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Lettera dal Paradiso di Gaetano Rizzitelli
Libro su pietro mennea, Quella maledetta voglia di vincere, Il romanzo del giovane Pietro Mennea
 


Attraverso il saggio di Russo, Fonseca spiega Iorio

L’ottuagenario Fonseca l’ha detto anche di se stesso, recentemente. Uno storico, a un certo punto della sua parabola biografica, sul declinare della sua vita di studioso, dovrebbe avere la forza intellettuale di ritrarsi da conferenze e miscellanea di scritture varie, e soprattutto dall’intraprendere nuove strade di ricerche storiografiche, per dedicarsi a riordinare i propri studi pregressi, gli studi di una vita, per ricostruirne organicamente una trama compiuta, una classificazione antologica tematica. E invece una frenetica quotidianità ti avvolge nelle sue spine, ti prende nel vortice delle sue pressanti scadenze, così finisci con l’essere condizionato dalle numerose sollecitazioni esterne che ti distraggono da questo estremo imprescindibile impegno, nel tentativo di dare un senso compiuto all’esito delle tue ricerche riepilogative di una intera esistenza.
È quello che è accaduto a Raffaele Iorio, e Fonseca lo fa intravedere in questa come in altre occasioni rievocative del nostro stimatissimo storico nel corso dei suoi incontri con Russo preparatori alla sua penetrante e dotta prefazione: Canne della Battaglia, Federico II e le Crociate, gli Ordini Cavallereschi, la Disfida di Barletta, il 12 settembre del ’43 e così via… Iorio ha dedicato a ciascuno di questi temi (e molti altri ancora) numerosi studi monografici, senza però poi, al termine della sua vita, trovare il tempo per raccoglierli fra di loro (colligite fragmenta), di ciascuno offrendo una interpretazione organica, nel quadro della ricostruzione di un più ampio scenario che delineasse un grande affresco storiografico, la rilettura storica della sua città d’adozione, Barletta, sullo sfondo di un orizzonte più ampio, quello della sua e nostra regione, la Puglia.
C’era già stato, in passato, un tentativo celebrativo del ricordo di Iorio, da parte della locale sezione della Società di Storia Patria, della quale il Nostro era stato presidente per due mandati (1998-2004). Una monografia che non aveva però spinto la sua indagine oltre i limiti di una mera trascrizione di saggi su Canne, mentre questa di Russo - a detta del noto cattedratico lucano - è invece un vero saggio storico, di indiscutibile spessore scientifico, come già per altri suoi studi su altri personaggi notevoli della nostra storia cittadina (Niccolò Fraggianni, De Nittis, Mennea) o pugliese (Federico II, Boemondo d’Altavilla, Isabella d’Aragona).
 Egli, infatti, dopo essersi intrattenuto sulla vita e le opere di Iorio, con spunti interpretativi del suo carattere adolescenziale di gesuitica formazione, si addentra nell’analisi dei diversi campi nei quali lo studioso ha approfondito la sua ricerca, senza escludere pagine di grande interesse come quelle sul filologo o sul pubblicista ed altre nelle quali ha ricostruito i suoi difficili rapporti col mondo accademico barese.

Nel dare atto a Russo del suo accurato e approfondito lavoro, Fonseca coglie l’occasione per delineare il carattere di Iorio e la sua forza intellettuale e morale, il suo rigore di ricercatore, il suo amore - celato da un sobrio distacco emotivo - verso la sua città alla quale, come novello Alighieri per Firenze, non risparmia vivaci rimbrotti e pungenti rampogne, denunciandone la scarsa sensibilità (un eufemismo per non dire di una vera e propria indifferenza), per una valorizzazione autentica e non di facciata, per i suoi innumerevoli tesori d’arte, di storia e di cultura. Non per nulla il saggio bio-bibliografico di Russo si apre con la citazione di una terzina dantesca: “facesti come quei che va di notte / che porta il lume dietro e sé non giova, / ma dopo sé, fa le persone dotte”.

Renato Russo
(18 dicembre 2014)

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