FRA DIONISIO E
BARLETTA
un legame che dura da 250 anni
Commemorato, nella
ricorrenza della sua morte, presso il Santuario dell’Immacolata
di Barletta. Dopo la celebrazione eucaristica, presieduta da
mons. Giovan Battista Pichierri, sono seguite alcune relazioni
“Barletta non sarà quanto prima
più famosa sol perché dalla sua ‘cantina’ partirono,
pel leggendario tratturo, i suoi tredici che ricattarono in gola
a tredici francesi l’insulto di un valore inesistente e che
divenne trastullo di Ettore e di Fanfulla da Lodi sul terreno in
cui i Galli vinti morsero la polvere. Barletta sarà pure famosa
pel suo Santo, per il beato Fra Dionisio, cappuccino, al quale dette
i natali nel 1682. Fra Dionisio è per Barletta e per questa
insigne parte della provincia di Bari, come S. Serafino da Montegranaro
per le Marche, come il B. Ignazio da Laconi [attualmente santo] per
la Sardegna inferiore”.
Valga anche per oggi e soprattutto per il futuro, in vista dell’apertura
di un eventuale Processo Storico di Beatificazione, l’augurio espresso
nel 1941 dall’onorevole Antonio Marino, terziario francescano, nella
Prefazione alla seconda edizione della biografia del Servo di Dio barlettano,
scritta da fra Antonio da Stigliano il quale, nella sua immane fatica letteraria,
raccolse tutto il fervore suscitato nel 1938 dall’ultima ricognizione
dei resti mortali di colui che già in vita fu additato come “Santo” o “Beato”.
Sarà don Sabino M. Cassatella, allora parroco della Sacra Famiglia
- nel cui territorio cadeva la chiesa con annesso convento in cui il Servo
di Dio fra Dionisio visse, si santificò, rese la sua bell’anima
a Dio e ricevette degna sepoltura - a fissare nel periodico parrocchiale “La
Voce del Parroco” la cronaca degli avvenimenti inerenti la riesumazione
e la traslazione dall’antica chiesa cappuccina di “Santa Maria
della Grazia” (attualmente “S. Maria degli Angeli”) alla
nuova chiesa dell’Immacolata. Dal diffuso entusiasmo suscitato da tale
evento fu coinvolto il Servo di Dio don Ruggero Caputo - novello sacerdote
- che il giorno seguente l’apertura della cassa sepolcrale di fra Dionisio,
assistette nell’ex chiesa cappuccina alla Messa Solenne “presente
cadavere”, presieduta dal parroco Cassatella: era il venerdì 28
agosto 1938. Prima che le sue venerate spoglie venissero sigillate nella
nuova cassa, risulta che anche il Servo di Dio don Raffaele Dimiccoli volle
renderne omaggio e, con discreta insistenza, ottenne una particella delle
ossa del santo frate, che conservò gelosamente presso il “Nuovo
Oratorio San Filippo Neri”, dove lo additò ai suoi fedeli quale
esempio mirabile di umiltà e di dedizione a Dio e ai fratelli.
Il 12 marzo 1939, in seguito alla prima edizione della già menzionata
biografia, fra Bernardo da Latiano, nel complimentarsi con il suo confratello,
ci tiene a precisare che quest’opera “è per tutti un gran
regalo, specie poi per Barletta, ove è vivo il ricordo e la devozione
verso il Santo concittadino”. È sempre fra Bernardo - avendo
lavorato per svariati anni nella città di Barletta e portato a termine
con tanto zelo i lavori della monumentale chiesa dell’Immacolata -
ad affermare a buon diritto che “furono ripresi e menati a termine
i lavori per il completamento della chiesa di Barletta, ove attualmente riposano
i suoi resti mortali, quando si incrementò nel popolo la sua devozione.
Furono stampate all’uopo parecchie migliaia di immaginette e distribuite
ai benefattori ed agli ammalati. Molte grazie furono ottenute, mercè alla
sua intercessione”. È di vitale importanza questa testimonianza
diretta, in cui viene espressamente detto che se l’ardua impresa della
costruzione della chiesa dell’Immacolata ebbe felice esito ciò avvenne
soprattutto grazie all’incremento della devozione del popolo barlettano
verso il suo mai dimenticato figlio e benefattore che, da umile frate cercatore,
era passato per la città di Barletta e dintorni “sanando e beneficando
tutti”.
Fra Dionisio quand’era in vita “provvisto provvide, arricchito
arricchì, generosamente ricevette e generosamente dette, per quasi
cinquant’anni, quel che riceveva, tanto potea dire di non poter essere
insensibile al grido di dolore che saliva a lui dal tugurio cui si fermava
questuando”. Per la stima che riscosse in convento e tra il popolo,
possiamo però affermare che egli più che frate cercatore fu
un frate “cercato”. Molti, infatti, oltre che a ricevere e a
dispensargli beni materiali cercarono in lui soprattutto luce, conforto,
pace. Tutta questa ricchezza scaturiva dalla sua serenità interiore,
derivante dalla costante comunione con Dio.
Da quanto detto finora, si evince come in questi 250 anni dal suo beato transito,
avvenuto nel lontano 21 dicembre 1755, la memoria e la fama di santità non
si sono mai spente nella sua città natale. I concittadini e i confratelli,
che condivisero la sua santa vita, già dopo la sua morte vollero farlo
ritrarre tra i santi e beati dell’Ordine Cappuccino nella pala d’altare
commissionata per la chiesa che lo vide sostare lungamente in preghiera ai
piedi della SS. Eucaristia, fino ad essere scorto in estasi dai fedeli edificati.
L’opera, ancora oggi visibile, fu eseguita dal noto artista molfettese
Vito Calò, discepolo dell’ancor più noto pittore conterraneo
Corrado Giaquinto.
Negli anni Ottanta del secolo appena trascorso, il compianto don Luigi Filannino,
terziario francescano e primo parroco di S. Maria degli Angeli, volle fissare
l’amore portato da fra Dionisio verso l’Eucaristia in un’artistica
vetrata posta a destra dell’altare maggiore, mettendo in risalto la
finestra che permetteva al santo frate di continuare dalla sua cella a fissare
lo sguardo adorante verso il Tabernacolo.
Che dire poi dei suoi poveri indumenti e oggetti personali che, uniti alla “vera
effige” stampata dalla litografia Sarace di Bari, furono largamente
richiesti dai fedeli per sentire sempre più vicina la sua presenza
benefica? Avendo sotto gli occhi i suoi lineamenti che trasparivano la santità e
la bontà di Dio da sempre “mirabile nei suoi santi”, molti
attribuirono alla sua potente intercessione alcuni favori e miracoli.
A proposito dell’autenticità dei pochi oggetti appartenuti al
Servo di Dio, in massima parte custoditi in casa del signor Domenico Lovero
e nel 1934 ancora presenti presso il signor Giovanni Trotta, ne fa fede un
attestato di p. Celestino da Barletta, al secolo Francesco Saracino.
Tra il 1757 e il 1758, ad appena due anni dalla santa morte di fra Dionisio,
il notaio barlettano Ignazio Palmitessa fu incaricato di registrare le deposizioni
di chi era stato miracolato da “Fra Dionisio da Barletta santo per
voce di popolo appellato”. Anche lo storico locale mons. Salvatore
Santeramo, nei “Cenni biografici di Fra Dionisio Filisio” pubblicati
su “La Voce del Parroco”, riporta molti casi di fedeli miracolati
per intercessione dell’umile e santo frate cercatore.
Per questa familiarità con il Servo di Dio ante et post mortem, molte
famiglie barlettane dettero ai loro nati il nome Dionisio. Tuttora mi risulta
di alcuni che portano il nome Dionisio in onore del santo in questione. Una
via cittadina a lui intestata e alcuni saggi e articoli che puntualmente
si ripresentano fanno sì che il suo nome continui a tramandarsi in
benedizione di bocca in bocca. Nell’ambito del territorio parrocchiale
di S. Giacomo non si è mai spenta la memoria di quel famoso miracolo
avvenuto nel gennaio 1750, di cui fu spettatore il mio predecessore, parroco
di S. Giacomo Maggiore, don Giacinto Palmitessa. Fra Dionisio, questuante
per le vie di quell’antico borgo, fu attratto in una umile casa dal
pianto di una moglie e dei figli angustiati per l’amato genitore in
fin di vita. Il santo frate cappuccino, nel mentre si segnò con il
segno di croce e invocò il serafico padre san Francesco, ridiede vita
all’agonizzante.
A conclusione non possiamo fare a meno di ricordare la bellissima preghiera “Per
il Servo di Dio fra Dionisio da Barletta, cappuccino”, scritta dal
mio confratello don Luigi Spadaro; è il segno di un amore sviscerato
verso il nostro santo concittadino che molti di noi hanno appreso fin da
piccoli in famiglia.
Possano le generazioni a venire continuare a tenere viva la memoria di questo
illustre figlio di san Francesco e vanto di Barletta, affinché: “considerando
attentamente il suo tenore di vita, ne imitiamo la fede. Gesù Cristo è lo
stesso ieri, oggi e sempre”.