ritornare sull’argomento per non alimentare sterili quanto
inutili contrapposizioni, mi vedo costretto a soffermarmi sull’argomento
non tanto per ergermi a tuttologo o depositario della verità,
ma solo per riportare la mia quasi trentennale (27 anni) esperienza
lavorativa quale Archivista di Stato che, tra le altre cose, mi vede
impegnato nell’informatizzazione degli atti dello stato civile
(nascite, matrimoni e morti) del Comune di Barletta, depositati presso
la sezione di Archivio di Stato di Barletta, la qual cosa ha comportato
lo studio, uno ad uno, degli atti prodotti dal 1809 (anno di istituzione
dello stato civile) fino al 1899.
Un secolo di nomi vi sembra abbastanza per farsene un’idea più o
meno fondata e quindi per poter parlare con cognizione di causa?
E proprio l’annuncio delle celebrazioni per il centenario della
morte del Loffredo stimolò la mia curiosità (brutto vizio
la curiosità!) e volli verificare l’atto di nascita dello
storico (n. 283 del 1828) e con mia minima meraviglia scoprii che il
nome voluto dal sig. Giuseppe Loffredo per il proprio figlio era Savino
con la “V”.
Dico minima meraviglia non per falsa modestia bensì perché nella
lingua barlettana, ribadisco “lingua” barlettana, il nome
del Vescovo di Canosa si trasformava da Sabino in Savino, e questo
supportato dai tantissimi atti di nascita di bambini nati nella nostra
Città che riportano tale mutazione linguistico-dialettale.
Ruggero o Ruggiero Caputo?
Viene, per questi motivi, spontaneo il collegamento con il nome Ruggero
che “…l’amata lingua natia” volle che fosse
trasformato in Ruggiero.
Non è mia intenzione schierarmi con nessuna delle due opinioni
pro o contro la presenza della “I”, ma sulla pagina culturale
del quotidiano “La Gazzetta del Mezzogiorno” del 31 luglio
2005, mons. Caputo era indicato come don Ruggero. Naturalmente anche
nel corpo dell’articolo più volte veniva ripetuto il nome
Ruggero. A quel punto mi sono chiesto che razza di incongruenza fosse
mai questa e se il quotidiano non avesse fatto marcia indietro sui
precedenti convincimenti. Mi spiegherò meglio. Partendo dall’introduzione
della pubblicazione di don Sabino Lattanzio per il quale il sacerdote
biografato, all’atto della sua nascita, prese il nome dal Santo
Patrono di Barletta, come avviene da tradizione secolare per la maggior
parte dei barlettani, per volgarizzamento del nome latino, mentre in
seguito, quando prese coscienza dell’errore preferì farsi
chiamarsi Ruggero, cioè col vero nome del Santo.
E perché mai allora la Gazzetta non ha cambiato il suo nome,
come ha fatto per il Santo, in palese contrasto con le chiare, precise
disposizioni impartite dalla nostra Diocesi sul corretto uso del nome
del santo patrono di Barletta? In altre parole, se la Gazzetta si arroga
il diritto di manipolare il corretto uso del nome del Santo, a maggior
ragione dovrebbe poi farlo nei confronti del sacerdote che dal Santo
patrono ha preso il nome, il suo nome. Mah! Che il cronista sbagli,
e passi; ma che lo faccia nel complice silenzio del suo direttore, è inesplicabile!
Michele Grimaldi (dicembre 2005)
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