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28 giugno 1952: i 60 anni di Mennea
L’uomo, l’atleta, il suo rapporto con la città

28 giugno 1952: Pietro Paolo Mennea compie sessant’anni e li compie dando alle stampe ancora un libro, dal titolo emblematico La corsa non finisce mai, scritto con Daniele Menarini per le edizioni Lìmina di Milano. E in realtà Mennea di strada ne ha “corsa” tanta, a partire dal 1968, quando, appena sedicenne, iniziò l’attività agonistica confrontandosi col suo primo avversario, quel Pallammolla che - almeno inizialmente - lo avrebbe battuto più volte all’Istituto “Cassandro”, lui pure allenato dal prof. Alberto Autorino. Di quel ‘68 Pietro ricorda di aver assistito in TV alle finali dei 200 metri vinti da Carlos a Città del Messico, poco prima di scendere lui stesso sulla pista di Termoli per disputare la sua piccola finale sulla stessa lunghezza. Quasi la premonizione di uno storico appuntamento al quale non sarebbe mancato dodici anni dopo.
Dal “Cassandro” all’AVIS dove, allenato dal prof. Franco Mascolo, si mise in luce in numerose gare nazionali, ma di secondo piano, continuando ad allenarsi a Barletta dove gli capitava, sulla spiaggia, sulla strada, sulla pista di atletica dello stadio.
Erano gli anni dei Beatles e di Elvis Presley, di Cassius Clay e della rivolta studentesca. Dopo Autorino e Mascolo, Carlo Vittori rappresentò la svolta. Iniziarono a collaborare a Formia il 1° gennaio del ‘68, (proprio il 1° gennaio!) anche se il vero rapporto professionale cominciò sul finire del ‘71 quando Pietro aveva finito gli studi e l’atletica avrebbe rappresentato il suo futuro.
Formia - racconta Mennea - segnò l’inizio di una vita completamente nuova, votata interamente alla preparazione tecnica e fisica, lontana dai ritmi, dalle abitudini, dai rapporti che mi legavano a Barletta. Per questa ragione, parallelamente all’aspetto puramente atletico, Vittori agì sull’elemento psicologico affinché allentassi i legami con il mio passato. Un passaggio doloroso ma necessario. Ogni giorno in pista per ore e ore, senza saltare una seduta, entrambi impegnati in un lavoro severo, faticoso, estenuante… Un lavoro che avrebbe dato presto i suoi frutti.
Nel 1971, campione italiano nei 100 e nei 200; nel 1972 primatista e campione italiano nei 200 (20”11) e così a seguire negli anni successivi dove ricorderemo, in particolare: nel ‘74, primo nei 200 negli europei di Roma; nel ‘75, primo nei 100 e nei 200 ai Giochi del Mediterraneo di Algeri, e ancora primo nei 200 nei Giochi Universitari di Roma; nel ‘76 quarto nei 200 alle Olimpiadi di Montreal; nel ‘77, secondo nei 200 alla prima Coppa del Mondo, a Dusseldorf; nel ‘78, primo nei 100 e 200 ai Campionati europei; nel ‘79 primo nei 100 e 200 alla Coppa Europa (Torino) e record mondiale a Città del Messico nei 200 (19”72); nell’80 medaglia d’oro a Mosca nei 200.
Esausto, ma forse più psicologicamente che fisicamente, il 5 marzo dell’81 lasciò per un anno l’attività agonistica. Ne diede notizia, durante un’affollata conferenza stampa, dopo averlo comunicato ai suoi dirigenti, con grande rimpianto per quei dieci indimenticabili anni, ringraziando in particolare Luca di Montezemolo, Giampiero Boniperti, Franco Carraro, Primo Nebiolo e - soprattutto - Carlo Vittori. Il vero motivo dell’abbandono? Lo spiegò lo stesso Pietro in una pagina autobiografica: Quando ti accorgi che non sei più in grado di dare il massimo, è meglio mettersi da parte. “Il Mattino” di Napoli titolava: Mennea ha detto basta dopo aver dominato per dieci anni la scena dell’atletica mondiale. E Gianni Minà, su “Tuttosport”: Il ritiro di Pietro Mennea, il più grande campione che l’atletica italiana abbia mai avuto.
Fra gli innumerevoli articoli di apprezzamento per il nostro fuoriclasse, uno su tutti, il ricordo di Gianni Brera su “Il Giornale” del 6 marzo. Più di tutti ci restò male Vittori, ma quella pausa non durò a lungo, perché gli stimoli ritornarono come la voglia di correre e di vincere ancora. Il rientro ufficiale, il 25 agosto 1982 a Tirrenia, dove iniziò una nuova avventura agonistica che lo avrebbe portato a disputare la quarta olimpiade, a Los Angeles.
Il suo rientro in pista fu segnato da un buon 20”68, ma il suo impegno era ormai discontinuo. Nell’83 un’impennata di orgoglio: mondiale nei 200 indoor con 20”74; nell’84 corse la sua quarta Olimpiade, disputando la finale a Los Angeles. Nell’88 partecipò alla sua ultima Olimpiade, a Seul, dove fu il nostro portabandiera nella sfilata di apertura dei Giochi, ma lì la sua avventura durò poco perché si infortunò all’inizio delle eliminatorie, in batteria. Nel corso della sua intensa carriera, 50 volte in azzurro, 16 volte campione italiano, primatista mondiale nei 200!

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Ricostruita così, a volo d’uccello, la sua straordinaria storia d’atleta, non può restituirci neppure lontanamente le emozioni che Mennea seppe trasmetterci in quegli anni, specialmente quando scendeva in pista nei grandi meeting e portava il nome della nostra città sulla vetta del mondo, nei quattro continenti.
Dopo l’atleta, l’uomo, la sua volontà di ferro, la sua costanza, la sua indistruttibilità alla fatica, senza un attimo di tregua, senza risparmiarsi. Nello sport come nella vita di ogni giorno, negli studi ai quali si applicò con la stessa abnegazione quando terminò l’attività agonistica.
Già agli inizi degli anni ‘80 conseguì la prima laurea in Scienze Politiche. Mennea non appartiene alla categoria di quei campioni che chiudono melanconicamente il loro trend di successi e vivono male gli anni dell’immancabile declino avvilito dal compassionevole frettoloso saluto dei vecchi amici sportivi che a stento ti riconoscono per strada… Pietro no, non si arrese, e senza soluzione di continuità, perseverò nella sua gara col tempo, dove le lancette non scandivano più i ritmi della corsa, ma quelli dei suoi esami, delle sue lauree, dei suoi impegni professionali. Dottore commercialista e avvocato civilista, nel ‘99 eletto nel Parlamento Europeo, docente di Istituzione di Diritto Pubblico presso l’ISEF dell’Aquila, e poi, ancora, docente presso l’Università di Salerno alla Facoltà di Scienze Politiche.
Autore di numerose pubblicazioni specialistiche nel campo del diritto sportivo, Pietro scrive anche per “Italia Oggi”, ma soprattutto, per noi barlettani è autore di due biografie che ci sono particolarmente vicine perché ci coinvolgono, perché parlano di lui e della sua come della nostra città, parlano di Barletta con la quale non sempre c’è stato un buon rapporto.
Non ama ricordarlo, ma nel maggio 2002 fu candidato sindaco del centro destra contro Francesco Salerno: grande delusione, ma non del tutto inaspettata, almeno per noi che, per quel po’ che lo conoscemmo in quella circostanza, ci accorgemmo della sua inadeguatezza al ruolo, non per colpa sua, ma per scarsa conoscenza dell’ingranaggio, dei meccanismi, del linguaggio. Era di un altro pianeta, Pietro, non aveva dimestichezza col mondo politico dove si parlava un’altra lingua anzi, altre lingue, alle quali il nostro non era avvezzo. Fu anche il tempo in cui aprì uno studio di consulenza, che diventò anche sede di una Biblioteca che regalò alla città. Ma non funzionò e la Biblioteca fu trasferita altrove.
L’ultima biografia, di pochi mesi fa, La corsa non finisce mai… Riaffiorano, dall’onda dei ricordi, gli amici di un tempo, i faticosi allenamenti, la grande attesa, gli strepitosi successi; e oggi,  questa seconda vita piena anch’essa di straordinari risultati, il suo lento distacco dalla città (sembra che egli viva in un altro continente), il suo attuale difficile rapporto con Barletta (traspare da qualche nota amara della sua recente biografia).
In ogni caso, ci piaccia o no, Pietro Mennea è stato il barlettano che più di ogni altro, nel ‘900, ha portato il nome di Barletta in ogni parte del mondo… Auguri, Pietro, non sarà facile dimenticarti.

Renato Russo

 

Stadio comunale di Barletta, 17 agosto 1980, il ricordo più bello per gli sportivi barlettani: Pietro Mennea stabilisce il record mondiale dei 200 metri a livello del mare in 19”96. A dicembre annunciò il suo ritiro dalle corse, ma dopo un anno tornò.

(26 giugno 2012)

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