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DE NITTIS A 160 ANNI DALLA NASCITA
IL DESTINO CRITICO DEL GRANDE ARTISTA IN UNO STUDIO MONOGRAFICO DI MARIA COPETA

Per ricordare i 160 anni della nascita di Giuseppe De Nittis, vogliamo segnalare ai lettori una tesi di laurea sul grande artista barlettano di Maria Copeta.
La tesi, discussa con il prof. Alfredo De Paz (facoltà di Lettere e Filosofia della Università di Bologna) è intitolata: Giuseppe De Nittis, percorsi critici attraverso la poetica pittorica, tesi di laurea in Metodologia della Critica delle Arti. La monografia, di 180 pagine, è introdotta da una citazione dello stesso De Nittis tratta dal suo “Taccuino”: Amo la vita, amo la natura. Amo tutto ciò che ho dipinto. A volte gli uomini hanno sciupato le cose. Se mio figlio un giorno mi dovesse domandare dove trovare la felicità, gli risponderei: nella pittura.
Quindi l’autrice sottopone alla nostra attenzione il cospicuo indice del suo lavoro, che ripercorre un po’ tutte le tappe della intensissima e pur breve vita dell’artista, soffermandosi in particolare sul lungo percorso critico che ha segnato la sua produzione artistica, non solo durante la sua vita, ma anche dopo la sua morte. Ne emergono delle interessanti valutazioni, che l’autrice affida ad alcune pagine introduttive dalle quali abbiamo stralciato questo pezzo.
Molte volte la Storia dell’arte si è appassionata alle vicende più drammatiche dei propri geni proponendoci chi, come ad esempio Van Gogh, in vita è stato escluso da una società che non sapeva che farsene del suo lavoro, il quale è stato ampliamente stimato solo dopo la morte, e chi, come ad esempio De Nittis, ha conosciuto un grande successo in vita, offuscato, dopo la sua morte, da un pesante silenzio intorno alla sua persona ed alla sua opera. E se di primo acchito si potrebbe pensare che il successo denittissiano sia stato dovuto alla sua permanenza in Francia e al suo avvicinamento agli impressionisti, probabilmente proprio questa è stata la causa del suo fallimento dopo la morte. La Francia avrebbe protetto e sostenuto prima di tutto i suoi figli, facendo dell’Impressionismo una propria icona, come del resto l’Italia aveva fatto a suo tempo con il Rinascimento. E strano che lo stesso De Nittis in vita non si sia reso conto di quale destino lo avrebbe atteso dopo la morte, dal momento che nel corso della sua attività ci sono stati diversi campanelli d’allarme: lo stesso Goupil aveva cercato di metterlo in guardia dicendogli: “Sapete che cosa vi hanno fatto i compagni? Sono venuti a trovarmi in commissione, con un elenco di firme. (...) Prima hanno fatto tutto il possibile per screditare il vostro talento, poi mi hanno fatto le loro rimostranze. (...) Mi hanno detto che sono un cattivo francese, un antipatriota perché sostengo la vostra pittura, la pittura di uno straniero”. C’è da dire anche che alla prima mostra degli impressionisti del 1874, tenutasi nello studio del fotografo Nadar, i suoi dipinti furono relegati nelle ultime stanze in una condizione luministica sfavorevole. Questo indusse De Nittis a non esporre più con il gruppo. Anche l’Italia non ha ripagato degnamente questo genio, ma probabilmente perché non se ne conosceva a fondo l’opera. Fortunatamente dalla seconda metà del secolo scorso è sorta come una gara al recupero del tempo perduto, una tardiva espiazione per la colpevole trascuratezza che la storiografia artistica italiana per un così lungo tempo aveva riservato a questo suo figlio dimenticato.
L’intera produzione pittorica di De Nittis può essere soggetto di una scansione tematica, la quale prevede tre grandi blocchi.
Innanzitutto una costante nell’opera di De Nittis è la pittura di paesaggio, che trova inizio nelle piccole tavolette dedicate allo studio di nubi, di fiumi e di mare, tutte eseguite en plein air durante il primo perio¬do napoletano e pugliese. Uno dei punti salienti degli anni napoletani e pugliesi è la riscoperta del paesaggio nativo; quel paesaggio dimesso, dimenticato per secoli dalla storia, che il pittore barlettano per primo ha rappresentato in tutta la sua intima bellezza e poesia nascosta. Nello sviluppo del paesaggismo denittissiano sono di straordinaria importanza gli studi del Vesuvio realizzati nel 1871-1872, dove l’artista fissa, con interesse quasi scientifico, il minaccioso monte in aspetti inediti e inquadrature nuove, mai rappresentate prima di lui. Interessanti sono anche gli straor¬dinari paesaggi invernali che percorrono tutta la produzione francese di De Nittis. Abituato al sole mediterraneo, la sensibilità artistica di De Nittis fu particolarmente colpita dalla visione del paesaggio innevato, dal suo cromatismo delicato, dalla sua luce come sospesa. Sempre nell’ambito del paesaggio sono da collocare i dipinti di soggetto londinese, nei quali sono riprodotti cieli grevi, brumosi, immobili, dominati da una intensa poesia malinconica.
Altra tematica cara al pittore barlettano è stata “la vita moderna”. Il “nuovo” che il giovane pittore intravede nella movimentata vita della città coincide con il progresso di cui il popolo francese è fanatico. È soprattutto la metropoli, che sia Parigi o che sia Londra, il luogo del moderno che De Nittis conquista gradualmente, fino a penetrarne le contraddizioni più seducenti. Con occhio ora ingenuo e ammirato, ora ironico e divertito, ora affettuoso ed eccitato, ora distaccato e malinconico guarda e registra il brulicante e precario universo urbano, cogliendolo nella sua coerente frammentarietà. Il racconto della vita quotidiana della metropoli, popolata da passeggiatori galanti e signore alla moda, si estende agli appuntamenti mondani e ai riti di una borghesia ricca e sfaccendata, protagonista ammirata della Parigi del tempo.
Ultimo soggetto ampliamente trattato da De Nittis riguarda il privato, l’universo femminile, gli affetti familiari. Come pochi altri artisti della sua epoca, De Nittis fu attratto dal mondo femminile, dalla sua grazia e dal suo fascino segreto. Le figure di donne appartengono quasi tutte alla borghesia benestante e si muovono con naturalezza nei luoghi di svago e di incontri sociali. De Nittis ha fermato le donne sulla tela e lo ha fatto in modo tale che esse dicano a noi quel che hanno detto a lui. In alcune silhouette di queste donne par di vedere sollevare il corpetto, e le labbra muoversi in un cicaleggio malizioso e leggero. Un posto di primaria importanza nell’opera di De Nittis rivestono, inoltre, i numerosi quadri dedicati a sua moglie Lèontine, e quei pochi dedicati a suo figlio Jacques. Lèontine fu la sua sola modella preferita, e tanti sono i dipinti che ritraggono quel volto fine, riservato, un po’ malinconico e sempre molto distante.
De Nittis fu anche un artista poliedrico e tutto egli provò nell’arte e in tutto riuscì con prepotenza. Maestro del pennello e della tavolozza, si volse anche al pastello, al carbone, all’acquaforte: mentre nei dipinti ad olio De Nittis utilizzò piccoli formati, nei pastelli realizzò, quasi sempre, delle figure a grandezza naturale; nell’acquerello l’artista raggiunse una fattura limpida e fresca; nel bianco e nero De Nittis fu un disegnatore preciso, impeccabile, dal tratto rapido ed incisivo; nell’acquaforte emulò i maggiori artisti all’epoca specializzati in questa tecnica. De Nittis si volle cimentare anche nella scultura e oltre a progettare e realizzare con Gallori il Monumento a Garibaldi, l’artista modellò vari busti, specie del figlioletto Jacques.
Lo studio della relatrice attraversa poi, nel corso della lunga esposizione, tutta la parabola artistica del pittore, documentando le varie tappe della sua articolata attività, i contatti in ambito italiano ed europeo, l’impatto con la cultura moderna. Si sforza quindi di approfondire gli aspetti biografici e creativi di un pittore che è stato fra i protagonisti del rinnovamento della pittura dell’Ottocento europeo ed un antesignano, forse inconsapevole, delle nuove correnti dell’arte alle quali un crudele destino non consentì di prendere parte.

(febbraio 2005)

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