PORTALE DI INFORMAZIONE E ATTUALITA' SU BARLETTA E DINTORNI
home | abbonamenti | archivio il Fieramosca | lettere al direttore | redazione | contatti

Cerca nel sito
Educatori del Novecento pugliese
La Disfida di Barletta - L'epoca e i protagonisti
BARLETTA - Protagonisti del Novecento vol. 2
 

Questa cultura non ci porterà lontano se non cambierà il nostro atteggiamento mentale

Vorremmo aprire un dibattito sulla cultura, se ci è consentito, reduci come siamo da un tempo dominato da un preconcetto verticismo decisionale. Prima però di addentrarci nel merito della problematica, partiremo da una premessa etica con risvolti pragmatici, e cioè ogni riflessione sul tema, ogni suggerimento è ispirato da intenti propositivi nonché da apprezzamento per i lodevoli tentativi che l’attuale dirigenza sta attuando per la rinascita culturale della città, a cominciare dalla eccellente organizzazione della recente rivisitazione delle giornate dedicate alla Disfida di Barletta e dal successo della Penisola del Tesoro che ha visto la città meta esclusiva d’incontro in Puglia dei soci del Touring Club. Non c’è bisogno di scomodare Montaigne, per rammentare che non si migliora solo con apprezzamenti encomiastici e gratificatori, ma molto di più facendo tesoro di argomentati giudizi critici.
Entrando ora nel merito del discorso, ritengo doveroso preliminarmente ricordare come la coercitiva presenza di una consulente barese sulla città, per quindici anni, sotto i mandati dei sindaci Salerno e Maffei, abbia provocato delle scelte largamente contestate che a parer mio - e non solo - ci hanno fatto perdere tre lustri di crescita culturale e disperdere una enorme quantità di risorse economiche. Senza contare il danno venuto dalla emarginazione di alcune fra le più vigorose risorse intellettuali di Barletta, esiliate dalla vita culturale cittadina: penso al completo disinteresse - se non all’aperta avversione - verso collaudate esperienze come quelle di Giuseppe Savasta, di Francesco Lotoro e Luigi Di Cuonzo, i quali hanno realizzato, in questi ultimi anni, attività che recano notevole prestigio alla città: Savasta ha dedicato quarant’anni della sua vita alla ricerca di antiche testimonianze da consegnare alla storia della nostra cultura preistorica, documenti di pietra, incunaboli del nostro millenario passato, reperti senza tempo che hanno scritto sulla sabbia le prime pagine della nostra storia e l’alba della nostra più remota civiltà; Lotoro è un appassionato studioso di musica prodotta nei campi di concentramento e fondatore dell’Istituto di Letteratura Musicale Concentrazionaria che non solo ha meritato un’audizione in un’aula parlamentare, ma è stimato in tutto il mondo, le cui principali testate ne hanno esaltato la ricerca con interi paginoni; e quanto a Di Cuonzo, è autore di notevoli iniziative e di studi monografici di alto profilo, programmando in solitudine le attività dell’Archivio della Resistenza e della Memoria che hanno dato e continuano a dare visibilità nazionale alle nostre tragiche giornate del settembre del ’43. Per non dir d’altri. Per esempio, di quel Vittorio Palumbieri, direttore per trent’anni dell’A.A.S.T. di Barletta, sistematicamente ignorato e poi chiamato a Bari a dirigerne - da pensionato - l’APT; o della stessa Giusy Caroppo, autrice di progetti di arte contemporanea e valorizzazione del territorio apprezzati in Italia e all’estero, emarginata con supponenza per anni nella sua stessa città.
Ora è tempo di reagire e di riprogrammare, ma il discorso è lungo e meriterebbe uno specifico approfondimento, perché si ha come la percezione che il nuovo tardi a palesarsi. Eppure nella cabina di regia è tornata - invero da pochissimo tempo - la dott.ssa Santa Scommegna tenace oppositrice di tante di quelle discutibili scelte verticistiche del più recente passato, e come assessore alla cultura quella Giusy Caroppo storico dell’arte e apprezzata curatrice di eccellenti mostre d’arte, due individualità di spiccata personalità e di comprovata esperienza.
Io credo sia anche conseguenza di un atteggiamento mentale che la nostra classe politica in generale ha ereditato da un passato neppure tanto remoto (la Scommegna ha rivestito la carica di vicesindaco sotto l’amministrazione Dimiccoli). Intanto la scarsa considerazione delle altrui valutazioni, ma soprattutto la perseverante preclusione verso qualsiasi apertura innovativa. Ci si obietta che mancherebbero le risorse. Vivaddio, ma è proprio per questo che noi guardiamo - per esempio - a Canne e agli esperimenti che in controtendenza col nostro atteggiamento rinunciatario, sono stati invece fatti in alcune città. L’abbiamo detto e ripetuto più volte. A Trieste hanno realizzato una mostra sulla famosa battaglia con un investimento di poche migliaia di euro, per ricavarne cospicui ritorni e l’accesso di 20.000 turisti in due mesi. La Rotta dei Fenici (altra bella opportunità) era un percorso annibalico che attraversava l’Italia e che avrebbe dovuto includere Barletta come tappa privilegiata. Una ghiotta occasione di ritorno turistico inserito in un circuito culturale nazionale. Un’altra occasione perduta.
Senza responsabilizzare chi da pochissimo tempo gestisce il nostro comparto culturale, è indiscutibile che del famoso sito della battaglia i nostri passati amministratori se ne siano sempre disinteressati al punto da tollerare che per anni, la grande sala annibalica dell’Antiquarium, inaugurata dall’on. Moro nel 1958, venisse occupata da una mostra… di gatti, suscitando la vibrata indignazione dei turisti. Per questa, come per numerose altre occasioni perdute, per il momento non ci pare sia cambiato nulla. O forse è la delusione dei troppi anni trascorsi invano, a tradire la nostra impazienza nel timore della deludente attesa di un improbabile ripensamento?

Quel dente di cinghiale a Schorndorf

Ricorre in questi giorni la scomparsa del prof. Raffaele Iorio che in uno dei suoi ultimi articoli per la rivista “Baruli Res”, ricordando la fruttuosa esposizione di un dente di cinghiale preistorico nel piccolo museo di Schorndorf, in Germania, ebbe invece a lamentarsi del nostro disinteresse per Canne: “Perdio - esclamò - i nostri amministratori stanno seduti su una miniera d’oro e non lo sanno!” Perché questo è il nodo del discorso: che mentre gli altri comuni sono scarsi d’eventi e se li debbono inventare, noi li abbiamo già, sono numerosi e di alto profilo storico, con evidenti possibilità di fruizione turistica, mentre continuiamo a ignorarli!
Ultima chiamata per Canne? Mi auguro proprio di no. Suggerirei allora agli attuali dirigenti alla cultura di mettere per un momento da parte le scartoffie burocratiche per recarsi sulla collina, respirare l’aria di un tempo millenario e farsi lambire dalla grandiosità scenografica della battaglia. Ancorché le sue emergenze vivibili si sono dileguate fra le nebbie di un remoto passato, la suggestione del famoso scontro è presente ovunque, a Canne, e il suo immaginifico scenario è restato inalterato nei suoi elementi essenziali: il fiume, la piana del combattimento, l’accecante riverbero del sole sulla vasta pianura nelle giornate di agosto, la rocca della cittadella, le colline circostanti e le sottostanti vallette teatro dell’inaudito massacro. E lì cercare di immaginare con fervida fantasia le possibili fruizioni con spirito scevro dai condizionamenti omissivi del passato, per non reiterare le stesse colpevoli dimenticanze.
Mi auguro che gli addetti ai lavori leggano queste note con spirito costruttivo, com’è nei nostri intenti, e non pensino a male, supponendo chi sa quali reconditi interessi ci spingano a queste perplesse eppure propositive riflessioni. Sarebbe il modo peggiore di riapprocciarsi al problema per tentare un auspicabile sia pur tardivo confronto. Se la risposta fosse preconcetta e tendenziosa o, peggio ancora, murata da un inesplicabile persistente silenzio, allora molleremmo - come tanti altri - anche noi la cima e gli ormeggi per lasciare andare la barca alla deriva.

Renato Russo
(21 febbraio 2014)

<< vai all'indice del canale

© 2003 - Editrice Rotas Barletta. Tutti i diritti sono riservati.