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24 maggio 1915, cent’un anni fa l’entrata in guerra dell’Italia

Barletta la prima città italiana ad essere esposta al fuoco nemico
Il 24 maggio del 1915, esattamente cent’un anni fa, l’Italia entrava in guerra. C’è una strada, a Barletta, che ricorda questa data, nei pressi della scuola elementare “M. d’Azeglio” che – appena consegnata al Comune per uso didattico - verrà invece utilizzata, nel corso del conflitto, come presidio sussidiario ospedaliero,
Della prima Guerra Mondiale Barletta conserva tre primati: aver subito il primo bombardamento del conflitto, essere stata la città per quale la Marina italiana perse la sua prima nave da guerra, e al tempo stesso la prima città ad essere decorata di Medaglia d’Oro al Valor Militare per la tragica morte del suo giovane eroe, il sergente Giuseppe Carli.

La trepidante attesa della vigilia
Il giorno prima, lunedì 23 maggio, un violento temporale pomeridiano aveva rinfrescato l’aria, e così la città aveva goduto di una splendida serata. Mancava ancora un mese all’estate ma le sue avvisaglie erano arrivate confermando la mitezza del clima. Nonostante fosse nell’aria il nostro imminente coinvolgimento nel conflitto (si attendeva da un’ora all’altra la nostra dichiarazione di guerra all’Austria), i giovani non avevano rinunciato al passeggio, un passeggio tuttavia agitato da sinistri pensieri: nelle menti ronzavano la mobilitazione, l’addestramento, il fronte e le trincee di fango e la neve delle Alpi, un nemico da combattere però lontano, molto lontano, nel Trentino e sul Carso. Ignoravano che il pericolo era lì, nascosto nel buio della notte e nei lunghi fumacchi che permanevano in cielo dopo il temporale; si trattava di un predatore terribile e spietato che aveva studiato la rotta su precise carte nautiche, un predatore quivi spinto dagli ordini dell’ammiraglio feldmaresciallo Conrad von Hetzendorf.
A tarda sera gli unici a ciondolare nel buio – i lampioni erano spenti per disposizione militare – erano i giovani che si attardavano a chiacchierare: i loro cuori in tumulto serbavano un misto di esaltazione e di agitazione; erano stati allertati dal distretto militare, presso la caserma dei “Celestini”, e dall’ufficio Leva del Castello, e non si parlava d’altro che della imminente dichiarazione di guerra dell’Italia all’Austria, ignorando quanto vicino fosse il nostro coinvolgimento.

A poco a poco le strade umide si fecero deserte e solo sparuti lumi rischiaravano qualche finestra, finché il buio fu totale e il silenzio scese sui tetti. Barletta si addormentò: la città, ignara e indifesa, sprofondò in quella notte caldissima, vi si abbandonò tutto in un sonno senza sogni, di quelli che si fanno quando si è esausti e provati nello spirito. Dormiva il Borgo di Santa Maria, mentre le ore passavano lente e indistinguibili. Il primo boato scosse case e uomini alle quattro e dieci minuti, seguito da un secondo e da un terzo in rapida successione: la preda si destò. Coloro che abitavano vicino alla spiaggia di levante videro una sagoma enorme e minacciosa appoggiata al molo orientale, tra il secondo e il terzo “trabucco”: quel drago d’acciaio adesso apriva il fuoco con tutti i suoi cannoni inclinandosi su un fianco per il rinculo dei colpi. Un carro della Società Reggio Emilia in sosta nella stazione del porto fu colpito e sventrato; nonostante i calcoli del puntatore austriaco, il campanile del Duomo schivò un colpo da 105 che si abbatté rovinosamente su una casa. Il Castello difese la città facendo scudo con le sue possenti mura sulle quali caddero numerose bombe che altrimenti avrebbero sbriciolato le abitazioni.
Così come era venuto, il predatore si allontanò silenzioso e rapido, dileguandosi nella foschia dell’orizzonte; alle sue spalle i pescatori del Borgo di Santa Maria, con le loro famiglie, fuggivano verso la via di Canosa, e fu un’alba di trambusto e di confusione. Il mattino dopo il “Corriere delle Puglie” invidiò Barletta, prima città italiana ad essere bombardata il primo giorno di guerra.
Si soccorsero i feriti, si rimossero le macerie mostrando le schegge dei proiettili col marchio Skoda; la Grande Guerra era iniziata, e per sempre i cannoni dell’Helgoland avevano segnato il nostro Castello. (S. CAStellano, “Ricordi”, 1932).

All’alba del 24 maggio attacco alla città
Alle prime luci dell’alba di quel primo giorno di guerra, Barletta fu la prima città italiana ad essere colpita dal fuoco nemico. L’incrociatore austriaco Helgoland, in perlustrazione nelle acque dell’Adriatico, nottetempo si avvicinò al nostro litorale e dalla imboccatura del porto, centrò prima un carro ferroviario che sostava nella stazione marittima, poi diresse il tiro verso il Castello dove era di stanza il 12° Reggimento bersaglieri e lo colpì provocando cinque brecce ancora oggi visibili.
Quindi puntò le sue bocche da fuoco sul campanile della Cattedrale, ma al primo colpo sfiorò soltanto l’obiettivo, che devastò invece una casa in via S. Cataldo. E forse, aggiustata la mira, avrebbe centrato il bersaglio al secondo tentativo, se non fosse stato dissuaso dal provvidenziale intervento del cacciatorpediniere “Turbine” in perlustrazione nelle nostre acque, il quale, al termine del suo minaccioso raid, dopo aver provocato la possente unità nemica, prese rapidamente il largo, inseguito dall’Helgoland che lo costrinse nelle acque del golfo di Manfredonia dove la nostra nave fu raggiunta e affondata da cacciatorpedinieri nemici.
Se lo scopo del “Turbine” e del suo comandante, il capitano di Corvetta Luigi Bianchi, era quello di allontanare l’Helgoland dal suo intento distruttivo in danno di Barletta, ci riuscì perfettamente perché rivolse la prua verso nord-ovest verso il Golfo di Manfredonia dove altri quattro mezzi navali merci lo affiancarono per affondarlo. Battaglia impari e breve. Nelle vicinanze di Vieste infatti le unità navali austriache Csepel e Lika colpirono il Turbine che cominciò a inabissarsi, e solo allora il comandante Bianchi diede l’ordine di abbandonare la nave. Alla fine dell’impari scontro, si contarono dieci morti della nave italiana, trentadue prigionieri (fra i quali il comandante e il suo vice) e nove marinai salvati da una unità italiana sopraggiunta.
La prima battaglia navale della grande guerra, finiva sulla stampa nazionale, perché ne parlarono i principali quotidiani come il “Corriere della Sera” e “La Stampa”, in prima pagina, e anche “L’illustrazione Italiana” diede grande rilievo all’evento, dedicandogli la copertina.

Giuseppe Carli, la prima Medaglia d’Oro
Il nome del barlettano Giuseppe Carli, classe 1896, apre l’elenco delle Medaglie d’Oro della Prima Guerra Mondiale. Il valoroso sergente dei bersaglieri cadde eroicamente nella battaglia di Monte Mrzlivrk, sul Carso, il 1° giugno del 1915, appena una settimana dopo l’inizio delle ostilità, mentre tentava di difendere la posizione conquistata. La salma non fu mai ritrovata, ed è ricordato da una lapide, nel cimitero, che lo commemora come la prima Medaglia d’Oro della Grande Guerra.
A perenne ricordo di questo valoroso figlio, la città gli ha dedicato una strada (quella laterale a destra di viale Giannone) e un mezzobusto in pietra opera dello scultore Nunzio Saracino, in un’aiuola dei giardini della Stazione, all’angolo dove viale Giannone e via Carli si incrociano.

A GIUSEPPE CARLI
PRIMA MEDAGLIA D’ORO
1915-1918
LA CITTÀ NATALE
ADDITA
ALLE GENERAZIONI DI TUTTI I TEMPI
IL SUO PRODE
GENEROSO FIGLIO
CHE DICIANNOVENNE SI IMMOLÒ
PER I MIGLIORI DESTINI DELLA PATRIA

Il nostro tributo di sangue
Benché la città - a parte gli episodi iniziali - fosse risparmiata dalla guerra, come le altre città pugliesi estranee al teatro principale delle operazioni belliche, fu tuttavia notevole il tributo di sangue che i cittadini barlettani resero alla Patria al consuntivo del conflitto. Dai dati ufficiali tratti dagli elenchi del Ministero della Difesa, rileviamo che ai 372 caduti accertati e agli 84 dispersi, bisogna aggiungere i 312 decessi avvenuti per malattia o causa di servizio.

Oltre alla Medaglia d’Oro a Giuseppe Carli, la Patria conferì ai prodi soldati barlettani 32 Medaglie d’Argento, 65 Medaglie di Bronzo e 20 Croci al Valor Militare.

Renato Russo
(24 maggio 2016)

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