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La desertificazione della cultura

Davvero la nostra offerta culturale è oggi diventata un modello culturale in tutta Italia? Le nostre perplessità

“Scintille fra Doronzo e l’Angiuli”, titolava la Gazzetta in un trafiletto del 4 marzo, in cronaca di Barletta. A Pietro Doronzo, che la criticava perché svolgeva solo il ruolo di curatrice di mostre e non di dirigente alla cultura, la signora Angiuli replicava risentita: Tutt’altro. Ho ereditato una situazione allo sfascio in questa città e con la mia gestione ho fatto in modo che Barletta ottenesse importanti finanziamenti dalla Regione Puglia, e la città di Barletta, per l’offerta culturale, oggi è un modello in tutta Italia.
Nel leggere queste parole sono restato francamente allibito, e benché mi fossi imposto di non occuparmi più delle intemperanze della signora, non ho potuto a fare a meno di avere un moto di risentito stupore, perché è sotto gli occhi di tutti che essa svolge nel nostro Comune soltanto un ruolo di curatrice di mostre, mentre quello dirigenziale è soltanto nominale, atteso il suo ostentato disinteresse verso tematiche fondamentali per la cultura della nostra città come Canne, Federico II, la Cantina della Disfida, la chiesa dei Greci e – recentemente – la più completa assenza dagli eventi celebrativi del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, per citare solo alcuni dei suoi numerosi omissis.
Era chiaro che quell’attacco era rivolto non soltanto ai dirigenti che l’avevano preceduta (i più prossimi Lello Montenegro, Concetta Divincenzo e – soprattutto l’ultima - Santa Scommegna, che infatti le ha replicato per le rime), ma anche all’indirizzo di tanti autorevoli esponenti della cultura cittadina, nonché verso i responsabili di associazioni che alla cultura hanno sacrificato moltissimi anni del loro qualificato e disinteressato impegno.
Penso a tutti quegli amministratori (sindaci in testa) che si sono alternati alla guida della città investendo tanta parte delle loro energie e delle risorse comunali per restituire il Castello alla sua fruibilità, la Cattedrale ai suoi fedeli, il Teatro Curci ai suoi appassionati spettatori, Palazzo della Marra alla tanto attesa Pinacoteca De Nittis, la chiesa dei Greci ai suoi cultori d’arte, Porta Marina al suo glorioso passato, la Cantina della Sfida ai suoi fasti risorgimentali, e via dicendo. Ma penso anche ad Antonio Bernardini, direttore del Museo-Pinacoteca; a Ruggiero Mascolo direttore della Biblioteca Comunale; a Vittorio Palumbieri direttore dell’Azienda Autonoma Soggiorno e Turismo, nonché ai suoi presidenti che si sono avvicendati negli anni, fra cui Ruggiero Dimiccoli e Angela Battaglia; e inoltre Ele Iorio e Pasquale Pedico presidenti della Società di Storia Patria; Pietro Doronzo presidente della Sezione barlettana dell’Archeoclub d’Italia; Luigi Di Cuonzo responsabile dell’Archivio della Memoria, Francesco Lotoro intento alla riscoperta e alla valorizzazione della cultura ebraica del nostro territorio e molti altri operatori culturali che, in qualche misura, hanno contribuito, negli anni Ottanta e Novanta (quelli che hanno preceduto l’inizio del suo mandato) a delineare uno scenario culturale cittadino fra i più qualificati di Puglia.
Sorvolo su una più puntuale ricostruzione degli innumerevoli convegni organizzati dal nostro Comune e dalle nostre associazioni sulle più significanti tematiche culturali cittadine.
Vi sembrano attori di second’ordine? Perché è a questi personaggi che si riferisce la signora ogni volta che, con reiterata condiscendenza e ostentata supponenza, fa riaffiorare la nostra condizione culturale prima del suo arrivo, imputandocene lo “sfascio”.
Dichiarazioni oltre modo offensive che ci hanno ricordato altre analoghe espressioni usate a Roma in occasione della presentazione della prima mostra su De Nittis, quando, alla presenza del presidente Vendola e dell’assessore Godelli, si arrogò il merito di aver tirato fuori dal sottoscala le tele del De Nittis, facendo torto al grande appassionato impegno di un gran numero di barlettani che s’erano prodigati – fra cento traversie e modesti mezzi finanziari – a valorizzare il patrimonio artistico del nostro grande pittore.

Ma facciamo un passo indietro per ricordare che già sotto la giunta Salerno, quand’era solo consulente culturale del Comune, essa mortificò tutte le competenze cittadine nella gestione del V Centenario della Disfida che, nel quadro delle iniziative allestite dal Parco Letterario D’Azeglio-Fieramosca, amministrò in assoluta narcisistica solitudine, disattendendo l’apporto di qualsiasi contributo locale (non potrò mai dimenticare la rarefatta presenza di pubblico in sala durante il Convegno da lei organizzato il 13 febbraio del 2003, quando in platea restammo solo in sette, quanti erano i relatori sul palco desolato, né a giustificare il flop fu solo la rigida giornata invernale). Che ne è stato di quel Parco Letterario, che nelle intenzioni dei promotori avrebbe dovuto consolidare quelle potenzialità in occasioni lavorative? Com’era largamente prevedibile, nulla.
Altro rilevante appuntamento, agli inizi del 2006 (alla vigilia della giunta Maffei), il dibattito sul tipo di allestimento del nuovo Museo di Barletta che le Associazioni cittadine, all’unanimità, sollecitavano di tipo “reale”, ripristino di una centenaria tradizione, mentre lei (sola contro tutti) voleva imporre come soluzione museale “virtuale”.
E fu in quella circostanza che avemmo piena consapevolezza del suo modo verticistico e accentratore di gestire il comparto culturale. Il 9 febbraio le associazioni di Barletta furono convocate dalla dirigente alla Cultura e dalla signora per discutere del problema e confrontarci sulle soluzioni prospettate dalle due parti. Fallace illusione, perché fu subito chiaro, dalle prime battute dell’incontro, che era già tutto deciso e che eravamo stati convocati solo per ascoltare, senza facoltà di replica, e che le nostre osservazioni dovevano essere contenute entro il limite massimo di tre minuti. E così fu, e a farne per primo le spese fu Pietro Doronzo che non aveva neppure iniziato a parlare, che gli fu tolta la parola perché aveva superato il tempo prestabilito. Inaudito. In seguito la signora ci avrebbe risparmiato questa umiliazione perché non ci avrebbe più neppure convocati, se non a consuntivo delle sue iniziative, per magnificarcene gli esiti.
Quanto alle modalità di allestimento del nuovo Museo, dopo mesi di sterili polemiche, come “Fieramosca”, facemmo un sondaggio conclusosi con un sonoro 54 a 0, cioè 54 adesioni per il museo “reale” e zero per quello “virtuale”: pagina ricca di adesioni la nostra, desolatamente bianca la sua (“Fieramosca”, luglio 2006). Ma non se ne dette per inteso, e continuò imperterrita per la sua strada, stemperando solo in tempi lunghi l’assolutezza della sua caparbia impostazione.
Essa mena vanto di aver procurato i fondi per realizzare le sue mostre, frutto – a suo dire – delle sue capacità intercessorie presso la Regione, mentre se fossimo in lei, saremmo più prudenti perché i progetti del Polo Museale erano iniziati già sotto la dirigenza di Concetta Divincenzo e proseguiti poi sotto quella di Santa Scommegna.

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Oggi la signora accampa la prerogativa di essere dirigente alla cultura del Comune. È vero, lo è, ma solo formalmente, o sarebbe più esatto dire, limitatamente alle mostre che organizza, oppure alla gestione della Biblioteca Comunale che ha suscitato numerose proteste e sulla cui riorganizzazione è meglio sorvolare (siamo disposti ad aprire un dibattito anche su questo fronte).
Barletta è ricca di risorse culturali e numerose sono le iniziative promosse dai singoli autori o dalle numerose qualificate associazioni che ne attestano una intensa vitalità. È lecito allora chiedersi se sia mai andata alla presentazione di un libro sulla nostra città! Ebbene no, di regola non ci va. La ricordo brillante presentatrice soltanto in occasione di un libro di Raffaele Nigro, un paio d’anni fa, al Brigantino, ma forse solo perché Raffaele è un suo amico e per giunta barese. In realtà, in queste circostanze, lascia al Sindaco il compito di rappresentarla in ogni manifestazione culturale (sì, proprio così, per quanto paradossale possa sembrare, è il Sindaco che rappresenta lei, dirigente alla cultura, non viceversa!).
In realtà gestisce solo le mostre - dicevamo - a cominciare da quelle su De Nittis. Ma anche qui in modo del tutto discutibile perché già dalla prima, si ebbe netta la percezione che la mostra fosse stata allestita su TISSOT. A cominciare dal sontuoso invito su cui campeggiava un dipinto del Tissot o dal banner che accoglieva all’ingresso i turisti, per finire al Catalogo che in copertina riproduceva un Tissot, per non parlare delle decine di migliaia di depliants stampati e distribuiti a Barletta e in Puglia per esaltare solo e soltanto… Tissot!!! Che la signora fosse perfettamente consapevole di questa sgradevole anomalia, lo arguimmo dal suo intervento, a Bari, il 21 luglio 2008, quando, alla Regione Puglia, di fronte a Vendola e alla Godelli, esaltò la figura del De Nittis che a suo dire lei stava valorizzando!!!
Ma fu peggio l’anno dopo quando, in occasione della storica apertura della Pinacoteca, anziché celebrare il grande evento atteso da quasi un secolo, non fece altro che magnificare ZANDOMENEGHI, a cominciare dal primo comunicato: due righe sull’evento denittisiano, e tre pagine su Zando e i 15mila pieghevoli allestiti nella circostanza, nel titolo, non ne facevano alcun cenno. Una inesplicabile smemoratezza. Ci pensò Vittorio Sgarbi a denunciare clamorosamente il fatto nel Teatro Curci e nel corso di un’intervista rilasciata a Carmen Palmiotta (“Fieramosca”, aprile 2007).
Né cambiò registro a marzo 2009, in occasione della mostra “Terra e mare paesaggio del Sud, da De Nittis a Fattori”, quando, ancora una volta, il nostro grande artista venne ignorato, a cominciare dagli inviti, dal banner, dalle numerose interviste, da tutto il materiale propagandistico e dalla copertina del Catalogo della Mostra, ancora una volta ignorando il nostro celebrato pittore, dedicato invece a un quadro … di Filippo Palizzi!

Nulla questio invece sulla recente mostra parigina che ho anzi pubblicamente apprezzato, ma sgradevole la replica a quanti ne manifestarono il rimpianto di non averla potuta ammirare a Barletta (“Potevate andarvela a vedere a Parigi!”).
Altre mostre, altri appuntamenti gestiti sempre in assoluto autocelebrativo compiacimento, e nel più completo sprezzo della realtà culturale cittadina, singoli o associazioni, tutti indiscriminatamente giudicati con sufficienza, ai quali la signora, da sempre, va dispensando la luce della sua competenza, fino all’ultima infelice uscita di pochi giorni fa.
E fra una mostra e l’altra, qualche clamoroso incidente di percorso, come la perentoria attribuzione a De Nittis della Signora Napoletana, oppure il deplorevole errore di aver scambiato il castello di Barletta per “aragonese”, attribuendo questa dinastia a Carlo V d’Asburgo! (mentre il castello, nella sua ultima “facies”, come tutti sanno, è spagnolo!!). Con l’aggravante di persistere a lungo nell’erroneo convincimento, riportato in migliaia di depliants illustrativi che purtroppo, a nostro disdoro, continuano ancora a circolare.

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Barletta ha un gran numero di associazioni culturali, che producono una notevole quantità di incontri, iniziative, produzioni di libri. Qualche sera fa c’è stata la presentazione della sede di “Liberincipit”, tanta qualificata partecipazione; naturalmente la signora, pur invitata, non c’era, ma non se ne è accorto nessuno perché tanto, lei non esiste per loro, come loro non esistono per lei. Così ovunque, e da sempre. Il Sindaco invece lui sì, c’era, e ha dato un beneaugurante caloroso saluto alla nuova realtà associativa. La presenza di un sindaco, a queste manifestazioni, crea tonificanti atmosfere, mentre vi sembra naturale che una dirigente ai Beni Culturali ignori lo stato della cultura della propria città, e anzi, presuma di additarlo a modello italiano? La nostra non difetta di modestia.
E che dire del consuntivo della incidenza della sua presenza sul nostro territorio, circa la valorizzazione della nostra economia, che dovrebbe rappresentare una cifra distintiva di questo genere di investimenti culturali? In perdita, non solo economica ma soprattutto morale. La signora preferisce infatti rivolgersi fuori, disdegnando - di regola - le professionalità locali, anche quando sono apprezzate in ambito regionale. Contro gli operatori locali, e non ne fa mistero, essa nutre una persistente, innata idiosincrasia.
Per quanto poi - in particolare - ci riguarda, come casa editrice, essa nutre verso di noi una vera e propria avversione, benché non sia un mistero che siamo il più noto presidio editoriale della nuova Provincia, che facciamo lavori editorialmente eccellenti e che i nostri libri sono generalmente apprezzati dai vertici istituzionali pugliesi (Assessorato alla Cultura e Teca del Mediterraneo) finendo sempre in cima alle graduatorie di merito. Siamo tra le poche case editrici che rappresentano la Puglia all’estero in occasione di mostre internazionali, e se qualche volta, per ragioni organizzative, decliniamo la partecipazione, gli organizzatori sollecitano la nostra presenza perché - a parer loro - è come se, con la nostra assenza, mancassero a quelle fiere la battaglia di Canne, la Disfida di Barletta, Federico II, Giuseppe De Nittis, tutti i libri sui quali abbiamo editato numerose opere. Ma a lei tutto questo non interessa affatto e anziché incoraggiarci e complimentarsi per il nostro lavoro, ci ostacola in ogni modo. E questa dirigente ai beni culturali sarebbe promotrice di cultura sul territorio e dispensatrice di modelli culturali nazionali? Evvia, ci vuole un bell’ardire solo a pensarlo!
E quanto agli operatori extra moenia che chiama, fossero almeno altamente qualificati. Non sempre è così. A puro titolo esemplificativo, abbiamo ancora sotto gli occhi la orribile riproduzione della cartolina denittisiana, il verdognolo sgradevole della “Colazione in giardino”, un vero scempio dei colori della tela, che nell’originale riproducono una scena solare. De Nittis ne sarebbe indignato. Se la signora si limitasse a ignorarci, ci potrebbe anche star bene, perché tanto, ce ne siamo fatti una ragione. Mentre non manca occasione per denigrarci. “Provincialotti ingrati, io vi ho portato la cultura…”, persevera come se fosse approdata a Barletta per colonizzarci.

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E oggi che dire? Il sindaco si ripresenta alle Amministrative per il rinnovo del suo mandato. E bisogna dargli atto dell’enorme sforzo fatto in questi anni per alimentare un comparto qual è quello culturale notoriamente mortificato da ogni altra pubblica istituzione, da quella nazionale a quelle via via periferiche. Dunque, una lodevole apprezzabile eccezione, quella del nostro primo cittadino. E ci fa piacere. Ma non si è stancato di coprire, col suo fervoroso impegno, certe manifeste indifendibili inadeguatezze?
Prenda atto della profonda, insanabile frattura che si è ormai creata fra lei e l’opinione pubblica cittadina, specialmente quella più informata.
Meglio tardi che mai, vuole signor Sindaco, fare un sondaggio, sia pure sommario e discreto, fra gli operatori culturali cittadini, sull’indice di gradimento del mantenimento della signora a Palazzo di Città?
Quello che sopra ogni altra cosa denunciamo, è la desertificazione culturale alla quale essa ci ha condannato in tutti questi anni (altro che modello italiano!), per aver fatto terra bruciata attorno a sé, allontanando la stragrande maggioranza degli intellettuali barlettani, e di aver ignorato - quando non avversato - associazioni di comprovata esperienza, espropriandoci progressivamente dei nostri beni culturali più significativi, dei quali ci ha sistematicamente spogliati.
Il Sindaco ha preannunciato un incontro con le associazioni culturali cittadine. Per far che? Per sentirci rimbrottare ancora una volta, dalla signora, di sempliciotteria e provincialismo?

Renato Russo
(30 marzo 2011)

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