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  PERSONAGGI: RAFFAELE DIMICCOLI << torna alla scheda

NEL NOME DI "MONS. DIMICCOLI" DALLA PRIMA PIETRA AL SUO COMPLETAMENTO

E dove ci può essere maggiormente bisogno d’amore se non dove c’è sofferenza? Il malato di oggi, oltre che di mezzi tecnici avanzatissimi, ha bisogno di ospitalità in una struttura dove convivano efficienza e umanità.

L’inizio dell’epilogo di questa lunga vicenda, battezzata negli anni Sessanta, affonda le sue radici nel corso del 1996, quando cioè trovò il suo completamento nella progettazione definitiva del costruendo nosocomio.
Il C.I.P.E., Comitato Internazionale per la Programmazione Economica, nella seduta del 9 ottobre 1996 deliberò lo stanziamento della somma di 38 miliardi, quale finanziamento statale, a cui aggiungere altri due miliardi versati dalla Regione. Questa delibera s’inserì in un programma di approvazioni, da parte del C.I.P.E., che comprendeva in totale 21 progetti di edilizia sanitaria relativi al completamento, ai lavori di adeguamento o di costruzione di strutture sanitarie pubbliche per un importo di spesa di poco più di 207 miliardi. Stabilito e approvato un punto centrale della questione, si procedeva dunque alla fase finale, quella cioè che indirizzava il progetto verso la tanto attesa cantierizzazione della costruzione. Tra i partecipanti alla gara d’appalto, la ditta Salvatore Matarrese ebbe ha la meglio sugli altri undici concorrenti. A questa aggiudicazione, fece seguito un ricorso al T.A.R., promosso dalla ditta seconda classificata, la quale ne richiese l’annullamento.
L’ultima parola spettò alla A.S.L., che chiamata all’onere di definire l’oggetto della controversia, definitivamente ratificò il risultato dell’aggiudicazione della gara all’impresa Matarrese.
A quasi trent’anni di distanza da quando venne posta la prima pietra, si annunciava la riapertura del cantiere, animati tutti dall’auspicio di vedere finalmente il nuovo Ospedale completo ed agibile.
La ditta Salvatore Matarrese ebbe l’onere e la soddisfazione di ridare anima al vecchio progetto addormentato, portandolo in tempi brevi al suo aspetto conclusivo, dandogli la forma imponente che tutti abbiamo potuto ammirare in occasione della inaugurazione e regalandoci la speranza di poter fare finalmente affidamento su una struttura dove efficienza ed umanità vivono nello stesso corpo.
Oggi che l’opera è completa, sicuramente è d’obbligo ed allo stesso tempo rincuorante pensare che, lo si deve all’encomiabile volontà di quanti con tenacia ed impegno serio, hanno perseverato, offrendo una fattiva collaborazione, per la sua realizzazione.
Basta guardarsi un po’ intorno per accorgersi che non sono le grandi intenzioni, magari ben sponsorizzate, a lasciare al mondo qualcosa di buono.
Ma ripercorrendo l’intero percorso di tutta la vicenda, quindi, per quanto possa venire spontaneo guardare soprattutto, e con sospetto, alle diverse ed indecifrabili interruzioni durate anni, sarebbe imperdonabile non ringraziare tutti coloro che, generosamente, hanno messo a disposizione dell’Opera i loro talenti, dimostrando a tutti che “la più piccola azione è meglio della più grande intenzione”.
Ogni grande opera della storia porta con sé una miscela di contraddizioni che, scontrandosi l’una con l’altra, provocano dirottamenti non solo inutili quanto piuttosto distruttivi nei confronti dell’obiettivo prefisso. Questo contrasto tra volere e potere, ma anche tra volere e non volere, o potere e non volere, trova le sue diramazioni nella natura stessa dell’uomo, perennemente in bilico tra forze divergenti e dettate da surrogati di “etiche” del tutto personali.

L’intitolazione a mons. R. Dimiccoli
Un punto di incontro e al tempo stesso di superamento tra queste contraddizioni, è stato trovato nella intitolazione della nuova struttura a mons. Raffaele Dimiccoli. Oltre che un doveroso omaggio ad una straordinaria figura di sacerdote e di educatore di cui è avviato il processo di beatificazione, la dedicazione del complesso a don Raffaele, è quanto mai emblematicamente riconducibile alla titolazione di un ricovero ospedaliero, dove la speranza si confonde con la sofferenza.
Nato a Barletta il 12 ottobre 1887, il giovane Raffaele dà inizio alla sua missione sacerdotale nel 1911 nell’estesa chiesa parrocchiale di S. Giacomo Maggiore col compito principale di seguire i fanciulli e i giovani dell’Oratorio S. Filippo Neri. Il suo profondo desiderio di servire Dio nei più bisognosi, rappresenta una costante, durante il suo intero apostolato, al punto di mettere a repentaglio la propria vita anche dinanzi al pericolo di contagio, come quando, nel 1918 soccorre i colpiti dall’epidemia di “spagnola” che andava decimando intere famiglie della città. Spinto da un forte incitamento interiore che gli va suggerendo “Tu devi fondare una chiesa”, si sente proteso verso la periferia della città, tra i poveri più poveri, dove dà inizio nel 1924 alla fondazione del “Nuovo Oratorio S. Filippo Neri”. In un volantino diffuso tra i cittadini di Barletta in occasione dell’inaugurazione di tale opera, così scrive il Servo di Dio:
“È un vero strazio lo spettacolo di centinaia di bambini sporchi e cenciosi abbruttirsi sulla strada senza le amorevolezze di chi li guidi nel primo ingresso alla vita (...). Quanto denaro si spende per moltiplicare istituti di correzione, prigioni di minorenni, ecc...
Ma il cuore di mons. Dimiccoli non pulsa solo per quell’ambiente periferico della città. Volgendo lo sguardo ai bambini di un altro quartiere povero, apre una scuola materna che chiama “Casa degli Angeli”.
Nel dopoguerra, e precisamente nel 1948, l’Arcivescovo mons. Addazi, lo volle suo collaboratore, nominandolo Vicario Generale per l’Arcidiocesi di Barletta-Nazareth. Adesso, che gli è stata affidata la responsabilità dell’intera città, dà inizio a due altre opere importanti: il “Villaggio del Fanciullo” e la costruzione di una parrocchia periferica che vuole intestare al “Cuore Immacolato di Maria”.
Muore dopo lunga sofferenza il 5 aprile 1956. Per il popolo di Barletta, don Raffaele era già santo in vita, perfino Padre Pio da Pietrelcina lo considerava tale. Numerosi barlettani, infatti, attestano che, recandosi a San Giovanni Rotondo dall’umile Frate Cappuccino, questi, riferendosi al servo di Dio, abbia detto loro: “perché venite da me, se a Barletta avete un santo?”.
Che il nuovo ospedale di Barletta sia intitolato al nome di mons. Raffaele Dimiccoli, ci sembra una grande benedizione, e non può essere stato che di buon auspicio nel sollecito completamento dell’opera appena inaugurata.

Maria Antonietta Binetti (luglio 2004)


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