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Michele Frezza, la pazienza dei tempi lunghi

Nacque l’8 novembre 1929 da Giovanni Frezza e da Amalia Garribba, ultimo di quattro figli (prima di lui Anastasia detta Sisì 1923, Emanuela 1924 e Ave 1928). Il padre, ufficiale dell’esercito durante la prima guerra mondiale, messosi in pensione,  aprì un negozio di ferramenta in via d’Aragona.
Frequentò le scuole elementari presso la “M. d’Azeglio” e le medie nelle aule annesse al Liceo Classico “A. Bonello” dove frequentò i cinque anni delle superiori. Nel 1949 sposò giovanissimo Giuseppina Petrella (Ninni) dalla quale avrà tre figli: Giovanni, Amalia e Nikla. Dopo la laurea in ingegneria, insegnò per molti anni matematica presso l’I.T.C. “Cassandro” ramo geometri, lasciando di sé un ottimo ricordo nei numerosi allievi che ebbe nel corso del suo lungo insegnamento. Iscritto al Partito Socialista, cognato di Donato Paparella (che ne aveva sposato la sorella Sisì) entrò in Consiglio Comunale nelle amministrative 1975 con la componente minoritaria socialista facente capo all’on. Diglio. Verrà confermato nei due mandati successivi.
Nella giunta bicolore DC-PSI guidata dal democristiano Palmitessa (ottobre 1975), fu assessore alla Pubblica Istruzione e allo Sport. Con questa delega, seguì da vicino i trionfi di Pietro Mennea in campo nazionale ed europeo. Nel bicolore DC-PSI guidato dal democristiano Armando Messina (luglio 1976) resse l’assessorato all’Annona e alla Polizia Urbana; nel quadripartito di sinistra guidato dal socialista Franco Borgia (novembre 1978) resse l’assessorato ai Lavori Pubblici. Quindi, con le amministrative dell’ottobre 1980, della riconfermata coalizione di sinistra diventò sindaco (i socialisti erano passati da sette a dieci consiglieri comunali). Con lui, in giunta, i socialisti Filippo  Bufo, Giacinto Bruno e Michele Lanotte; i comunisti Ruggiero Lionetti, Fausto Fiore e Pino Dicorato; il repubblicano Sabino Pastore e i socialdemocratici  Pasquale Rizzi  e Alfonso Ventura.
L’amministrazione Frezza non ebbe vita facile, come del resto tutte quelle  che l’avevano preceduta e che poi l’avrebbero seguita. Infatti, la pressoché continua conflittualità che regnava fra i partiti e la disarmonia  fra la formula politica cittadina (di sinistra) e quella degli ulteriori livelli governativi territoriali (di centro-sinistra), acuivano i problemi, rendendone difficile le realizzazioni programmatiche. Frezza, peraltro, nei limiti imposti dalle circostanze, si mostrò un sindaco efficiente e flessibile e il suo mandato fu segnato da significative realizzazioni come l’accordo per la metanizzazione cittadina e l’approvazione del primo Piano di Zona, noto come  167. Durante il suo mandato si ricordano il rilancio del Comprensorio Nord Barese, la sofferta decisione dell’abbattimento di Palazzo Cuomo e la prima conferenza cittadina sui Beni Culturali della città. Escluso il suo partito dall’amministrazione Lionetti (luglio 1983) rientrò in giunta l’anno dopo nell’amministrazione Russo (gennaio 1984) come assessore all’Urbanistica, con i compagni Bufo, Carpagnano e Gammarrota. Ancora assessore nella giunta Carpagnano (ottobre 1985) e, l’anno dopo, nella seconda giunta Lionetti (luglio 1986) e nella giunta Larosa (luglio 1988), fino alla gestione commissariale del dott. Natale D’Agostino (1989). Michele ci lasciò l’8 maggio 1990,  dopo una lunga malattia sopportata dignitosamente. Gli ultimi giorni furono rattristati da un doloroso evento familiare, la tragica scomparsa del figlio Giovanni, deceduto in un incidente stradale.

 

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Al di fuori dei suoi impegni professionali e politici, Michele Frezza coltivava in modo particolare tre passioni: gli scacchi, il bridge  e l’archeologia.
Era un eccellente scacchista (una foto del 1968 lo ritrae col prof. Lattanzio fra gli organizzatori di un torneo organizzato dall’AVIS Barletta). Era inoltre iscritto all’Associazione Scacchistica Nazionale, divertendosi a giocare a distanza con avversari di tutto il mondo.
Quanto al bridge, fu Michele, agli inizi degli anni Sessanta, a diffondere questo gioco a Barletta, quando era ancora poco diffuso, creando un vero e proprio circolo di giocatori che ancora oggi rappresenta la città nei Tornei e nei Campionati nazionali.
Quanto all’archeologia, con Peppino Savasta, Gero Moschese ed altri fu fra i fondatori dell’Archeoclub “Federico II”, nel giugno 1976, sostenendo il club e le sue iniziative per quanto fu nelle sue possibilità assessorili. Fra i principali scopi dell’associazione, spiegò nell’incontro fondativo del giugno del ’76, era quello di promuovere campagne per il ritrovamento di reperti archeologici, specialmente nel sito di Canne della Battaglia. Impegno che sarà poi realizzato anni dopo (a partire dagli anni Ottanta) dall’Archeoclub d’Italia fondato da Pietro Doronzo.
Il nipote Fulvio lo ricorda così: È  stato un uomo davvero eccezionale, mio zio Michele. La sua frequentazione ha rappresentato per me una delle esperienze più stimolanti della mia vita per me come per i tanti che lo hanno conosciuto ed apprezzato. Intelligente ed intuitivo coglieva subito il nocciolo di un problema. Flessibile e aperto alle altrui convinzioni, era abitualmente amabile e cordiale, anche se sapeva essere pungente e sarcastico. Oltre a ispirare una naturale simpatia, era dotato di una vivissima curiosità per le novità, specialmente per quelle tecnologicamente assimilabili alla nostra quotidianità, e questo suo modo di comportarsi con la vita e le persone faceva sì che in tanti ne ricercassero la compagnia per un semplice scambio di opinioni o per una distensiva partita di bridge  al circolo, per il solo piacere di scambiare con lui quattro chiacchiere, su cose magari apparentemente banali, ma illuminate sempre dalla sua fervida creatività.

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Franco Borgia, quando l’ha commemorato, ne ha tra l’altro sottolineato un tratto peculiare del carattere, la pazienza dei tempi lunghi. E qui usciva alla distanza il giocatore di scacchi. Piccola pattuglia, quella di Frezza, della corrente di sinistra (Diglio). Anche questa collocazione è eloquente della sua distinzione dall’intruppamento generale degli altri compagni, ben presto schieratisi con Borgia alcuni, con Carpagnano altri. E lui a fare da ago della bilancia, alla maniera andreottiana.
Decisamente più uomo di amministrazione che di partito. Nella prima toccava i problemi con mano cercando di risolverli, nella seconda non  era intraprendente, data l’esiguità  della sua corrente, ma giocava di rimessa, dopo essersi fatto un quadro chiaro della situazione.
Frezza aveva una spiccata predisposizione per la materia urbanistica e per i lavori pubblici dove ha dato il meglio di sé. Non è che abbia innovato in profondità la materia, ma ha saputo gestire l’esistente con intelligente competenza, senso della misura e perché no, anche con un pizzico di… compiaciuta astuzia.
Specialmente ai Lavori Pubblici sapeva distinguere l’essenziale dal superfluo e soprattutto aveva la capacità di predisporre i meccanismi operativi per perseguire quegli obiettivi. Quando nell’83 mi venne affidata quella stessa delega e iniziai a predisporre gli schemi computerizzati per singoli stati di avanzamento dei lavori settorializzati, restai sorpreso nel constatare  com’ero stato preceduto da Michele che li aveva già proposti e  positivamente collaudati.
Negli ultimi tempi so che si era chiuso in un dignitoso riserbo, nella consapevolezza del dramma acuito dalla tragedia per la crudele e prematura scomparsa del figlio Giovanni, deceduto in un incidente d’auto. In questi casi ti coglie l’angoscioso dilemma, se rompere l’impermeabile muro della difficile comunicabilità correndo il rischio di perforare la spessa cortina di riservatezza, oppure assecondare il composto riserbo in cui l’amico si è deliberatamente isolato e rispettarlo, anche a costo di apparire insensibile.
Conoscendo il suo animo ho preferito rispettare il suo desiderio di riservatezza e come me tanti coi quali abbiamo rimpianto la sua ricca umanità, la sua esperienza al servizio della collettività, la cordialità della sua discreta amicizia.

Renato Russo
(12 giugno 2014)

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