PORTALE DI INFORMAZIONE E ATTUALITA' SU BARLETTA E DINTORNI
home | abbonamenti | archivio il Fieramosca | lettere al direttore | redazione | contatti
Stella una ragazza comune di Ada Bollino
Ofanto fiume di Puglia
La forza della speranza di Michele Labianca
Quella maledetta voglia di vincere, Il romanzo del giovane Pietro Mennea di Renato Russo
 


OFANTO: UN VASO DI PANDORA CHE QUALCUNO VUOLE TENERE CHIUSO

Per capire le cause della formazione di schiuma nel nostro mare, basta prendere una bacinella piena d’acqua e versarvi dentro del comune detersivo liquido. Tranne la presenza di una insignificante serie di bollicine galleggianti, non vediamo altro, e se nessuno ci dice del detersivo, continueremo a ritenere l’acqua limpida e chiara. Poi, agitiamo l’acqua energicamente con la mano, si formerà una schiuma intensa che diventa più solida e abbondante se continuiamo ad agitare. Esattamente quello che succede nel nostro mare dopo una violenta mareggiata. Da dove arriva il detersivo? ho posto l’interrogativo a chi certamente ne sa più di me e la risposta è stata inequivocabile: nel mare se c’è schiuma c’è detersivo e se c’è detersivo c’è fogna e se c’è fogna c’è di tutto, anche se a volte ci appare “pulita”. Questa constatazione indurrebbe i meno informati a indicare come colpevole il depuratore, stoicamente e impropriamente assolto dai suoi gestori, nato già vecchio in fase di progettazione e insufficiente oggi. Un’attenta analisi ampiamente dibattuta in Commissione Ambiente Interna del PD di Barletta con l’intervento di valenti tecnici esperti, ha dimostrato però, che il nostro depuratore rimane solo una delle diverse cause che contribuiscono al disastro. Ci sono concause ben note da decenni agli addetti ai lavori, politici di destra e di sinistra compresi, e che non si possono più nascondere alla città. E se queste concause fossero analizzate e risolte seriamente una per volta, anche da una politica più attenta al “bene comune”, ai vari livelli, potremmo dire, finalmente, di aver cominciato a salire il primo gradino della lunga scala che porta al “mare pulito”. Perché, grazie a Dio il mare ha la proprietà di autodepurarsi se smettiamo di inquinarlo. Sulla litoranea di Ponente, oltre al depuratore insufficiente, ci sono il canale H e i suoi fratelli, che sversano in mare il loro misterioso contenuto, sui quali, è inutile appuntarsi patacche al merito, si è semplicemente avviato uno studio di fattibilità per un metodo che li intercetti e li depuri. A questi va sommato lo scarico dei reflui della Fiumara anch’essa dotata di un microdepuratore, certamente non sufficiente, poi, aggiungiamo anche il depuratore di Margherita di Savoia, che d’estate non scherza per numero di vacanzieri e nonostante la bandiera blu per i servizi, contribuisce a sporcare il “mare nostrum”.
Non dimentichiamo gli scarichi dei lidi, ormai tanti.
Ho volutamente lasciato per ultimo l’Ofanto, che mi piace definire in una incontestabile evidenza la “fogna delle fogne” che il mare riceve. Qualcuno mi aveva assicurato che in questo periodo, il letto del fiume fosse in secca e facilmente attraversabile e allora ho deciso con amici di risalire il fiume a mò di un Camel Trophy locale, per capire, se possibile, come e cosa scaricano nel fiume i 50 comuni che da esso ne traggono benefici, alimentazione e acqua potabile. Siamo partiti dalla foce su una vecchia jeep Uaz capace di affrontare il duro percorso. No, il fiume non era in secca, almeno 60 cm di un liquido marrone e maleodorante ci ha accompagnato ansa dopo ansa per diversi chilometri, in un panorama stupendo tipico di un documentario Discovery. Personalmente insisterei sul progetto-percorso naturalistico, vista la bellezza dei posti e il tipo di fauna incontrata. Ma la fotografia viene disturbata oltre dall’anomalia dell’acqua putrida, anche dalla visione di argini in alcuni tratti modificati, cementificati e con strane rampe di accesso al fiume come a volerci fare arrivare grossi mezzi. Dice un contadino “idrovore per rubare l’acqua che - si vanno a vendere - e per scaricare gli autospurgo di notte o per rubare sabbia e pietre”.
Ingombranti sono le presenze di carcasse di auto, immondizia e enormi cumuli di fetenti materiali inerti da demolizione, già segnalati con tanto di cartello “sottoposto a sequestro” o recentissimi ancora da segnalare. Lampante la mancanza di un minimo di manutenzione dell’alveo, in alcuni punti con gradoni di cemento, che impedirebbero un’eventuale risalita in canoa e degli argini bassi a tratti assenti perché sostituiti da vigneti spudoratamente abusivi su terreno demaniale, e irrigati con quell’acqua marrone.
Evidente la conseguente mancanza di quella flora indigena drenante naturale, tipica dei fiumi che oltre ad essere depurante è un freno alla prepotenza delle piene. Ha ragione il prof. Ruggiero Dellisanti, profondo conoscitore del sito, quando lancia l’allarme per il pericolo delle bombe d’acqua, che ingrossando la portata del fiume, nella sua discesa violenta a mare, non avrebbe freni nel devastare gli argini, esondando fino alla statale 16, come già successo in passato ma con conseguenze più gravi.
Scusate, forse ricordo male io, stiamo parlando di competenza e responsabilità Provinciale, ma non era stato un assessore della Giunta Ventola a gridare ai 4 venti che l’Ofanto grazie a quella Giunta sarebbe stato risanato? Vorrei chiedergli a che punto si è fermato o se ha mai avviato un’indagine sulle condizioni sia idromorfologiche che inquinanti del fiume.
Come mai non c’è traccia di sorveglianza provinciale o della forestale, visto che dovrebbe essere in funzione un Ufficio Direzionale del cosiddetto “Parco dell’Ofanto”? Ma chi della nuova Provincia, se ancora esiste, ha la delega al Fiume? Ho visto solo la macchina dei volontari del nucleo di vigilanza IFAE con Pino Cava scendere da un argine. “Sorvegliamo per quanto possiamo con forze e mezzi limitatissimi su un territorio vastissimo, segnalando alle forze dell’Ordine gli abusi ma anche per noi c’è crisi e mezzi e uscite costano. E nessuno ci aiuta!”. La passione e la sensibilità sono bei valori, ma senza soldi, non si canta nemmeno la Messa.
L’acqua putrida continua a scorrere lentamente dalle anse canosine nei pressi del ponte romano, mentre risaliamo dopo le rapide di Casalonga.
Bel panorama, un tempo lì con l’acqua verde smeraldo, si pescavano carpe e cavedani. La puzza tipica di un “canalone” ci assale. Cartelli dell’AQP avvisano che è vietato fare il bagno e pescare. Un’ordinanza del Sindaco dice che un nuovo invaso per la fitodepurazione dovrebbe entrare in funzione, lo stanno collaudando, intanto dal Lamapopoli su cui è dirottato il refluo del depuratore principale si scarica nel fiume “l’ira di Dio”. Mi raccontano di altro scarico incredibile all’altezza di San Ferdinando e cominciamo a chiederci, se tutto questo avviene nell’ambito BAT, sulla sponda opposta alta dove la competenza è la provincia di Foggia, tanto per capirci, dove scaricano Cerignola e sobborghi? E nell’Ofanto alto, quindi Irpinia e provincia di Avellino dove tempo fa a seguito di una misteriosa moria di pesci fu organizzata una petizione per il salvataggio del fiume, cosa succede? Gli ammortizzatori dell’Uaz hanno chiesto aiuto e il nostro viaggio purtroppo si è dovuto concludere, ma l’intenzione di ritornare su quei luoghi magari per un reportage fotografico da inviare a chi ha la responsabilità della salvaguardia del fiume, è molto forte e credo che “l’orgoglio barlettano” a prescindere dai colori politici, dovrebbe farsi sentire. Come intervenire? Insistere sulla pubblica denuncia evidenziando il problema ambientale in presa diretta. Certamente il mio impegno e quello della mia Segreteria non verrà meno, se passa l’estate sarebbe come rinviare ancora una volta il problema e la prossima estate canteremo con Pino Daniele “…e o mar sta semp là, tutt spuorc e chin e munnezz e nisciun o và guardà…”.
Ho riferito a Filippo Caracciolo, attivissimo nel suo rinnovato incarico di Presidente della V Commissione Regionale Ambiente, chiedendogli di incontrare prima tutti i tecnici esperti e conoscitori del fiume e poi i sindaci della BAT con l’Autorità di Bacino per un aggiornamento sulle situazioni dei relativi depuratori comunali e per capire se relazioni interregionali con la Campania e la Basilicata possono dar vita a un “vero” progetto di risanamento del fiume, che permetta il recupero di fondi della Comunità Europea a cui è possibile accedere fino al 2020. E sono convinto che Caracciolo lo farà!

Franco Ferrara
Segretario PD Barletta
(settembre 2015)

<< vai all'indice del canale

© 2003 - Editrice Rotas Barletta. Tutti i diritti sono riservati.