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Un Vivarini a Barletta

Questo testo, “Il caso Vivarini a Barletta”, presentato con successo nel recente Salone Internazionale del Libro di Torino e recentemente nella libreria Cialuna, contiene le relazioni tenute domenica 29 novembre 2014 nella Sala Rossa del Castello, nel corso del Seminario promosso dalla Sala della Comunità di S. Antonio, con il patrocinio del Comune di Barletta e della Regione Puglia. Preceduto dalle prefazioni di S.E. l’arcivescovo di Trani-Barletta-Bisceglie mons. Giovan Battista Pichierri, del sindaco di Barletta Pasquale Cascella, dell’assessore regionale ai Beni Culturali Loredana Capone e del dott. Salvatore Filannino, contiene gli atti di quel convegno, uno studio mirato a fare chiarezza sulla presenza di un quadro di Alvise Vivarini, di questo celebre pittore veneto, sul come, quando e perché esso abbia finito col trovarsi nella chiesa di S. Andrea, un quadro che - datato 1483 - si presume provenga dalla bottega di Murano, e che reca il titolo “La Madonna in Trono col Bambino”.
La ricerca si fa più avvincente se si contestualizza con questo periodo storico nel quale Barletta era coinvolta nelle relazioni e negli interscambi con altri facoltosi centri italiani, specialmente marinari, che avevano come rilevanti protagonisti importanti ordini religiosi, nella fattispecie i Francescani dell’Ordine Minore degli Osservanti. L’indagine compiuta dai nostri studiosi è stata l’occasione per rivisitare luoghi di vitalità sociale, culturale, economica e religiosa di quest’epoca pre rinascimentale.
In particolare Filippo Maria Ferro e Giuseppe Riefolo, attraverso i loro studi, hanno tentato di accostare l’arte pugliese con la bottega pittorica della famiglia Vivarini di Murano lungo un viaggio sospeso fra le coordinate spazio-tempo, dove il “tempo” in cui le pale furono introitate risale tra fine Quattrocento e inizi Cinquecento, mentre lo “spazio” si sviluppa lungo la costa adriatica, risalendo su per il litorale tra Galatina e Barletta, nelle chiese francescane dove opere venete “emigrate” in Puglia adornavano le pareti dei nostri templi.
Una esplorazione compiuta, oltre che dal dott. Giuseppe Riefolo e Filippo Maria Ferro (rispettivamente membro ordinario della Società Psicoanalitica Italia, e professore di Psichiatria presso la Cattolica di Roma) anche da altri studiosi che hanno dato il loro contributo alla ricerca delle origini delle opere del Vivarini nelle nostre città, come la dott.ssa Clara Gelao direttrice della Pinacoteca di Bari, il prof. Vincenzo Buonocore della Università degli Studi di Udine e il prof. Giuseppe Porzio della Università degli Studi di Napoli. Ricerca delle origini di questa sistemazione nella chiesa di S. Andrea, e quindi del suo tempo turbolento.
Un tempo segnato infatti dall’occupazione del nostro territorio da parte di milizie francesi e spagnole, legato indelebilmente alla famosa Disfida di Barletta, una città che intratteneva intensi traffici con commercianti bergamaschi e veneti che costeggiavano l’Adriatico (basti pensare a Trani amministrata in quegli anni da un governatorato veneziano), su questo ibrido scenario mercantile alimentando commesse d’opere d’arte verso botteghe venete che arricchivano le nostre chiese e i nostri conventi. Soprattutto dei Minori Osservanti, l’ordine francescano che occupava S. Andrea.

Perché il “caso” Vivarini

Il “caso” a cui fa riferimento il titolo, concerne alcuni quesiti che postula questo quadro, firmato e dipinto nel 1483. Il quadro presente a S. Andrea è una pala singola che, per la fattura, è difficile pensare non connessa ad altre pale laterali come era uso del tempo. Ma non si hanno notizie di questi eventuali altri scomparti. Salvatore Santeramo, rettore di S. Andrea nei primi del '900, è sicuro che la pala della Madonna sia “parte di un trittico che i fratelli Martino e Ventura De Gerardis - mercanti bergamaschi -  donarono alla chiesa, quando (1560) pagarono la ristrutturazione della sacrestia, dedicata alla Vergine”. È una tesi a cui hanno aderito negli anni molti importanti critici d’arte.  Berenson (1905) la considera centrale di un polittico messo in relazione a quello dei Frari dello zio di Alvise, Bartolomeo a Venezia (1482). Ne parla Frizzoni, nel suo viaggio (1913). Anche Salmi (1920), suggerisce si sia trattato di un polittico perché “è la forma d’arte più sensibile al gusto dei pugliesi”. Alla base di queste ipotesi, oltre a una lapide presente nella chiesa in cui si dichiara la ristrutturazione della sacrestia, intitolata alla Madonna, da parte dei due fratelli lombardi (1560), vi è una particolare coincidenza. Nella cattedrale di Vittorio Veneto vi è una pala in cui la Madonna centrale è sostanzialmente identica alla Madonna di Barletta affiancata da S. Antonio e S. Sebastiano. Questa pala sarebbe stata dipinta un anno dopo (1484) da Jacopo da Valenza, un allievo minore della bottega Vivarini a Venezia. Sta di fatto che non vi sono documenti che segnalino la presenza del quadro di Alvise nella chiesa di S. Andrea fino al 1895.
Alcune ricerche promosse dagli autori del libro hanno ritrovato documenti presso l’Archivio di Stato di Bari e l’Archivio Diocesano di Barletta che segnalano la presenza della Madonna nella sacrestia di S. Andrea sin dal 1851. Ma ancora non si sa nulla delle vicende del quadro prima di questa data. Un altro quesito è se la pala del Vivarini sia stata acquisita dai frati sin dal 1483, oppure sia arrivata in seguito nella chiesa di S. Andrea.
A questo riguardo si intrecciano complesse vicende storiche riguardanti la distruzione della prima chiesa di S. Andrea extra moenia, che era collocata nell’attuale sito dello stadio “Lello Simeone”, e che fu distrutta nel famoso “sacco” del 1528 dai francesi. Una tardiva rivincita delle milizie ultramontane a cinque lustri dallo sbaraglio subito nella disputata contesa. Quattro anni dopo, i 26 frati superstiti furono ospitati in una chiesetta donata loro dalla famiglia Della Marra allogata sull’attuale sito della chiesa. Viene da pensare che i frati nel frettoloso trasferimento abbiano salvato la pala della Madonna, abbandonando eventuali altre pale laterali poiché sicuramente il valore del quadro era ben noto sin dall’inizio. Del resto n’ebbe chiara percezione il vescovo di Trani Giuseppe De’ Bianchi Dottula, in visita il 31 gennaio 1851 presso la chiesa di S. Andrea, quando adocchiò in sacrestia, confusa con gli altri quadri, quest’immagine di Maria Santissima di ottimo pennello, impartendo l’ordine di meglio custodirla e preservarla dal desiderio dei forestieri che ne apprezzassero l’ottima fattura.
I contributi del libro indagano i percorsi dei numerosi quadri della bottega dei Vivarini che da Venezia rispondevano a numerose commesse avanzate da facoltose famiglie che ne facevano dono alle chiese dei frati Minori Francescani. La costa adriatica e soprattutto la Puglia risultano particolarmente ricche dei quadri della bottega dei Vivarini, da Polignano a Monopoli, a Molfetta, a Bari e a Lecce. Pale smembrate sono presenti nei musei di tutto il mondo: Madrid, Berlino, Denver, Philadelphia, Londra.

Il valore della Madonna in trono col Bambino di Barletta è sempre stato riconosciuto dagli studiosi, ma il quadro non è mai stato oggetto di particolari studi. Forse è anche un po’ merito di queste nuove ricerche se il quadro è finalmente uscito dalla chiesa di S. Andrea per essere esposto a Conegliano in una importante mostra che si chiuderà a luglio. È la prima mostra in Italia, sui Vivarini, pittori che da Padova si trasferirono a Murano e poi a Venezia per arricchire, per un secolo, fra ‘400 e ‘500, con le loro Madonne, le coste dell’Adriatico.

Renato Russo
(15 giugno 2016)

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