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Stefano Chiariello e il ruolo marginale dei partiti

Sala della Terrazza, domenica 26 febbraio, congresso cittadino del PD per il rinnovo delle cariche statutarie. Evento molto atteso perché molti attribuivano a questo appuntamento lo scioglimento di alcuni nodi legati al nuovo assetto in giunta e - più in generale - ad un rilancio dell’attività amministrativa.
Ed ecco l’esito del voto. Eletto segretario cittadino del PD Stefano Chiariello, avvocato, dell’area Caracciolo (Emiliano-Latorre-Bersani). Dopo di lui Antonio Divincenzo, attuale assessore alla P.I. dell’area Maffei (Boccia-Letta) e Catia Spatafora dell’area Mennea (Modem-Fioroni).
Alla vigilia del voto, invero, ci si aspettava l’elezione di un segretario unitario con un accordo fra le tre componenti maggiori del Partito (Caracciolo-Mennea-Maffei) o almeno un’intesa Maffei-Caracciolo. Quest’ultima soluzione, che sembrava la più probabile, è naufragata a causa dell’irrigidimento dei due leaders ognuno dei quali auspicava che la soluzione unitaria si ritrovasse sul proprio candidato.
Comprensibile il disappunto degli iscritti, e più in generale delle componenti politiche della coalizione, di fronte alla prospettiva di una rottura fra Maffei e Caracciolo che - se esasperata - avrebbe potuto determinare una situazione di ingovernabilità per le possibili conseguenze (basti pensare alla composizione dei gruppi consiliari). Ma non vogliamo pensare al peggio, e anzi, proprio mentre scriviamo, abbiamo notizia di fruttuosi tentativi fatti da esponenti dei due gruppi per riavvicinare le posizioni e garantire una più equilibrata gestione dell’esecutivo (che in realtà i partiti, negli ultimi tempi, abbiano contato sempre meno, ci pare un fatto inconfutabile).

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Ecco il punto dolente, il ruolo sempre più marginale dei partiti, quali tramite della volontà popolare nell’economia della programmazione dell’attività amministrativa comunale. Invero, quando il legislatore promulgò la Legge Bassanini (la 59 del ‘97) per arginare lo strapotere dei partiti che annualmente provocavano la caduta del sindaco di turno, non immaginava certo di andare ad innescare un meccanismo inverso per cui, oggi, al contrario di quanto accadeva in quegli anni, si è venuta a creare una situazione diametralmente opposta, cioè sbilanciata a favore del primo cittadino e fortemente penalizzante verso le forze politiche scoraggiate da qualsiasi prospettiva di caduta del sindaco pro tempore, il che determinerebbe l’automatico scioglimento dell’intero Consiglio Comunale.
Modifica normativa che ha comportato la prevedibile conseguenza che prima con Salerno, e poi con Maffei, i sindaci hanno progressivamente rafforzato il proprio potere, in danno dei partiti che - depotenziati - hanno progressivamente finito col non esercitare più quel ruolo di controllo, di verifica, ma anche di proposta nella impostazione programmatica, un tempo loro esclusiva prerogativa.
Ma quella legge fece di peggio: nella consapevolezza della frequente inadeguata professionalità politico-amministrativa della classe assessorile, attribuì maggiori responsabilità ai dirigenti, in danno degli assessori i quali - oggi - contano poco, e quel poco è attribuito alla loro capacità, preparazione, carattere: in una parola, al loro carisma, al quale dovrebbe però dare vigore il sostegno del sindaco. Ma come potrebbe, se l’attuale assegnazione degli incarichi assessorili non è avvenuta ispirata da criteri di specifiche competenze e rappresentatività politico-partitica (che avrebbe rafforzato il loro ruolo) ma a scatola chiusa, cioè a beneficio dei primi dei non eletti di ogni partito della coalizione? Se poi alla precarietà di questa situazione, aggiungiamo anche quella della instabilità di numerosi dirigenti in attesa di essere confermati o dimessi, il quadro della provvisorietà della situazione politico-amministrativa della città, si palesa ancora più manifesto.

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L’ideale dello svolgimento di una corretta gestione democratica di un Comune, sta nell’applicazione di due principi fondamentali: da un lato il democratico confronto fra maggioranza e opposizione (che non vuole dire “idilliaco”, ma produttivo di risultati rivenienti dall’esercizio dei rispettivi compiti istituzionali); e dall’altro il corretto esercizio dei ruoli fra partiti di maggioranza e l’esecutivo, dove alla maggioranza la legge (ma prima ancora della legge, una sana consuetudine democratica) assegna la promozione programmatoria, e poi di verifica di quella realizzativa. Quanto al sindaco deve - o dovrebbe - esercitare il suo potere nel rispetto di questi delicati equilibri di attribuzioni di competenze. Tanto meglio se dotato di notevoli doti organizzative e realizzative.

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Questo è lo scenario che si trova oggi a fronteggiare il nuovo segretario del PD Chiariello, cioè il segretario del maggior partito di sostegno alla Giunta.
Titolava la Gazzetta di qualche giorno fa, all’indomani dell’esito dei risultati (parole attribuite al nuovo segretario): Ora Maffei cominci a governare la città. Mentre nel sottotitolo auspicava: Ora il partito faccia della coesione lo strumento necessario per cogliere le istanze della città e offrire soluzioni e risposte concrete.
Ben detto. Ma alle lodevoli intenzioni del nuovo segretario, seguiranno i comportamenti? Apprezzabili intenzioni, che però aspettiamo alla verifica dei fatti.

Renato Russo
(7 marzo 2012)

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