| Una crisi partecipativa irreversibile
 Si è sparsa la voce di un  imminente rimpasto in giunta. Se così fosse, si cercherebbe di porre rimedio a  situazioni largamente prevedibili all’atto dell’insediamento di  quest’amministrazione in parte imputabili al sindaco, in parte alle discutibili  scelte dei partiti. Si potrebbe così anche cogliere l’occasione di una verifica  programmatica nel suo complesso e di ogni singolo assessorato, rendicontazioni  utili ai fini del rilancio di una più adeguata operatività gestionale. Un  recente articolo di fondo di Rino Daloiso dal titolo emblematico “Se è vuota la  stanza dei bottoni” (G.d.M. 26 ottobre) ha chiaramente reso - con l’efficace  metafora del gioco dell’oca - l’atmosfera di incertezza operativa che  caratterizza l’attuale momento amministrativo cittadino che il cronista  segnala, nel prosieguo dell’articolo, attraverso due importanti fattori d’una  ormai endemica provvisorietà. In primis il conflitto  latente ma reale fra indirizzo politico, appannaggio della classe politica, e  indirizzo gestionale affidato alla classe dirigente. Quando fu presentata la  nuova giunta a Palazzo della Marra e come stampa ci fu data la parola non solo  alla presenza del sindaco e degli assessori ma di numerosi dirigenti, ricordo  di aver profeticamente anticipato il pericolo che si annidava nel possibile  confronto del primato gestionale che ognuna delle due categorie avrebbe cercato  di realizzare, dove sarebbe dovuto spettare al sindaco trovare - di volta in  volta - il giusto equilibrio. A patto però che assessore e dirigente fossero  competenti sullo stesso piano e che le prerogative di questi ultimi non  prevalessero sulle prime. E in ogni caso che il sindaco stesso fosse il  decisivo arbitro di ogni possibile contrasto.
 Secondo fattore d’incertezza  operativa, per Daloiso, la scarsa capacità di amalgama fra le diverse forze  politiche, fra di loro contraenti, non quella impensabile fra maggioranza e  opposizione, ma nell’ambito della stessa maggioranza, con il pericolo di una  sistematica improduttiva conflittualità (non sempre manifesta, ma più spesso  nascosta nelle pieghe di una malcelata ipocrisia) la quale contribuisce a  portare ad una inadeguata operatività gestionale.
 Con l’aggravante che, dopo  la pausa del momento elettorale, ogni rappresentante del popolo si spoglia di  questa parvente prerogativa, per rivestire quello del politico avulso da  qualsiasi forma di dialogante confronto con la base. Solo che una volta si  salvavano almeno le apparenze, mentre da qualche tempo a questa parte (e  certamente a far data dalla gestione Salerno) il processo decisionistico  avviene solo all’interno della casta politica, senza alcun bisogno di sentire  non dico i cittadini, ma neppure le rappresentanze più autorevoli delle  categorie elettorali che per tempo le rappresentavano.
 Per parte nostra alle  riflessioni di Daloiso, aggiungeremmo l’esigenza di una verifica programmatica  della giunta, sia da parte del sindaco che da parte degli singoli assessori a  beneficio di un’opinione pubblica sempre più distratta e demotivata, e quindi  sempre più lontana dal Palazzo.
 Come non leggere queste  riflessioni, allargandole ai recenti deludenti risultati circa la prima  percentuale di votanti nelle due regioni dove qualche settimana fa si sono  tenute le consultazioni popolari per il loro rinnovo? E cos’altro non  rappresentano questi anemici riscontri se non delle spie di situazioni più  gravi dietro le quali si nasconde una sindrome di rigetto, quello della crisi  partecipativa, sempre più acuta e irreversibile?
 Siamo  ancora sul piano della enunciazione di una mera diagnosi. Quanto alla terapia?  Non se suggeriamo nessuna perchè sarebbe del tutto ininfluente, come  quell’articolo di Rino Daloiso che mi aspettavo desse l’adito a un vasto e  qualificato dibattito, mentre lasciò tutti indifferenti, non solo gli uomini  del Palazzo al quale dei buoni consigli non gliene importa nulla, ma neppure  delle persone per bene con tanto buonsenso e una buona dose di esperienza,  rassegnate ormai ad un fatalistico irreversibile declino della nostra democrazia  partecipata. Ma così fan tutti, ad ogni livello territoriale, per cui  consoliamoci con l’antico adagio “mal comune mezzo gaudio”.
 Renato  Russo(9 dicembre 2014)
 << vai all'indice del canale  |