FEDERICO II, IL MISTERIOSO FASCINO DI UN IMPERATORE
Parlare di Federico oggi, è parlare di colui
che ha contribuito a tracciare le linee della nostra storia. E cosa
dire che già non sia stato detto su di lui? Sulla sua grandezza,
sul suo genio, sui suoi amori? Se n’è parlato e ancora
se ne parla, in lungo e in largo. Ma la vera storia, quella ancora
inedita, è quella che raccontano le pietre, erette fra sudore
e sangue, sempre mute testimoni di lacrime e disperazioni, di efferati
delitti forse, ma anche di vagiti di vita e gemiti d’amore. Queste
pietre che hanno sempre taciuto ora ci svelano le tante verità,
aprendoci le porte del passato, un passato che ci appartiene e ci spetta
di diritto, il passato di un uomo “speciale”, con un nome
altisonante, ma al contempo rassicurante, un nome da re: “Federico”.
Lui che ha sempre amato raccogliere attorno a sé una corte cosmopolita,
ancora continua col suo fascino che profonde misteriosamente, a raccogliere
multietniche folle ignare di essere conservate dall’occhio acuto
di qualche falco, rapace tanto amato da Federico, che ancora oggi si
aggira misterioso sui bianchi torrioni dei suoi rupestri castelli.
A noi piace immaginarlo mentre cavalca il suo fiero stallone lasciandosi
alle spalle nugoli di polvere e vittoriose battaglie, ma soprattutto
ci piace immaginarlo con le ginocchia piegate e gli occhi bassi, mentre
prega, con voce impastata di lacrime, l’unico Dio senza tempo
che ci accomuna. Ci piace ancora immaginarlo mentre, aggirandosi nelle
stanze dei suoi castelli tra la luce tremolante di mille torce, tra
i profumi inebrianti d’incenso ed essenze di fiori, lo sguardo
dei suoi fieri occhi si perde languido in quelli lucenti delle sue
amate, sedute nella penombra di uno scoppiettante fuoco di maestosi
camini accesi, in attesa di un suo cenno. Ci piace immaginare scintille
di tenero amore pervaderli il cuore, quello stesso cuore proteso verso
il bello com’era, non poteva non essere bisognoso di tenere sentimenti
d’amore, di fronte ai quali anche un valoroso uomo come lui si
sarà arreso.
È
questo il Federico che immaginiamo, è questo l’uomo di
cui ogni pietra delle sue roccaforti ci parla, pregna dell’esoterismo
che nessuno ha mai svelato. Ma chi ha la fortuna di entrare in uno
dei suoi manieri, non deve far altro che mettersi in ascolto e quelle
stesse pietre consunte dal passaggio dei più o meno nobili uomini
che hanno cavalcato 800 anni di storia, inconsapevoli fautori dei cardini
del nostro presente, pulseranno di quell’energia che lo stesso
Imperatore ha trasmesso loro.
Lui, stupor mundi, è rimasto immortalato nelle sue opere. Forse
in tutto ciò c’è un tocco di magia che già Merlino,
in tempi non sospetti, aveva predetto scrutando le stelle. O forse è solo
la nostra fantasia che aleggia in altre dimensioni! C’è di
fatto che il viandante, di qualsiasi nazionalità sia, di qualsiasi
credo e cultura, resta stupito, incantato, rapito da quelle bianche
mura perse nelle ormai deserte stanze in cui si entra in punta di piedi,
sapendo che qualcosa tra il sacro e il profano ancora è lì,
pronto a catapultarci nei meandri di un misterioso passato che ci appartiene,
perché un po’ ci piace credere che, perché no,
potremmo essere i discendenti più o meno legittimi del carismatico
Federico.
Perché, se è vero com’è vero che ha tanto
amato queste terre, perché non dovremmo poter credere che in
noi ci sia un po’ del suo talento, del suo genio, del suo codice
d’onore, o delle sue debolezze d’amore e che lui stesso,
sfidando gli inferi, continua da valido condottiero a guidare le nostre
vite alla ricerca dell’arcano mistero da svelare, il mistero
di un passato dal quale forse, nostalgicamente Federico prima o poi
tornerà, così come è sempre tornato qui, nella
sua diletta Puglia per concedere riposo al suo stanco spirito, perché il
mistero, o per meglio dire il suo desiderio, come il desiderio di ogni
altro uomo, potrebbe essere racchiuso nella ricerca dell’immortalità che
di certo Federico ha raggiunto, racchiudendo le sue energie positive
di vita, che aspettano solo di ricongiungersi al suo corpo, fra le
bianche mura dei suoi castelli stagliati verso il cielo infinito.
Maria Pagnotta (aprile 2003) << vai all'indice del canale |