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Mons. Giuseppe Damato e il ruolo da lui avuto nella rinascita storica e folkloristica della Disfida

La popolarità gli è rivenuta dal suo attaccamento a Barletta trasformatosi poi in passione di storico locale, in cerca avidissima di quanto potesse essere preservato dall’ingiuria del tempo, dall’incuria e dalla dimenticanza.
Questa affermazione, riportata nel necrologio ufficiale dell’Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie, ci delinea in poche battute la figura molto nota del sacerdote barlettano mons. Giuseppe Damato (1886-1984). Chi lo ha conosciuto non lo ricorda mai stanco, piuttosto sempre in movimento come torrente in piena, suscitatore di emozioni e trascinatore di folle, capace di trasmettere quei valori cui fortemente egli credeva.
Mons. Damato non fu uno storico nel senso più classico e tradizionale della- parola, ma le circostanze del tempo in cui è vissuto e dalle quali si è lasciato coinvolgere, di fatto, gli hanno riconosciuto questo merito. La travolgente passione per la sua Barletta e la sua storia lo spinsero a scrivere ben otto volumi,- quattro dei quali sulla Disfida di Barletta e sulla sua rivalutazione storica. Ed è proprio in merito a questo argomento che voglio soffermarmi. Possiamo, con cognizione di causa, affermare che il legame tra mons. Giuseppe- Damato e gli avvenimenti del 1503 sia di fattore “genetico”, per il fatto stesso che egli nacque nel celebre palazzo - proprietà di famiglia - in cui a piano terra è incastonata la “Cantina della Disfida”. Questa vicenda di storia locale lo aveva- affascinato da sempre, in quanto vide in essa la “prima affermazione di italianità offesa - com’ebbe egli stesso a scrivere - in un periodo di servaggio e sublime affermazione di religiosità”.
Per questo, nel pieno della maturità degli anni, nel novembre- 1931, già lo vediamo tra i più ferventi promotori della ribellione,- per l’ingiusta scelta del capoluogo di Bari a sede del Monumento Nazionale della Disfida. E non ci meravigliamo se per questa giusta causa, grazie alla sua volontà indomita, continuò caparbiamente a lottare tanto che, finalmente, alla veneranda età di 94 anni, riuscì a far eternare nel bronzo quello che dal 1867 era rimasto bozzetto in gesso, dello scultore romano Achille Stocchi, raffigurante Ettore Fieramosca nell’atto di abbattere Guy De La Motte. Il monumento fu inaugurato il 9 marzo 1980.
Sempre in virtù di quella passione di “custode” delle antiche testimonianze- (si pensi alla scoperta del busto di Federico II di Svevia e del preistorico monolite Menhir di Canne della Battaglia e agli oltre cento pezzi di valore storico e artistico da lui consegnati al Museo-Pinacoteca comunale) rivalutò l’avvenimento della Disfida, oltre che dal punto di vista documentale, anche da quello folkloristico, come rappresentazione e rievocazione annuale. La prima edizione- si ebbe nei giorni 12-13 e 14 febbraio del 1965, a cura del Comitato “Madonna della Disfida”, i cui animatori furono il presidente, cav. Damiano Daddato e il suo ispiratore, nonché consulente storico, il nostro mons. Damato.- “La celebrazione, come annunziata, venne effettuata con esattezza e con serietà. Non si esagera: giudizio laudativo generale, entusiasmo generale, meraviglia per tutti. Certo di tanto non si aspettava, data l’iniziativa da un modesto Comitato di operai e la scarsità di mezzi”. Fu il commento dello stesso mons. Damato ai risultati di quello storico evento.
A distanza di 20 anni dalla morte (19 gennaio 1984), mons. Giuseppe Damato, felicemente chiamato dal compianto arcivescovo mons. Giuseppe Carata- “il quattordicesimo cavaliere della Disfida”, continua ancora ad attirare lo sguardo e la simpatia del passante frettoloso che sfiora il suo monumento collocato in piazza Plebiscito, realizzato dallo scultore barlettano Nunzio Quarto, in atteggiamento proteso verso il raggiungimento della chiesa di S. Giovanni di Dio di cui fu rettore per circa 60 anni. Il monumento fu inaugurato, cittadini plaudenti - grazie all’interessamento del cavaliere Damiano Daddato, suo fedelissimo e inseparabile collaboratore - il 31 luglio 1985, nella ricorrenza dei suoi 75 anni di sacerdozio, in segno di gratitudine e di immutata riconoscenza.

sac. Sabino Lattanzio (Dicembre 2003)

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