I NOVANT'ANNI
DEL MAESTRO GIULINI
Dalla nascita a Barletta alla sua formazione presso il Conservatorio
di Santa Cecilia, dalla Traviata scaligera alla Filarmonica di
Los Angeles e al suo concerto davanti a Papa Giovanni Paolo II, il
lungo
percorso di un grande
artista al quale la nostra città ha dato i natali.
Carlo Maria Giulini nacque a Barletta il
9 maggio 1914 da Ernesto e Antonia Festner, originari della provincia
di Mantova. L’atto
di nascita fu certificato da don Giuseppe Damato (il mitico don Peppuccio),
vice parroco di S. Maria, mentre il certificato di battesimo fu stilato
dal parroco della Cattedrale, mons. Domenico Dell’aquila, altro
illustre prelato della storia della nostra chiesa. Carlo Maria nacque
dunque a Barletta e precisamente nella foresteria della ditta di
legnami Feltrinelli, con sede a Milano, e che ancora oggi, a distanza
di quasi un secolo, reca lo stesso nome. Il padre era infatti il
giovane direttore dei ricchi proprietari della omonima ditta di legnami
all’ingrosso molto attiva nel commercio sia interno che esterno,
che a Barletta aveva una delle sue più ricche e doviziose
filiali. Ed è un bellissimo ricordo che il maestro ci ha lasciato,
quello di lui bambino che osserva, dalla finestra di quella casa
protesa sul mare, i bastimenti che si allontanano sempre più,
fino a scomparire dalla linea dell’orizzonte.
Erano anni, quelli della sua primissima infanzia, nei quali Barletta
era un importante scalo marittimo, dove si concentravano fiorenti
traffici. Suo padre Ernesto vi era giunto dal Nord intorno al 1910.
Sposato, poco dopo il suo arrivo, il matrimonio venne allietato l’anno
dopo dalla nascita del primogenito Stefano e dopo tre anni dal secondogenito
Carlo Maria. Il piccolo crebbe nel ristretto cortile della palazzina
Feltrinelli, della quale conserverà - per tutta la vita -
un nitido ricordo. A fianco della palazzina c’era il Castello.
Acquistato dal Comune di Barletta, era però in uno stato di
parziale abbandono, nel quale tuttavia era di stanza il Distretto
militare che sarà il centro organizzativo di smistamento delle
nostre reclute in partenza per la prima Guerra Mondiale. Il piccolo
Carlo Maria era troppo piccolo per comprendere quello che accadeva
in quegli anni in Italia e in Europa, ma un ricordo di quei lontani
giorni il maestro l’ha conservato, quando, col fratello Stefano
accompagnato dal fido custode Tonino, sostavano sul piazzale del
Castello, per ascoltare le note musicali che una orchestrina del
posto dispensava ai pochi appassionati (o curiosi) che la frequentavano… E
chissà che non sia maturata in quegli istanti, in quei magici
momenti, la vocazione per la musica, che maturerà nel corso
degli anni successivi, quando si trasferirà con la famiglia
a Bolzano, dove trascorrerà la sua fanciullezza e inizierà a
frequentare, con le scuole ordinarie, anche quelle musicali.
Quindi il trasferimento a Roma e gli studi presso il Conservatorio
di Santa Cecilia dove si diploma in viola sotto il professor Remy
Principe, e dove insegnano grandi maestri come Cascella e Petrassi.
Nel 1936 vince il concorso per suonare nell’Orchestra di Santa
Cecilia, diretta da grandi bacchette del podio, come Stravinskij,
Richard Strauss, Furtwangehn, Walter e Mengelberg, assimilando i
loro gesti e la loro tecnica. Studiando con accanimento, si diploma
prima in composizione e poi in direzione d’orchestra. E finalmente
nel 1944 debutta come direttore proprio sul podio dell’orchestra
di Santa Cecilia, dirigendo un concerto che celebrava la liberazione
di Roma. Tra il 1945 e il 1950 dirige l’orchestra della RAI,
sia a Roma che a Milano.
Nel 1950 dirige, a Bergamo, La Traviata e dai primi anni Cinquanta
inizia la sua collaborazione con la Scala di Milano scelto dal grande
De Sabata. Nel 1955 viene chiamato al Festival di Edimburgo (non
sarà un’esperienza isolata) e a Chicago dove dirige
la Symphony Orchestra, ma soprattutto, sempre di quell’anno,
resterà memorabile l’esecuzione della Traviata alla
Scala, per la regia di Ludovico Visconti e in scena - per la prima
volta - Maria Callas nei panni di Violetta. E poi, nel ‘58
il Don Carlos al Covent Garden di Londra ancora con la regia di Visconti.
Dopo il 1966 dirige per lunghi anni all’estero: Chicago, Los
Angeles, Londra. Torna in Italia nell’82 dirigendo Falstaff
a Firenze. In quello stesso anno (aveva 68 anni) riceve a Venezia
il prestigioso premio “Una vita per la musica”, e poco
dopo, dall’Accademia dei Lincei, il “Premio Feltrinelli”.
Continuerà a dirigere ancora per almeno dieci anni. Solo che
negli ultimi assottiglierà sempre più il suo repertorio,
selezionando pochi grandi nomi: Bach, Beethoven, Mozart, Brahms,
Mahler. Una delle ultime prestigiose direzioni, quella del 1991 in
Vaticano, davanti al Papa.
Una carriera durata 50 anni, dal 1944 al 1994, l’anno in cui
venne per la seconda volta a Barletta, quando in una serata indimenticabile,
si congedò dai suoi concittadini con queste parole: Stasera
dimenticate il musicista e guardatemi come un vostro concittadino
che è nato qui, e che è pieno di emozione per questo
ritorno e a voi è grato per il grande affetto che gli tributate.
L’ultimo concerto pubblico, l’ultima apparizione, nell’aprile
del 1999, nel Teatro Civico di Milano, dove la celebre bacchetta
diresse i giovani dell’Orchestra sinfonica “G. Verdi” del
capoluogo lombardo, nella sinfonia n. 6 di Beethoven, per finanziare
la missione di pace “Arcobaleno”.
Quindi l’abbandono della direzione per dedicarsi all’insegnamento.
Prima con l’orchestra “G. Verdi” di Milano e poi
con la scuola di Fiesole dove trasfuse la sua didattica a generazioni
di giovani musicisti. Poche le uscite pubbliche, spesso per ritirare
premi e riconoscimenti mai sollecitati, come nel novembre del ‘98
quando ricevette il premio “Una vita per la musica” e
l’anno dopo, dal Presidente del Consiglio, il prestigioso Premio
alla Cultura.
Nella primavera del 1999 lo aspettavamo ancora una volta a Barletta,
ma una sua indisposizione glielo impedì. Ma forse era solo
stanco. Noi, oggi che è scomparso, preferiamo ricordarlo mentre
dirige una grande orchestra, oppure, più semplicemente, come
sarebbbe piaciuto a lui, nei più modesti abiti di un comune
cittadino barlettano che dopo sessant’anni ritorna nella sua
città di origine per rivedere la sua casa natale e i luoghi
della sua infanzia e da quella piccola finestra, in cucina, tornare
a contemplare, sul mare, la sottile linea di un orizzonte lontano…
Paola Russo (giugno
2005)
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