Il nostro antenato non riposa più in un comodo letto e tutti
i giorni lo avveleniamo.
Per la sua salute la Natura prescrive il
Parco dell’Ofanto
Proviamo a ricostruire la breve ma già difficile vita del Parco
Regionale del fi ume Ofanto. Istituito nel 2007 con L.
R. 37/2007, il Parco dell’Ofanto era nato con l’auspicio di tutelare
l’unico corso d’acqua della Puglia, già fortemente antropizzato ed
a rischio degrado.
L’obiettivo della legge regionale era quello di conservare e recuperare
gli equilibri ecologici nonché le biocenosi, con particolare
riferimento agli habitat e alle specie animali e vegetali contenuti
nelle direttive comunitarie 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile
1979; ripristinare e rinaturalizzare gli ambienti, il paesaggio fluviale
e le zone umide; promuovere un modello di sviluppo ecosostenibile
che non alteri l’ambiente le risorse naturali e tanto altro.
Queste le basi su cui si fondava la tutela di un fragile ecosistema
com’è quello fl uviale in una zona da troppo tempo avvezza ad
un uso aggressivo del territorio.
Una volta istituito il Parco, come ormai avviene dappertutto
quando viene istituita una nuova area protetta, è cominciata la lunga
serie di attacchi e denunce delle solite organizzazioni di produttori,
agricoltori e quant’altro, che come al solito hanno gridato che
con il parco le attività agricole sarebbero state vietate, che si mettevano
a rischio le produzioni locali, che un’intera economia già
in crisi sarebbe stata soffocata per ragioni, a loro dire, incomprensibili
ed inaccettabili. Tutto questo gran vociare contro il parco,
in realtà è del tutto pretestuoso visto che già sull’area interessata
dalla perimetrazione insistono aree sottoposte ai vincoli delle SIC
(Siti di Interesse Comunitario) certamente più stringenti rispetto ai
vincoli del parco e che, stando alla legge istitutiva del Parco Regionale
dell’Ofanto, ha proprio come obiettivo finale la salvaguardia
e valorizzazione delle produzioni agricole di eccellenza che
insistono in quel territorio come chiaramente esplicitato nell’art. 5
della L. R. 37/2007, che contempla l’ordinaria prosecuzione delle normali attività agricole (aratura, concimazione, trattamenti chimici,
raccolta, pascolo, etc., e delle coltivazioni arboree).
Per cui la gran parte dei vincoli lamentati dagli agricoltori non
solo non hanno alcuna interferenza con l’ordinaria attività agricola,
che anzi, grazie all’esistenza del Parco sarebbe avvantaggiata
nell’accesso ad ulteriori fondi per le misure agro-ambientali previsti
nel Piano di sviluppo rurale per il 2007-2013, ma sembrano più
che altro rispondere a logiche di tipo diverso e cioè quelle legate
allo sfruttamento del territorio in modo intensivo ma soprattutto a
fare dell’Ofanto una vera e propria discarica a cielo aperto come
hanno dimostrato le nostre iniziative in questi anni. Penso alle varie
edizioni di “Operazione Fiumi” che hanno messo proprio in luce
l’assoluto degrado di un’area tanto bella quanto fragile e delicata
che solo con l’istituzione dell’area protetta può dare la possibilità
di continuare a vivere ed a garantire anche quella tipicità e tutto il
patrimonio naturalistico e faunistico che insiste su quel territorio.
Peraltro, anche sul fronte delle possibilità edificatorie, la L. R.
37/2007 prevede anche la manutenzione ordinaria e straordinaria
dei manufatti edilizi esistenti, il restauro e il risanamento conservativo.
Ponendo sì dei vincoli, ma solo alle spinte abusivistiche che
anche in quel territorio insistono. Tuttavia, nonostante la Legge
istitutiva non limitasse in alcun modo la prosecuzione dell’attività
agricole nel gennaio 2009, la Commissione Ambiente del Consiglio
Regionale Pugliese, in seguito alle pressioni degli agricoltori
e alla variegata e ampia coalizione di forze che sempre più
apertamente ha espresso il proprio dissenso alla realizzazione del
parco, ne ha rivisto la riperimetrazione e ha deciso per la riduzione
dal 38% dell’area del Parco, facendo scendere la perimetrazione
dell’Ofanto da 24.823 ettari a 15.307.
La giustificazione fu di tutelare maggiormente le attività agricole,
senza considerare invece che proprio l’area protetta avrebbe garantito
maggiormente la tutela e la conservazione, non solo di quel
territorio, ma soprattutto delle sue produzioni locali più tipiche.
Ora, nonostante la riperimetrazione gran parte del futuro del
parco dipende da quante risorse economiche, ma non solo, si investono
per far vivere il Parco come istituzione locale in grado di
rappresentare un punto di riferimento per il territorio e soprattutto
in grado di diventare un traino di sviluppo per un’area a forte vocazione
agricola schiacciata dalla crisi del mercato e dagli effetti
dei cambiamenti climatici.
Il Parco dell’Ofanto rappresenta certamente una risposta alla
crisi ed apre una porta per un futuro diverso che però tutti gli attori
istituzionali, economici, sociali e politici devono essere in grado
di attraversare, solo così si passerà dai vincoli alle opportunità,
dalla crisi allo sviluppo.
Aldo Fusaro (agosto 2010)
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