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La Disfida di Barletta - L'epoca e i protagonisti
BARLETTA - Protagonisti del Novecento vol. 2
 

Tagliare sì, ma non in danno della cultura, volano di rilancio economico

Tagliare sì, ma non in danno della cultura. Lo raccomando soprattutto a quei politici e a quegli amministratori, ma anche a quei funzionari, che esprimono perplessità sulla prospettiva di investire in cultura o in turismo culturale. Barletta è una delle città che più di altre si presenta in Puglia con un unicum ininterrotto di grandi eventi storici e di personaggi di primissimo piano. Il problema semmai è un altro. Investire in cultura, a condizione che l’amministrazione sia poi in grado di fruttificare questo investimento realizzando un redditizio piano di ritorni economici.
È dimostrato infatti che se un’amministrazione è lungimirante e fattiva, saprà investire un euro - specialmente nel turismo culturale - con la prospettiva di un ritorno quintuplicato. È il nostro caso. Gli altri comuni, infatti, gli eventi se li debbono inventare, mentre noi ne disponiamo già, di antico lignaggio, solo che, per una sorta di sindrome da assuefazione, finiamo col perderne consapevolezza.
Prendiamo la battaglia di Canne. Qualche anno fa a Trieste, con un modesto investimento, ne hanno realizzato una mostra con un flusso di ventimila visitatori in due mesi e considerevoli cifre di ritorno. Quando telefonai agli organizzatori per saperne di più, manifestarono invidia per Barletta, per la città che aveva la fortuna di vantare la vicinanza con quel sito, mentre ignoravano che qui da noi Canne è sottostimata, a cominciare dalla Sovrintendenza, specialmente dopo la chiusura del book-shop (tre anni fa). Vorrei ancora ricordare come a Waterloo, in una brughiera semi deserta (tanto simile al paesaggio brullo della nostra battaglia) dall’alto della collina, guide intraprendenti mostrano a migliaia di turisti i luoghi del memorabile scontro, col semplice racconto di una fantasiosa ricostruzione; poi li conducono al Museo (l’omologo del nostro “Antiquarium”) dove, al suono dell’“Eroica” di Beethoven, proiettano sullo schermo scene della battaglia prese dai film sul grande evento che segnò la fine dell’epopea napoleonica. Superfluo sottolineare - e un po’ anche invidiare - i cospicui guadagni di una assidua e ininterrotta frequentazione. Mentre noi, a Canne, nella sala un tempo dedicata al Museo annibalico (inaugurata dal ministro Aldo Moro nel 1958), abbiamo ospitato per anni una mostra… sui gatti, tollerata dal nostro Comune, nello sconcerto di quei sempre più radi studiosi che si affacciavano al nostro storico sito e se ne allontanavano increduli e sgomenti (oggi non ci fila più nessuno, sono anni che il sito è del tutto dimenticato dagli studiosi).
E vogliamo parlare ora della Disfida di Barletta dove siamo passati da una esagerazione ad un’altra? Ad anni infatti nei quali si è realizzato il Certame (con la punta della eccezionale rievocazione del V Centenario) si sono alternati anni di assoluta inerzia. È così difficile capire che l’amministrazione non ce la farà mai ad organizzare la rievocazione del Certame, mentre, se gli si volesse dare continuità, sarebbe necessaria la costituzione di un comitato di esperti, pochi ma efficienti, e senza altri incarichi, per la realizzazione dell’evento con modesti mezzi ma cospicui ritorni, di concerto con le centinaia di operatori turistici estivi che sarebbero entusiasti della iniziativa e - ne sono certo - non mancherebbero di dare il loro contributo.
E come non ricordare il busto di Federico II e la sua possibile fruizione in chiave turistica, abbinata al Castello di Barletta, uno dei più maestosi e meglio tenuti d’Italia. Mentre Pippo Baudo, una domenica pomeriggio di cinque anni fa, da RAI uno annunciava che quel busto, conservato a Barletta, era stato scelto da un comitato di esperti come l’emblema figurativo più significativo tra le migliaia di reperti storico-architettonici che ornano la nostra regione, ventilando la possibilità di una feconda fruizione turistica (la Gazzetta diede la notizia in prima pagina con grande risalto), un docente dell’Università di Bari irrideva a questa massa di creduloni pugliesi “impazziti” - a suo dire - per il monarca svevo! E quel che è peggio, il nostro sindaco del tempo a stargli dietro, e anzi, a gratificarlo con un cospicuo assegno a sostegno del suo Centro Studi!… Mentre sarebbe stato auspicabile - come lo sarebbe ancora oggi - tentare di collegare il famosissimo busto con Castel del Monte, in modo da creare una prospettiva di simbiotico riavvicinamento fra le due occasioni turistiche, accostamento per il quale non abbiamo mai intrapreso alcuna iniziativa (e fra qualche giorno saremo presenti alla BIT di Milano, augurandoci di non fare una brutta figura per mancanza di materiale illustrativo!).
Come non suggerire, nel contesto di un rilancio culturale in chiave turistica, una più razionale fruizione della Pinacoteca De Nittis, nella quale - negli anni passati - una discutibile gestione ha valorizzato Tissot, Zandomeneghi ed altre tematiche, di tutto e di più, fuorché la valorizzazione del nostro De Nittis, a partire proprio dall’anno dell’inaugurazione della Pinacoteca (ricorderete tutti quando Sgarbi denunciò clamorosamente questa circostanza nel Teatro Curci: “Ma siete impazziti a voler valorizzare fantomatici nuovi improbabili grandi artisti dell’Ottocento, quando in casa vostra avete De Nittis?”).
E questa volta - per carenza di spazio - non ci soffermeremo più di tanto sul litorale di Ariscianne e dell’arcaica storia delle nostre coste, un inestimabile patrimonio archeologico del tutto dimenticato in spregio alla passione che ci ha dedicato per una vita intera Giuseppe Savasta i cui reperti meriterebbero una dignitosa collocazione (pensate alla straordinaria bellezza delle sculture apotropaiche che qualunque museo del mondo ci invidierebbe, da noi ignominiosamente ignorate!).
Già, qualunque museo. Sul nostro meglio stendere un velo pietoso. Avevamo un museo che contava circa 20.000 pezzi, era uno dei più importanti e frequentati della Puglia, e oggi ci ritroviamo un ibrido indistinto per la cui realizzazione ci sono voluti quasi due lustri e cospicui investimenti! E dire che quando, nove anni fa, promuovemmo un sondaggio fra 55 associazioni culturali cittadine, l’unanimità dei consensi ricadde sul mantenimento del museo tradizionale contro la prospettiva della creazione di un museo virtuale. Che fine ha fatto la prestigiosa collezione dei vasi antichi? e la ricca collezione di monete? Lasciamo perdere.
Quanto all’attuale gestione delle nostre risorse artistiche, come dimenticare il Teatro Curci. Fra i due eccessi, fare teatro con uno squilibrio fra spese e ricavi o sospenderlo del tutto (abbiamo corso anche questo rischio), una via di mezzo credo sia quella imboccata dall’Amministrazione Comunale. “Immagino”, perché ignoro se ci sia un ampio progetto in questa direzione.
Ecco, questo è il pericolo, che i responsabili ai quali è stata affidata la gestione dei nostri beni culturali si isolino nella turris eburnea del “palazzo” e non abbiano contatti con gli operatori che hanno dedicato una vita all’impegno culturale, ripetendo errori di un passato non molto lontano. Parliamo del decisionismo verticistico che ha ispirato l’ultima amministrazione, del tutto insensibile alla quarantennale esperienza - per esempio - di un Vittorio Palumbieri, chiamato (da pensionato) a Bari per offrire il suo contributo professionale, e del tutto ignorato invece nella sua città!

Altri tempi, che per fortuna speriamo di esserci lasciati alle spalle, mentre oggi la macchina culturale del Comune è affidata a due esperte e collaudate professioniste: Giusy Caroppo, reduce da significativi successi come ottima organizzatrice di eventi culturali di livello nazionale ed internazionale; e Santa Scommegna sul cui impegno non avanziamo riserve, anche se nutriamo qualche perplessità che riesca a contestualizzare bene la gestione organizzativa di tre comparti egualmente impegnativi come la cultura (e rami connessi), le attività produttive e i servizi sociali.

Renato Russo
(7 febbraio 2014)

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