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BARLETTA NEL CINQUECENTO
al tempo della Disfida e della dominazione spagnola

Al tempo di Barletta provincia
anzi, caput regionis

Anche quest’anno, per Natale, esce un libro di Renato Russo, sulla storia della città, dedicata, questa volta, alla ricostruzione della vita quotidiana a Barletta nel Cinquecento, quindi ai tempi della Disfida, ma anche oltre, abbracciando anche il Seicento e quindi il tempo della dominazione spagnola.
Il libro è diviso in sei parti: la storia (che abbraccia tutto il tempo della dominazione spagnola); la società del tempo e la vita quotidiana, soffermandosi nella prima parte sui diversi ceti cittadini e nella seconda su aspetti peculiari della quotidianità urbana, come l’arredamento, l’abbigliamento e l’alimentazione; poi il governo della città, partendo dagli Statuti concessi da Re Ferrante d’Aragona, per giungere ai diversi gradi dell’Amministrazione provinciale della città; fondamentale è la quarta parte dedicata all’economia cittadina, mentre la quinta si sofferma sul territorio, e in particolare sulle mura, le porte, il castello, il porto, ma anche sui palazzi e le chiese. Conclude il volume un lungo excursus sulle nobili famiglie barlettane e sui personaggi di maggior spicco (sul retro il sommario).
È un tempo dominato sì dalla celebre Sfida fra Cavalieri francesi e italiani vinta da questi ultimi, ma è anche il tempo in cui Barletta, almeno fino alla peste del 1656, era caput regionis. Invero questa è una espressione usata solo da Giovanni Pontano, primo ministro di re Ferdinando I d’Aragona, ma innumerevoli sono le attestazioni documentali che parlano, in quel tempo di Terra Baroli, sottintendendo così che Barolum fosse capoluogo di provincia, e questo dal 1156, anno della distruzione di Bari. Queste notizie sono approfonditamente illustrate nel libro di Russo, specialmente nel capitolo dedicato al governo della città. Ma non solo in quello.
Barletta infatti faceva onore, a quel tempo, alla sua fama, di città ricca di chiese, di palazzi, di alte mura e di un poderoso castello, di un trafficatissimo porto, di un commercio intensissimo entro e fuori delle sue mura, così come è anche confermato da un passo estratto da una monografia che Francesco Carabellese scrisse all’inizio del Novecento e che noi abbiamo estrapolato dalla prefazione al testo.

 

Quando la storia è più avvincente di un romanzo

Ed è per questo che, durante le manifestazioni del V Centenario della Disfida, abbiamo puntualizzato che dovevamo sì celebrare il romanzo del D’Azeglio, ma che questo racconto era pur sempre una parte della storia della città in quel secolo, il più ricco di avvenimenti per Barletta e per la sua plurimillenaria vicenda, sullo sfondo di una straordinaria cornice rinascimentale, dominata da personaggi straordinari in politica (Lorenzo il Magnifico, Ludovico il Moro, Ferdinando d’Aragona), nell’arte (Leonardo, Michelangelo, Raffaello) ma anche della storia, della letteratura e della navigazione (Francesco Guicciardini, Ludovico Ariosto, Cristoforo Colombo).
È in questa prospettiva che l’autore ha voluto tentare una rilettura in quei tempi, dagli ultimi anni della dominazione aragonese a quella spagnola, una dominazione bisecolare, segnata da grandi opere pubbliche (l’ingrandimento del castello, il completamento delle mura, la ricostruzione delle chiese distrutte dalla furia devastatrice francese), ma frustrata da terribili avvenimenti, come l’epidemia pestilenziale che a metà del XVII secolo decimò la popolazione. Ma un tempo caratterizzato anche dalle cospicue attività commerciali e, di converso, da una penalizzante imposizione fiscale, dalla costruzione di nuovi prestigiosi palazzi e dalla nascita di importanti masserie, che arricchiranno l’economia della città, alimentate dalla feconda collaborazione dei patrizi barlettani con alcune nobili e facoltose famiglie spagnole che finiranno, col tempo, per integrarsi completamente nella città. Luci e ombre che getteranno le basi della futura, moderna Barletta.

Francesco Gentile (Dicembre 2003)

Barletta nel Cinquecento

Era Barletta, all’inizio del Cinquecento, una città ricca di chiese, di palazzi, di monumenti, dal palazzo del Capitano Regio per via della Cordoneria (corso Vittorio Emanuele) fino alla porta del Santo Sepolcro, e più in giù, alla chiesa di Sant’Andrea, in prossimità del mare, tutto un vivaio animatissimo di botteghe, di magazzini, di mercanti paesani e forestieri, di mercerie, spezierie, sarti e calzolai, frequentata da artisti, artigiani, gran signori e facoltosi commercianti; fortificata da alte e robuste mura, difesa da un possente castello, dotata di un porto trafficatissimo, la città non solo la più forte ma anche la più ricca delle città pugliesi, se non di tutto il Mezzodì, dopo Napoli. Nella quale operavano i Peruzzi, i Bardi, gli Acciaiuoli, i Medici i quali avevano collegato i loro banchi con quelli di mezza Europa, con quelli di Bruges, di Anversa, di Londra. Questa era dunque Barletta al sorgere del secolo XVI, che poteva comodamente dare alloggio alle milizie italo-ispane di Consalvo da Cordova durante il famoso assedio, del quale la Disfida non fu che un episodio (…).
Ora, Barletta è conosciuta nel mondo e nella tradizione storica come la città della Disfida che - il 13 febbraio 1503 - provò non essersi spento il profetico desiderio del Petrarca: “virtù contra furore prenderà l’arme, e fia il combatter corto, che l’italico valore nell’italici cor non è ancor morto”. Questo giorno segnava per la città di Barletta la fine del Medioevo e l’inizio dell’Età moderna, la lunga età che, dopo la serie dolorosa di invasioni straniere, come profetava il Machiavelli conchiudendo il “Principe”, doveva veder sorgere la sua redenzione nazionale.

Francesco Carabellese

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