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  PERSONAGGI: GIOVAN BATTISTA CALÒ << torna alla scheda

Ricordo di Giambattista Calò

In un recente intervento, la signora Maria Picardi Coliac ha tracciato un breve profilo del pittore barlettano G. B. Calò ricordando come non fosse stato solo maestro di De Nittis, ma di una intera generazione di pittori. Dalla Rassegna Pugliese del 20 settembre 1895, abbiamo estratto questo articolo firmato dal prof. Francesco Paolillo, grande figura di educatore del suo tempo

La morte improvvisa di questo valoroso artista, di questo tipo d’insegnante e di gentiluomo, avvenuta il giorno 28 agosto (1895), fu dolore vivamente sentito da tutta la cittadinanza, massime dalla studentesca, che lo idolatrava.
Lo avevamo visto la sera innanzi passeggiare per le strade di Barletta con l’abituale giovialità, e nelle prime ore del mattino seguente cadeva come fulminato.
Povero Calò! Ricordo gli anni trascorsi insieme nell’Istituto comunale di Barletta, egli professore di disegno nella scuola tecnica, io insegnante nelle scuole elementari. Ricordo le conversazioni piacevoli e serene, che si facevano con lui intorno a cose di lettere e di arte, e più specialmente intorno alla pittura, della quale era non solo cultore valentissimo, ma critico fine ed acuto. Ricordo le visite da me fatte al suo studiolo. Ho presenti i suoi ritratti e i suoi bozzetti, tutte persone vive e parlanti.
Educato a Napoli alla scuola del Mancinelli, dovette per consiglio de’ medici abbandonare la capitale e far ritorno a Barletta, rinunziando, non senza sconforto dell’animo suo, a tutte le speranze e alle aspirazioni di uno splendido avvenire.
A Napoli, a Roma, a Firenze, od in altro centro artistico, il Calò avrebbe certamente acquistata fama di grande pittore e avrebbe fatta la sua fortuna; in un ambiente gretto e piccino di provincia dovette acconciarsi a fare l’insegnante di disegno, traendo a stenti di che vivere.
Pure, non lasciò di coltivare l’arte, per la quale era nato, ed alla quale consacrava le ore libere.
Grandissimo è il numero de’ ritratti ad olio ed a pastello da lui eseguiti. Quelli del De Martino, del Cafiero, della signora Casale, della signora Boggiano, del Baldacchini, del Bovio, del Napoletano, dell’Ugolini e di tanti altri, che ora mi sfuggono, sono ammirevoli per correttezza, di disegno e naturalezza e vigoria di colorito.
Ma di due ritratti va fatta speciale menzione; quello del Velo, premiato il 1884 all’Esposizione di Torino, di così eccellente fattura da farsi riandare con la mente all’arte classica di Raffaello e de’ maggiori nostri pittori del Cinquecento; l’altro del suocero del signor Gouzet, uno de’ più operosi commercianti esteri stabilitisi a Barletta, quadro trovato così pregevole da vari artisti di Parigi che sarà quanto prima esposto nel Salone della metropoli francese.
Né il ritratto fu l’unico genere, al quale abbia atteso il Calò; egli lavorò anche intorno al paesaggio. Tra i tanti, ho sott’occhio il ponte vecchio sull’Ofanto, a pochi chilometri da Barletta, crollato il 1854. C’è in questo paesaggio tanta prospettiva in piccolo spazio, tanta naturalezza in quei ruderi rimasti ancora in piedi e minaccianti rovina anch’essi, in quelle due figure di contadini che discorrono sorpresi e addolorati pel disastro avvenuto, in quel cielo afoso e infuocato delle nostre Puglie, che non si può desiderare di meglio e di più riuscito.
Fece anche il Calò una quantità di bozzetti di argomenti sacri, i quali non poterono essere riprodotti per mancanza di commissioni.
Solo in questi ultimi anni ebbe l’incarico di dipingere nella nostra chiesa del Purgatorio la Madonna del Suffragio, ampia tela, in cui è trasfuso con finissimo magistero un sentimento mistico di venerazione, quale doveva scaturire dal nobile suo animo cristianamente educato.
Ma se il Calò fu pittore di vaglia, fu anche insegnante valentissimo. Dalla sua scuola è uscita una lunga schiera di giovani egregi, come il Gabbiani, il De Stefano, il Leone, il Dambra e sopratutti il De Nittis, che a Parigi fece onore all’Italia co’ suoi famosi paesaggi.
La perdita di Giambattista Calò lascia un vuoto nell’animo di tutti. Egli non apparteneva ad alcun partito politico od amministrativo, o, per lo meno, non s’infiammava per un partito, piuttosto che per un altro, come purtroppo suole accadere ne’ piccoli centri, dove spesso il pettegolezzo tien luogo di principio e di programma. Il campo, invece, in cui visse e spaziò lo spirito eletto del nostro illustre concittadino fu ben altro, fu il campo sereno dell’arte, e l’arte dandogli le più dolci visioni, gli mitragliava le amarezze della vita grama, cui la malferma salute lo aveva condannato.
Sulla bara di lui furono dette parole bellissime e commoventi, e a’ funerali, che riuscirono splendidi, presero parte le autorità e moltissima gente di ogni ceto e condizione. Ma non basta. Per un cittadino e un artista come Giambattista Calò ci vuole altro. Pensi il nostro Municipio, che l’ebbe a consigliere, e per moltissimi anni insegnante nella scuola tecnica, a fare per lui qualcosa di più durevole e di più degno.

Barletta, settembre 1895

Francesco Paolillo (novembre 2007)

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