di Renato Russo
In esposizione, a Barletta, “Le signore in rosa” della
ricca produzione del ritrattista Giovanni Boldini che fra abiti vaporosi, pizzi
e scollature, ci ha tramandato la Belle Epoque in trine e lustrini.
Boldini, nato a Ferrara nel 1842, si trasferì a Firenze nel
1864 e di qui - dopo un breve soggiorno a Londra - raggiunse Parigi dove rimase
fino alla morte (1931).
Un percorso non molto dissimile da quello di De Nittis:
nato a Barletta nel 1846, dopo una permanenza a Napoli, nel 1867, ventunenne,
si trasferì a Parigi fino alla morte (1884). Prima di approdare a Parigi, i due
artisti si ritrovarono a Firenze, dove esposero alla “Promotrice fiorentina”,
promossa dai Macchiaioli. Incontrandosi, presso il Caffè Michelangelo, con
altri giovani pittori (Vito d’Ancona, Giovanni Fattori, Silvestro Lega,
Telemaco Signorini ed altri) come gli artisti napoletani della Scuola di
Resina, anche quelli fiorentini reagivano ai dogmi accademici del tempo e si
incontravano per descrivere la nuova
tecnica della “macchia”, da qui il nome dato al loro movimento.
I due artisti convissero nella capitale francese quindi per
quasi vent’anni dove è molto probabile che si siano incontrati, De Nittis
morirà a 38 anni, Boldini a 89. Entrambi eclettici, furono autori di olî,
pastelli, incisioni, tempere, acquerelli, con qualche differenza: Boldini non
amava dipingere en plein air, non era
un paesaggista. Era soprattutto un pittore d’interni, quindi numerose sono le sue
nature morte, ma col tempo affinò la sua tecnica per la ritrattistica, che
perfezionò soprattutto nel ritratto femminile di sofisticata eleganza.
De Nittis, più versatile nel ritrarre paesaggi, i più
svariati, fermi o in movimento, istantanee di Parigi, primaverili o autunnali (Mandorli in fiore nella campagna pugliese o Alle corse di Longchamps,Passeggiata nel bosco), oppure invernali (Passeggiata invernale, Effetti di neve,
Presso il lago). Lui pure, nella molteplicità della sua vena ispirativa,
abile ritrattista, di donne, in particolare, oggi in esposizione a Ferrara. I
numerosi ritratti femminili lasciatici da De Nittis sono realizzati con diverse
tecniche, soprattutto a olio, che il pittore preferiva perché esaltava la
trasparenza dei fondi e lo sviluppo delle tenui tonalità. Le figure femminili
denittissiane rappresentano straordinari modelli che trasmettono una particolare
sensibilità, immagini depurate dal primo descrittivismo di maniera, che
orienteranno nel tempo la loro tecnica innovativa armonizzando la sobrietà del
tratto pittorico, con la leggerezza introspettiva dell’immagine alla quale,
sovente, il Nostro conferiva un contenuto ispirativo sottilmente visionario.
Una
rappresentazione visiva filtrata - nella stagione della maturità - attraverso
la trasmutazione dei colori e della luce diffusa, un’impostazione che, più che
in altri campi, condividerà coll’ispirazione degli Impressionisti. Una galleria
di personaggi femminili straordinari, sui quali prevarrà il ritratto della
moglie Léontine, una donna che esercitò sul marito uno straordinario potere,
col tempo ispirativo non solo in chiave pittorica, ma anche di mera convivenza,
dal momento che finirà con l’organizzargli anche i ritmi delle sue giornate
lavorative e i tempi della sua produzione artistica. Fra i più famosi ritratti
della moglie, Giornata
d’inverno, tela che si arricchisce di sensibili luminescenze che conferiscono una
inconsueta trama narrativa all’immagine, in assonanza coll’invernale paesaggio
preferito dall’artista.
Ai
ritratti della moglie, vanno aggiunti quei ritratti frutto di incontri nei
salotti parigini, alle corse, sui boulevards della Senna… L’abilità di captazione
dell’immagine di De Nittis è straordinaria, capace com’è di affidare alla
matita l’intuizione di un tratto fisiognomico caratteristico che avrebbe poi
sviluppato nel suo atelier, fissando sulla tela il delicato profilo d’una signora,
cogliendone talvolta il moto psicologico interiore, talvolta invece
rappresentandola impassibile, il ritratto alla maniera di Manet, per
intenderci.
Per
la formazione del suo linguaggio pittorico francese, sono stati fatti molti
nomi, provenienti prevalentemente dall’ambiente degli Impressionisti (tra gli
altri Degas, Manet, Berthe Morisot, anche Monet), nomi appropriati per
l’attribuzione di alcune tematiche, soprattutto paesaggistiche, mentre per
l’ispirazione del ritratto femminile sono forse più indicati Tissot e Boldini,
soprattutto quest’ultimo, per la creazione di una certa immagine femminile
moderna e contemporanea, soggettivizzata naturalmente dall’originalità del
segno pittorico di De Nittis e dal suo virtuosismo nell’armonizzare la
leggerezza del tratto pittorico con la gradevolezza della figura rappresentata.
Alla quale non sempre De Nittis dedica un primo piano diretto alla lettura
introspettiva del volto, ma della quale delinea con leggere pennellate i
contorni apparentemente secondari, come le pieghe di una jaquette o il
sofisticato panneggio di un’elegante zimarra o l’ingombrante risvolto di un
cappellino all’ultima moda, o un grazioso ombrellino al cui interno si
riverbera la luce, o la veletta che renda più ambiguo un volto ripreso in controluce.
Quanto
poi alle figure su sfondi paesaggistici, numerose sono quelle nelle quali più
che di ritratti si può parlare di figure di donne assimilate al paesaggio
circostante, singole o in gruppo, dove non si impone più una fisionomia
femminile autonoma, la quale è ripresa invece solo attraverso i contorni
dell’abbigliamento o degli scenari parigini come nel quadro Che freddo, tre signore e una bambina,
sullo sfondo di un paesaggio nebbioso (la famosa tela che aprirà al pittore le
porte della celebrità), oppure all’interno di una carrozza dove due passeggere
pettegole si scambiano indiscrezioni o - in un altro ritratto - dove due amiche
sostano sulla riva del fiume, sotto alberi frondosi per una sosta sonnacchiosa.
In
questa immagine, uno degli esempi più singolari del virtuosismo di De Nittis,
si va ad inquadrare la scena sulla tessitura diradata degli alberi, oltre la
quale si intravede il corso del fiume e sulla sponda la prua della barca
all’ormeggio. Un quadro che ci richiama alla mentela silhouette di una
signora silente, sul bordo di uno stretto barchino, lontano dal pulsare della
vita urbana, che disegna una sobria impaginatura che ha per sfondo una striscia
di cielo, bozzettidove l’autore cerca di stabilire una morbida corrispondenza
fra la figura femminile e lo sfondo del paesaggio circostante.
Di
grande efficacia scenica anche i volti ritratti a Le corse di
Longchamps o Ai
giardini del Bois de Boulogne, i luoghi suburbani dove De Nittis
meglio poteva esprimere la sua visione del rapporto fra figura e ambiente.
Se
la tecnica ad olio scioglie la pennellata e conferisce alla scena una
particolare sensitività, un discorso a parte meritano i numerosi ritratti
eseguiti dal De Nittis con la tecnica della incisione, studi di contorno della
figura femminile, rappresentata talvolta di spalle oppure avvolta in ampi
scialli, ingentiliti da graziosi ventagli, sorpresa da un veloce tratteggio
sfumato, la leggerezza dello jabot, le mani appena abbozzate e il pizzo delle vesti
ridondanti.
Non
tutte le donne ritratte da De Nittis sono belle e piacenti, eleganti e sciantose; ce ne
sono anche di bruttine e attempate (per usare un eufemismo), ma sempre
fortemente caratterizzate, non solo dalla loro espressione ma anche dalla
incisiva connotazione dell’abbigliamento o del circostante arredamento, avvolte
nelle ombre maculate di corte mantelline, su fondi in chiaroscuro o giocando su
effetti trascoloranti, dove colpisce l’immediatezza del volto scontornato con
precisione calligrafica.
Nel
suo ultimo quadro - Sull’Amaca - ancora una figura femminile, ancora una volta il volto
velatamente abbozzato di Léontine. Resterà così per sempre, indefinito e
inespressivo, immalinconito, quasi presaga dell’incombente minaccia sul marito,
inconsapevole dell’imminente pericolo che lo sovrasta. De Nittis indugia sulle
pennellate di luce che ammorbidiscono le pieghe delle sue vesti, in accordo
cromatico col prato circostante, nel riverbero di una luce crepuscolare che di
lì a qualche giorno ne avrebbe spento per sempre la luce e anticipato la fine.