LETTERA APERTA AL PROF. RAFFAELE LICINIO SUL BUSTO DI FEDERICO II E ALTRE COSE DI CASA SVEVA
Caro Licinio,
sono restato francamente
deluso della tua irosa
risposta alla mia pacata lettera
(Gazzetta del Mezzogiorno del
26 settembre) nella quale informavo
i lettori che il Ministero
dei Beni Culturali aveva scelto
quindici opere d’arte in Italia
per sottoporle a restauro, chiedendo
un contributo attraverso
la pubblica sottoscrizione di un
euro. Per la Puglia era stato
scelto il busto di Federico II ed
io - oltre l’informativa e l’invito
a concorrere all’iniziativa - garbatamente
coglievo l’occasione
per auspicare che i detrattori di
quella effigie (Brando e Licinio)
si ricredessero del loro perentorio
negativo convincimento espresso in ogni occasione scritta o convegnistica.
E mi aspettavo sì un tuo intervento sull’argomento, ma orgoglioso di
tanto onore, tanto più che recentemente tu e il Centro Studi da te diretto
siete stati chiamati a dare la vostra consulenza sul progetto di “Itinerari
federiciani” (art. 5 L. 135/2001), con prospettive di redditizi ritorni turistici,
secondo l’illusoria speranza dell’assessorato promotore. E invece…
Per la chiarezza delle posizioni, io non sostengo che quel busto
appartenga con assoluta certezza al sovrano staufico (non ho mancato
occasione per precisarlo), ma ne sono moderatamente convinto (basta
confrontare la ricca monetazione per farsene una prima approssimativa
idea), come lo è del resto la generalità degli studiosi (praticamente
novanta biografi su cento gliene attribuiscono la paternità, sia pure con
qualche beneficio del dubbio), compresi gli autori della recente trilogia
della “Treccani” sul sovrano svevo curata da Cosimo Damiano Fonseca.
Dello stesso avviso il Ministero dei Beni Culturali, attraverso questa
iniziativa; così come, qualche sera fa, nell’atrio castellare di Barletta,
il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola nonché l’esimio critico
d’arte Achille Bonito Oliva, il quale ha introdotto il suo intervento
porgendo il suo referente saluto a un illustre ospite di pietra in mezzo
a noi! che era lì, a due passi, nella cappella angioina. E da ultimo, in
questi primi giorni di ottobre, undici sindaci del Patto territoriale Nord
Barese Ofantino (dieci della Sesta provincia più quello di Corato) si
sono incontrati a Castel del Monte per sottoscrivere un protocollo d’intesa
finalizzato al rilancio del nostro comparto turistico-culturale, sotto
l’egida di Puglia Imperiale.
Quel che mortifica, nel tuo atteggiamento, Licinio, non è tanto il drastico
convincimento di quella inattendibilità (questa tua categoricità sì,
convinzione preconcetta), ma il modo provocatorio con cui la sostieni di
fronte a uditori allibiti e sconcertati che tu, per tua stessa ammissione, ti
compiaci di scandalizzare. Per questo mi ha rammaricato la tua offensiva
risposta, dove non hai usato argomentati giudizi per contrastare i
miei convincimenti, ma ti sei lasciato andare ad una sequela di ingiuriosi
apprezzamenti con l’unico e deliberato intento di schernirmi, ritenendoti
pago di aver consumato così la tua ritorsiva rivalsa.
Caro Licinio, possibile che non ti sei accorto che le tue tesi sullo Svevo
(sbrigativamente, un monarca oggetto di una esagerata ammirazione
da parte di Pugliesi creduloni) non solo non sono granché condivise, ma
anzi mortificano chi le ascolta? E invece sì, credo proprio che tu ne sia
consapevole, perché lo sottolinei tu stesso, compiaciuto, nella pagina
introduttiva al saggio di Marco Brando su Lo strano caso di Federico II di
Svevia, trascrizione semplificata del tuo svevo-pensiero. E quel tuo provocatorio
atteggiamento di cui ti compiaci in quella pagina, hai utilizzato
talvolta anche presso qualche uditorio barlettano, come quando due
anni fa scandalizzasti una nutrita assemblea di alunni e docenti nell’aula
magna del Liceo Classico esordendo, se ne ricordano ancora, col definire quel busto con espressioni dileggevoli. Oppure quando, qualche
mese dopo, fosti ospite del cinema “Opera” per presentare a un pubblico
rarefatto sempre lo stesso testo brandiano; c’erano appena una decina
di spettatori e a parte i tuoi studenti, quei pochi altri se ne andarono
scioccati dalle tue tesi antifedericiane e con qualcuno entrasti anche in
un vivace alterco, come con quella docente che aveva solo avuto il torto
di citare le stereotipizzate espressioni Puer Apuliae e Stupor Mundi. Né
fu un incidente di percorso perché - e lo ammetti tu stesso - medesimi
contrasti si ripetono puntualmente in tutti i dibattiti dove tu racconti il “tuo”
Federico, a un pubblico sempre più perplesso e disorientato.
Da ultimo, la tua intollerante risposta, sulla Gazzetta del Mezzogiorno
del 28 settembre, alla mia corrispondenza da Barletta su quel
restauro. Un’occasione unica, straordinaria per la valorizzazione, da un
palcoscenico nazionale come RAIUNO, dell’arte pugliese rappresentata
da quel busto, e tu invece, direttore del Centro di Studi Normanno-Svevi,
anziché cogliere l’occasione per invitare tutti (specialmente i Pugliesi) ad
aderire all’iniziativa, non hai trovato di meglio che prendertela con me
per le mie convinzioni fi lofedericiane (quando l’amore è cieco? parafrasandoti
replicherei: quando l’intolleranza è cieca).
Ancora controcorrente! E coi toni biasimevoli della peggiore insofferenza
che ci si possa aspettare da un cattedratico del tuo prestigio.
Rifletti, Licinio; perché pretendi che tutti la debbano pensare come te,
con l’aggravante che sei consapevole di irritare gli uditori quando esprimi
queste tue personalissime convinzioni? Ulteriore motivo per cui dovresti
essere più riguardoso verso le altrui opinioni, specialmente se largamente
condivise, mentre preferisci offendere chi non condivide le tue, trasmettendo
le stesse insofferenze (per usare un’espressione eufemistica) ai tuoi
scalpitanti allievi.
Vedi, Licinio, ho sempre creduto che un docente universitario debba
essere la personificazione dell’equilibrio, del senso della misura da trasmettere
specialmente ai propri studenti, mentre i tuoi discepoli, sedotti
dal tuo carisma, non mancano occasione per partecipare ai convegni
federiciani per suffragare le tue stesse argomentazioni, se possibile
con maggiore intransigenza della tua. Come quando teorizzano
la peregrina tesi che il castello di Barletta sarebbe solo normannospagnolo,
deliberatamente eliminando - per loro stessa ammissione
- l’aggettivo “svevo”, locuzione rabberciativa da loro coniata questa
estate per pieghevoli a larga diffusione turistica, per colmo di impudenza
finanziati con contributi pubblici.
Caro Licinio, a legger meglio la tua censoria recensione, c’è poi
una vistosa sperequazione nella tua reazione ai due interventi sul
busto di Federico, tra il mio, tacciato di impudenza e imperizia, e l’inesplicabile
silenzio con cui hai invece accolto le analoghe, semmai più
entusiastiche valutazioni del sindaco Nicola Maffei, che a nome della
città di Barletta parla di questa iniziativa ministeriale come di una
straordinaria opportunità per poter tutti cooperare alla salvaguardia di
un’eccezionale testimonianza dal valore storico e artistico incalcolabile
che rappresenta e contraddistingue, fra l’altro, la nostra comunità
ovunque (il testo completo più avanti, in apertura del bollettino istituzionale).
E perché allora prendertela soltanto con me, ingenerando il
dubbio di una sospetta discrasia di giudizi?
Attesa questa profonda diversità valutativa sull’effigie del monarca
svevo, credo che - a questo punto - sia doveroso, per il primo cittadino,
avere un chiarimento con te e il tuo gruppo, sulla continuazione
della vostra dispendiosa collaborazione con la città.
Penso che la nostra querelle rappresenti il substratus di residuali
grumi di anacronistiche disfide ideologiche, dovute alla tua irritazione
perché mi sarei permesso di invadere il tuo orto accademico (del
resto non era la stessa critica che muovevi a Ele Iorio?); per cui, per
recuperare la trasparenza di un reciproco rispetto, d’ora in poi auspico
l’indulgente comprensione dei reciproci convincimenti, nell’ambito
delle rispettive aree di impegno culturale. Tu, continuando nell’esercizio
dottrinale della tua cattedra barese dall’alto del tuo magistero (lo
dico senza ombra di ironia), ed io perseverando nella divulgazione di
cose sveve attraverso i miei libri che, vivaddio, finora hanno trovato
numerosi consensi sia nel mondo accademico (lo certificano le autorevoli
firme di docenti che mi hanno gratificato delle loro “introduzioni”
nonché l’assegnazione del Federichino iesino) che presso il pubblico
dei lettori non solo della mia città.
Così ognuno potrà continuare a svolgere il proprio ruolo con buona
pace di tutti: ma per carità, Licinio, basta con l’irosa causticità,
un’intolleranza che ha raggiunto livelli inauditi, quando - ritorsivamente
- avete recentemente deciso di rimuovere i miei libri su Federico
dal vostro Centro di Studi Normanno-Svevi ospitati nella nostra Biblioteca
Comunale (mentre dovresti sapere che la mia Cronaca - introdotta
da Vito Fumagalli - gode di un certo prestigio in numerose
università italiane). Così il mio pacato invito è che se ci fossero ancora
occasioni di contraddittorio, ci si possa confrontare sulle rispettive
opinioni, senza gratuite ingiurie e diffamatorie illazioni.
A meno che non sia la resa dei conti (consentimi un filo di ironica
sdrammatizzazione) di una vecchia disputa giudiziaria fra di noi contesa
tanti anni fa - senza giudizio di appello - all’ombra delle diroccate
mura troiane. Ricordi? In una calda serata dell’estate del ‘95, sul sagrato
della cattedrale di Troia, imbastimmo un “processo a Federico”;
tu sostenevi l’accusa, io la difesa. Rammento quell’esperimento con
molto piacere, la tua sobria ironia, la tua contagiosa amabilità. Mi
piacerebbe ritrovare un Licinio così, distaccato e pacato, disincantato
interprete del copione di una vicenda consumata otto secoli fa, proiettata
nel cono di luce della grande storia.
Cordiali saluti e buon lavoro.
Renato Russo (ottobre 2009)
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