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Federico II e Barletta
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FEDERICO II E BARLETTA

Federico II è uno dei più importanti personaggi della storia della Puglia. Riscoperto clamorosamente dieci anni fa, nel 1994, in occasione dell’Ottavo centenario della sua nascita, attraverso una eccezionale serie di studi monografici sui diversi aspetti della sua multiforme personalità, dopo un periodo di pausa, in questi ultimi tempi, la sua immagine è tornata attuale. Conseguenza, probabilmente, anche della grande affluenza di turisti, specialmente tedeschi, che ogni anno vengono in Puglia per conoscere la terra prediletta del grande imperatore svevo, affettuosamente apostrofato come Puer Apuliae.
E infatti la Puglia è la regione che più di ogni altra egli amò e frequentò, specialmente nei periodi autunnali, quando scendeva nella nostra regione per ritemprarsi delle campagne militari che lo avevano visto impegnato nel Nord Italia.
In Puglia numerose erano le località dei suoi ritorni, legati specialmente ai luoghi delle sue permanenze che ci ricordano innanzi tutto i suoi numerosi castelli. Fra nuovi e restaurati, nella nostra terra ne realizzò non meno di venti.
Il più noto e famoso di tutti è certo Castel del Monte, per quanto paradossalmente non esistono molte notizie su questo famoso maniero, mentre la sua abituale, permanente presenza in Puglia era nella reggia di Foggia, della quale purtroppo non è giunto fino a noi che l’archivolto del portone principale, con l’iscrizione dell’attribuzione del manufatto e della data dell’inizio lavori.
L’imperatore frequentò molte altre città pugliesi, fra le quali Apricena dov’era un locus soleciorum, una palazzina destinata alla caccia dove non è improbabile che abbia scritto parte del suo De Arti venerandi cum avibus; Melfi, dove nell’estate del 1231 promulgò le sue famose Constitutiones, un corpus di circa duecento leggi; il primo organico codice mestierale; dopo quello di Giustiniano, ormai vecchio di oltre mezzo millennio; e Barletta che - non dobbiamo dimenticare - dopo la distruzione di Bari nel 1156, diventò di fatto la nuova caput Regionis, secondo la definizione di Giovanni Pontano, ministro di re Ferrante d’Aragona.
E in realtà anche se l’imperatore non amava particolarmente questa città costiera, preferendole Foggia e i luoghi della Capitanata, tuttavia, in occasione di importanti appuntamenti con la storia del suo Regno, fu a Barletta che convocò importanti assemblee che orienteranno i destini dell’impero.

Barletta e Federico II

Intanto, nel 1224, dopo aver terminato la costruzione della reggia di Foggia, Federico mise mano, a Barletta, alla costruzione, sulle vestigie della rocca normanna, di una domus, ancora adesso intatta nel suo impianto architettonico sobrio e potente al tempo stesso. Ubicata nell’ala est del castello, oggi è occupata dalla Biblioteca Comunale.
Tra gli appuntamenti più significativi del periodo svevo: il 25 aprile del 1228, dalla platea magna del Castello (l’atrio interno non conteneva tutti gli invitati), l’imperatore annunciò al mondo la partenza della VI Crociata. E fu sempre dal castello di Barletta che l’anno dopo, nel corso di quasi tre mesi (10 giugno-23 agosto) organizzò la rivincita contro il Papato e la riconquista del Regno. Nel 1230 Federico, raggiunto finalmente un onorevole compromesso col Papa, iniziò la riorganizzazione del Regno, e fra le sue prime iniziative, ci fu quella di istituire due scuole per funzionari regi, una a Melfi (generica) e la seconda a Barletta, per addetti al controllo delle finanze del Regno, che va sotto il nome di Schola Ratiocinii, che anticipò di secoli l’attuale Corte dei Conti.
Specialmente all’inizio degli anni Trenta, Federico stabilì un buon rapporto con la città di Barletta e in particolare con la sua chiesa principale, S. Maria Maggiore, attraverso una serie di decisioni che contribuiranno alla crescita della principale basilica di Barletta. Intanto, secondo i più recenti studi (per tutti Pina Belli d’Elia), fu durante il periodo svevo che la chiesa madre di Barletta, di stile romanico, si elevò in altezza, sia come facciata che con i finti matronei. Ma soprattutto, nel 1234, il sovrano, da Salpi, concesse alla chiesa barlettana la Fiera dell’Assunta, una delle otto più importanti fiere del Regno, che avrebbe contribuito ad arricchire, coi suoi commerci, l’economia della città.
È di questo periodo la composizione da parte del sovrano di alcune controversione scoppiate fra l’arcipretura di Barletta e l’arcivescovado di Trani. A gennaio del 1235 risale una sua permanenza a Barletta nel corso della quale organizzò il suo secondo viaggio in Germania, dove avrebbe represso la ribellione del figlio Enrico e sposato la bella principessa Isabella d’Inghilterra.
Nel 1237 il castello di Barletta ospitò alcuni prigionieri fatti a Cortenuova, mentre due anni dopo il Sovrano sventò un tentativo di accordo fra il papato e Venezia, diretto all’infeudamento di Barletta. E finalmente, del 1246, è l’ultimo importante appuntamento che lega il nome dell’imperatore alla città, cioè la promulgazione delle Constitutiones “Occupatis”, dal nome della prima legge, un corpo organico di leggi integrative e modificative delle Constitutiones Melfitane. E ancora, del ‘47 è una ulteriore inchiesta dell’imperatore, sulla legittimità (riconosciuta) a favore della chiesa barlettana contro quella tranese.
Grande fu il legame che unì Federico II alla città di Barletta, e quelle ricordate sono solo alcune delle volte ch’egli vi mise piede. E tuttavia la città è scarsamente consapevole di questo legame, oggi soprattutto tenuto in vita dal famoso busto che riproduce le fattezze dell’imperatore.
Così, oggi che ci avviamo a far rivivere il culto dell’imperatore e la sua veicolazione anche a scopi turistici nell’ambito comprensoriale (come ripresa e continuazione del progetto di “Puglia Imperiale”) è bene non dimenticare la storia dei rapporti intrattenuti dal sovrano con la nostra città, e questo certo non per ragioni di campanile, ma solo per una esigenza di verità storica, e anche perché noi Barlettani, poco propensi alla valorizzazione dei nostri beni culturali, possiamo cominciare a recuperare alcune parti della memoria storica dimenticata.

P.R. (giugno 2004)

Barletta città federiciana

Nell’Apulia dei cinquanta castelli di Federico, tra le città che, senza finzioni retoriche, possono dirsi sue, è Foggia, la capitale, residenza imperiale e sede della prima Corte dei Conti della storia, che in Santa Maria conservò i visceri di Federico; Bitonto, tesoreria delle imposte abruzzesi; Brindisi, zecca degli augustales aurei e scalo crociato di andata e ritorno del re di Gerusalemme per dote della francesina Jolanda di Brienne, che qui pure sbarcò e sposò; Andria, la fidelis di certi versetti apocrifi, che custodisce il gran sonno pugliese di Jolanda che vi morì partorendo Corrado e, otto anni dopo, anche di Isabella d’Inghilterra, lei pure morta di parto a Foggia; Gioia del Colle, dove forse accadde lo stesso alla piemontese Bianca Lancia d’Agliano, madre di Manfredi; Gravina, scelta per le grandi Curie Provinciali di maggio e novembre; e Lucera che, con Bari e Taranto, fu piazza per le tre grandi fiere annuali che da giugno a settembre movimentano i mercati pugliesi.
Barletta è diversa e di più. Non sede occasionale di vicende personali o di amministrazione di routine, ma scelta da Federico per elaborarvi grandi progetti strategici che segnarono il destino del Regno. Nel 1228 l’organizzazione della VI Crociata annunciata al mondo dalla platea magna della sua domus castellare appena -terminata, e nell’estate dell’anno dopo, la riconquista del Regno in danno del Papato che aveva scomunicato il sovrano renitente; fra luglio e agosto si riuniscono a Barletta i capi di stato maggiore per elaborare i piani della riconquista. È l’unica volta che siamo in grado di conoscere i nomi dei quadri superiori dell’armata federiciana: i conti Eberardo di Helfestein, Enrico di Neifen, Eberardo di Illereichen, Gherardo di Arnstein, Marcovaldo di Wildre, il langravio di Leuchtemberg, il duca Rainaldo di Spoleto, il maresciallo Riccardo Filangieri.
Nel dicembre del 1234, manifestando il suo animo benevolmente predisposto verso la comunità barulitana, conferì alla città e alla chiesa di Santa Maria il privilegio della Fiera dell’Assunta, in un documento che si presenta come la Magna Charta dei diritti fiscali ed economici dell’ecclesia e della civitas barulense, pergamena che con il suo sigillo in cera alba, ritroveremo nei tribunali angioini come inderogabile punto di riferimento per almeno settant’anni.
Ben più vasto e determinato quanto avvenne dodici anni dopo alla Dieta tenutasi nella Curia imperiale di Barletta. È la rifondazione del Regno. Federico, deposto dal papa Innocenzo IV nel luglio 1245, non è più formalmente imperatore. Come contraccolpo, nel giugno dell’anno dopo, a Grosseto, assistiamo a un tentativo di vero colpo di stato con l’eliminazione fisica del suo capo. Il complotto, benché soffocato nel sangue, ha visto congiurare i fedelissimi e i più alti dignitari della corona.
È in tale contesto che nel castello di Barletta, nel sollemne Colloquium dell’ottobre 1246, promulga un vero corpus legislativo, dove ristruttura in senso più accentrato l’intero assetto giuridico-amministrativo dello Stato, ne ridisegna la compagine dei funzionari, articola la vertebratura della feudalità, inasprisce le pene sostituendo le mutilazioni con la decapitazione. Del famoso Liber augustalis comunemente considerato comprensivo della normativa melfitana, in realtà è quella barlettana che, con ben 57 titoli, occupa il 46% del primo libro.
Vanto di Barletta è, pur se reperto fortuito, il celebre busto di Federico che, unico, forse gli assomiglia. Epperò ben più ce ne restituisce la concezione del potere, l’aquila spiegata e leporina che egli volle nel sesto acuto di una bifora del castello e che artiglia la preda: simbolo iconografico rarissimo della razionalità che domina l’animalità.

Raffaele Iorio (giugno 2004)

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