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Barletta - Protagonisti del '900

 


Se la cultura fosse veramente volano di economia e ricchezza dovremmo essere ricchissimi, e invece…

Domenica mattina, 12 maggio, ho letto con attenzione l’editoriale che in apertura della Gazzetta del Nord Barese ha dedicato alla cultura Rino Daloiso che mi ha indotto a qualche riflessione. In particolare quando si sofferma sul paradosso italiano, quello cioè di avere il patrimonio artistico più ricco e al tempo stesso meno valorizzato al mondo. Generalizzando la sua affermazione, poco dopo egli finisce con l’applicarla al caso Barletta. E se è vero, come è vero - egli conclude - che la cultura può trasformarsi in un formidabile volano di economia e ricchezza, ebbene noi ne dovremmo possedere un grande serbatoio.  Serbatoio al quale, con punte di amaro sarcasmo, Daloiso si limita ad accennare inventariando alcune fra le più note opportunità fin qui trascurate, se non addirittura osteggiate.
Già! Osteggiate. Perché non solo la nostra ultima amministrazione comunale non ha sviluppato e coordinato un piano organico di valorizzazione dei nostri principali beni culturali, lasciandoli alla estemporaneità di interventi occasionali, ma spesso, con distorte valutazione  suggerite da opinabili consulenti, ha consentito che quei beni fossero sottostimati, quando non apertamente boicottati! E non denunciamo questo deleterio fenomeno regressivo del valore dei nostri tesori tanto per stigmatizzare un danno ormai irrevocabilmente prodotto alla città, quanto per il timore che questo autolesionistico atteggiamento possa essere replicato dai prossimi inquilini del Palazzo.
Cominciamo da Canne della Battaglia. Come si sa, su questo sito esistono due chiavi di lettura, una medievale e l’altra annibalica. Potrebbero coesistere, ciascuna rispettosa dell’altrui sfera (tesi del medievista Iorio) e invece, fino a quando l’Antiquarium è restato chiuso, la Canne annibalica è stata frequentata da migliaia di turisti, tanto che il Comune decise di realizzare un grande parcheggio per i molti pullman che invadevano il sito, mentre con la riapertura dell’Antiquarium (nel 1999), subentrò purtroppo una chiave di lettura esclusivamente medievale della Cittadella (tra l’altro venne sostituita la sala dedicata ad Annibale e alla celebre battaglia, con una mostra di gatti!!!). Svalutazione, anzi ridicolarizzazione del sito, che ha progressivamente scoraggiato i circuiti turistici che ci hanno inesorabilmente esclusi fino alla recente chiusura del book shop (mentre a Waterloo, stazione turistica nelle stesse nostre condizioni, ma con una chiave di lettura storica napoleonica e non medievale, ci fanno milioni di euro!). Il tutto nella più completa indifferenza dei vertici del potere amministrativo!
Vogliamo parlare ora della Disfida di Barletta? Dopo la splendida rievocazione del Certame, in occasione delle celebrazioni del V Centenario (nel 2003), anche qui è sceso melanconico un sudario funebre senza che l’Amministrazione Comunale, pur nelle rassicuranti ma vane promesse del sindaco, muovesse un dito per realizzare, se non la ripetizione dell’evento, almeno un minimo piano di iniziative capaci di attirare turisti, come più e meglio di noi hanno saputo fare, in questi anni, comuni più piccoli come Minervino, attraverso la valorizzazione della figura del Baiardo il valoroso capitano francese ai tempi della Disfida.
Una delle pagine più avvilenti della recente amministrazione comunale in campo culturale è stata quella relativa alla condivisione dell’insolente trattamento usato verso la figura di Federico II di Svevia, sia come valutazione della grandezza incontestabile di un monarca al quale si è voluto persino negare di avere costruito la famosa ala federiciana, e sia per il suo busto sul quale un docente dell’ateneo barese ha testualmente esordito (in un incontro coi ragazzi del liceo classico di Barletta): “ma che aspettate a buttar via nella discarica questa insignificante cretaccia….!”, creando in questo modo un deleterio movimento di opinioni, specialmente fra i giovani, distruttivo del mito del grande monarca staufico (causa, invece presso Castel del Monte, di redditizi ritorni turistici). E come non apprezzare allora - appena qualche giorno fa - il sia pur tardivo ripensamento di una sua riabilitazione in occasione dell’allestimento del lapidario il cui itinerario proprio col busto federiciano si conclude, e al quale la Gazzetta ha dedicato una grande foto e un lungo servizio giornalistico (“Il passato nelle pietre all’ombra di Federico”).
Quanto alla Pinacoteca De Nittis, nulla di personale contro la pur volenterosa dott.ssa Angiuli, ma può essa negare che il nostro grande pittore, sin dai tempi dell’apertura della Pinacoteca, sia stato messo in ombra da altri artisti? Il primo anno da Tissot, il secondo anno da Zandomenighi (quando ci pervenne in redazione la storica notizia dell’apertura della Pinacoteca, appena tre righe al grande evento… a fronte di tre pagine destinate alla valorizzazione di Zandomenghi!) E quando finalmente, pochi mesi fa, è stata realizzata una grande mostra sul nostro illustre concittadino, è stata allestita a Padova!
Per non dir d’altro, palpabili e manifeste si sono palesate le carenze della nostra più recente amministrazione comunale, cominciando dalla mancanza organica di un progetto sistematico di valorizzazione dei nostri beni culturali più importanti, in chiave di consistenti ritorni turistici ed economici, lasciati ad un progressivo declino. Beni peraltro non solo artistici ma anche “civici”: pensiamo all’inadeguata valorizzazione delle iniziative del nostro Archivio della Memoria che, ai primi posti a livello nazionale come incidenza di testimonianze e di iniziative, dalle nostre istituzioni è invece scarsamente valorizzato. Per non ricordare le penetranti iniziative dell’Istituto di Letteratura Musicale Concentrazionaria che stanno trovando riscontro nelle prime pagine delle più importanti testate giornalistiche mondiali, iniziative da noi invece ostentamente ignorate.

A fronte di queste carenze decisionali del governo cittadino, contestualmente stigmatizzabile è la più assoluta mancanza di coordinamento fra le associazioni culturali locali, dove ognuna procede per contro proprio, mentre, se le principali di esse avessero dato vita ad una incisiva “Consulta della cultura”, ben altrimenti avrebbero potuto orientare la gestione della cultura locale capace di confrontarsi con l’Amministrazione comunale, che avrebbe trovato – forse - in essa un valido interlocutore, capace di agire da freno ad una politica culturale spesso ispirata da scelte occasionali o preferenziali.



Renato Russo
(16 maggio 2013)

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