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ERACLIO… AI DOMICILIARI
il colosso ancora “ingabbiato”

Nei giorni scorsi il progetto di manutenzione e conservazione della statua di Eraclio è stato presentato alla cittadinanza e alla stampa.
A svolgere gli onori di casa il sindaco Pasquale Cascella e gli assessori Azzurra Pelle e Giusy Caroppo oltre, naturalmente, ai responsabili del progetto Giambattista De Tommasi e Fabio Mastrofilippo.
Gli intervenuti hanno tenuto a sottolineare come il progetto ha come suo precipuo obiettivo quello di evidenziare il valore culturale e identificativo del colosso per la nostra città e proprio per questo la statua, durante tutte le fasi del restauro, sarà comunque visibile ai barlettani.
Mi sforzerò di portare alla vostra conoscenza episodi che di primo impatto potrebbero apparire insignificanti ma che incastrati, come le classiche tessere di un immaginario mosaico, formeranno il quadro dell’intrigante e misteriosa storia dell’amatissimo Arè.
Il primo documento ufficiale che ha attirato la mia attenzione, risale al 25 settembre 1843 allorquando, con circolare n.2449 l’Intendente di Terra di Bari (attuale Prefettura) Eduardo WINSPEARE disponeva che “…in ogni comunità il Sindaco assistito dal Cancelliere procederà immantinente alla composizione d’un esatto inventario de’ quadri, delle statue, de’ bassi rilievi, e degli altri antichi monumenti storici e d’arte che esistono nelle Chiese, nelle Cappelle e in altri luoghi del Real Decreto (Real Decreto 13 maggio 1822)… dei quali si esigerà l’obbligazione di ben custodirli e conservarli”.
Naturalmente tra i monumenti segnalati veniva riportato, come primo, sito nella strada Cordoneria (l’attuale Corso Vittorio Emanuele) la statua di Eraclio. Nel verbale stilato il 10 novembre 1843 dal Sindaco dell’epoca Michele Di Donato (fig.1), il primo cittadino segnalava che “… In mezzo alla Piazza, e propriamente al fianco della Chiesa del Sepolcro, sopra rustico zocco di pietra si vede una statua colossale di bronzo di ottimo lavoro, e di eccellente disegno, alta palmi 1.973 (palmo napoletano cm.26,45 quindi 5 metri e 20 cm. circa) rappresentante un Guerriero che ha nella destra la Croce e nella sinistra una palla. è composta di due diversissimi pezzi: il busto, le braccia e la testa sono originali, le cosce, le gambe, e le mani vi furono con novella fusione aggiunta, e dal primo colpo di occhio facilmente si osserva che i pezzi aggiunti sono di disegno, di lavoro, e di metallo assai diverso, e meno buono del rimanente. Gittata sulla spiaggia del mare in vicinanza del molo di Barletta, ove giacque per moltissimo tempo, venne trasportata in Città lì 19 maggio 1491. Una tradizione popolare attribuisce questa statua ad Eraclio imperatore d’Oriente, sebbene il Sig. Conte D. Troiano Marulli in un suo discorso storico - critico dato alle stampe nel 1816, l’attribuisce a Teodosio il Grande”.
Forse, proprio in virtù di quelle disposizioni contenute nel Real Decreto del 1822, da quel 1843 il Colosso fu tenuto sotto stretto monitoraggio, come si direbbe oggi e molto probabilmente quelle indicazioni così precise spinsero all’inizio del XX secolo e più precisamente dopo lo scoppio della Grande Guerra, il Sindaco Luigi Cafiero ad ingabbiare (fig.2), per la prima volta, Eraclio.
La motivazione primaria in quell’occasione, però, non fu legata a lavori di restauro che verranno effettuati una sessantina di anni dopo (1978) visti i gravi danni riscontrati e relazionati da Paola Fiorentino e Maurizio Marabelli dell’Istituto Centrale del Restauro di Roma “… fratture e cricche specialmente agli arti inferiori e sull’orlo della veste fino ai fianchi della statua”, bensì al timore che gli “effetti” del conflitto mondiale avrebbero potuto raggiungere anche la nostra Città e di conseguenza creato problemi al Colosso. Gli amministratori dell’epoca però errarono nelle loro valutazioni relativamente alla provenienza del pericolo danneggiamento perché (e si purtroppo !) i danni registrati dai tecnici nel 1978 erano “figli” dell’azione compiuta il Natale del 1923 da alcuni fautori del “demoliamo a tutti i costi” i quali, avendo preso in antipatia la struttura del Sedile del
Popolo, a loro dire fatiscente e pericoloso (Sindaco Milano docet!), pensarono bene di anticipare il capodanno facendo esplodere alcune cariche di polvere pirica presso lo spigolo nord del Sedile danneggiandolo e creando così i presupposti per il suo abbattimento.
Arè ingabbiato quindi verso il 1916, rimase agli arresti domiciliari o preventivi, fino alla fine del 1924 quando Quintino Quagliati, Soprintendente del Regio Museo Archeologico di Taranto (l’attuale Soprintendente dei Beni Archeologici della Puglia), scriveva (fig. 3) al Generale Francesco Torre preannunciando che “…mercoledì mattina (17 dicembre 1924) sarò a Barletta con la ferma fiducia che si potrà liberare dai puntelli e dalla gabbia il colosso di bronzo. Avrò il piacere di rivederLa e tutto sarà stabilito per il piedistallo di Eraclio. Conviene contemporaneamente fare emettere dal comune la ordinanza di sgombero della piazzola dai diversi chioschi di minute vendite che impediscono il pieno godimento della fiancata del S.Sepolcro e del grande monumento bizantino. OssequiandoLa cordialmente e pregandoLa di porgere i miei saluti al valoroso vostro Sindaco (Pietro Reichlin), mi creda suo”.
La missiva, ovviamente, venne trasmessa dal Generale Torre al Comune di Barletta e più precisamente al Sig. Carloni e a margine della lettera Torre apponeva una annotazione con la quale“ … le richiamo alla mente quanto già le dissi sullo spandimento del pietrisco: è fatto molto male; vi è molto fango per la strada accanto al pietrisco. Il lavoro della pavimentazione attorno ad Eraclio, quindi, lo affidi alla Cooperativa Combattimento”.
Comunque, l’indicazione espressa dal Soprintendente Quagliati venne seguita in maniera precisa ed immediata. Infatti l’Ufficio Tecnico del Comune emise una serie di atti ingiuntivi con i quali si provvide allo sgombero delle bancarelle che, praticamente, circondavano la statua di Eraclio e finalmente dopo quasi un decennio il Colosso ritornò a vedere la luce. Passati novanta anni da quella prima ingabbiatura, il nostro misterioso Imperatore, ritorna a subire, per la terza volta, l’onta della carcerazione, con la convinta consolazione che questa volta non dovrà restare stretto, tra quattro pareti di legno e materiale trasparente, per altri 10 anni.
Come disse qualcuno “ Per restare belli, qualche sacrificio bisogna pure farlo, ma non più di tanto! ”.

Michele Grimaldi
(luglio 2014)

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